"Xenia", a Locri il processo contro Mimmo Lucano e il modello Riace si avvia verso la fase finale

lucano-mimmo-finestradi Mariateresa Ripolo - Da calendario il processo che vede imputato Domenico Lucano - iniziato l'11 giugno 2019 - dovrebbe terminare entro qualche mese, con l'ingresso in Camera di Consiglio fissato per il 27 settembre 2021. Si avvia, dunque, verso la fase conclusiva il procedimento penale scaturito dall'inchiesta "Xenia" della Procura di Locri che vede imputato l'ex sindaco di Riace insieme ad altre 26 persone accusate, a vario titolo, di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, illeciti nell'affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti, truffa e abuso d'ufficio nella gestione dei progetti di accoglienza agli immigrati. Nell'aula del tribunale di Locri, davanti al collegio giudicante presieduto da giudice Fulvio Accurso, è in programma per oggi l'inizio della requisitoria dei pm Michele Permunian e Marzia Currao.

Difeso dagli avvocati Andrea Daqua e dall'europarlamentare Giuliano Pisapia, subentrato dopo la prematura scomparsa di Antonio Mazzone, Lucano si dice oggi "fiducioso". L'ex primo cittadino, in un'intervista rilasciata a Il Dispaccio, poco prima della sua discesa in campo alle regionali a fianco di Luigi de Magistris, aveva dichiarato riguardo al processo che lo vede protagonista: «Mi auguro che la giustizia prevalga e che tutte le ombre che hanno portato a questa storia diventino sempre più chiare».

L'accusa e la difesa: tra conferme e colpi di scena

Un vero e proprio sistema per sfruttare i fondi per l'accoglienza per vantaggi personali, siano essi economici o politici. Così la Procura di Locri ha dipinto l'operato di Lucano e di chi ha lavorato insieme a lui nella costruzione di quello che con gli anni è diventato celebre in tutto il mondo come il Modello Riace. Per la Procura guidata da Luigi D'Alessio e per la Guardia di Finanza, che ha svolto le indagini, gli imputati avrebbero messo in piedi un vero e proprio sistema criminale per utilizzare i fondi destinati ai migranti per fini diversi dall'accoglienza.

Per la difesa, al contrario, Lucano e i "suoi" non avrebbero ottenuto alcun vantaggio personale o politico, tantomeno economico. L'argomento dell'interesse politico, abbandonato via via nel corso del processo perché di fatto assente in quanto Lucano non si era candidato a nessun tipo di competizione elettorale, è tornato in primo piano proprio nel corso dell'ultima udienza, - scatenando non poche polemiche - quando il pm ha chiesto l'acquisizione agli atti di un'intervista in cui l'ex sindaco annunciava la sua candidatura a fianco di Luigi de Magistris alle elezioni regionali 2021. Richiesta rigettata perché «sono fatti che non ci riguardano ed estranei al processo», così ha chiuso la questione il giudice Accurso.

Chiamati a deporre a difesa di Lucano anche funzionari prefettizi come Francesco Campolo, che in una relazione redatta nel 2017 aveva messo nero su bianco non solo i pregi del Modello Riace ma anche le difficoltà economiche che si stavano riscontrando a causa del blocco da parte del Ministero dell'Interno delle somme destinate ai progetti di accoglienza. Pagamenti in stand-by dal dicembre 2016 dopo una relazione negativa redatta da un'altra commissione ispettiva. Nel documento firmato da Campolo e altri tre funzionari si evidenziava, a tal proposito, addirittura «la necessità imprescindibile di attuare degli opportuni ed immediati mezzi correttivi» attraverso una «azione sinergica di supporto».

Dall'accusa di aver progettato matrimoni di comodo all'aver rilasciato carte d'identità in modo gratuito e senza requisiti, fino alle somme "sospette" utilizzate per la realizzazione di Festival e concerti organizzati nel 2015 e nel 2017 a Riace. La Procura attacca a 360 gradi l'operato di Lucano, anche sulle modalità di affidamento dei servizi di raccolta rifiuti a due società che secondo gli inquirenti non avevano i requisiti necessari per ottenerlo. Nel corso del dibattimento la pubblica accusa si è avvalsa, tra le altre, della testimonianza del colonnello delle Fiamme Gialle Nicola Sportelli che ha snocciolato in aula dati e somme di denaro "sospette", quelle che secondo la Procura sono le prove di un comportamento fraudolento. La difesa ha chiesto l'escussione in aula di testimoni che hanno visto insieme a Lucano l'evoluzione del sistema di accoglienza a Riace, come monsignor Giancarlo Maria Bregantini e padre Alex Zanotelli, ma anche del dottor Isidoro Napoli, detto Sisì, che a Riace ha aperto l'ambulatorio Jimuel, un servizio medico gratuito per persone in difficoltà.

Un botta e risposta senza esclusione di colpi tra accusa e difesa che si sono "sfidate" anche a suon di norme e regolamenti.

Ma a provocare un inaspettato colpo di scena è stato proprio un testimone chiave della difesa, un commerciante di Riace che aveva fatto intendere di aver subito pressioni dall'ex sindaco e da Fernando Antonio Capone, presidente dell'associazione "Città Futura" per emettere false fatture, salvo poi ritrattare in aula: "Mai stato minacciato da Lucano", facendo così vacillare l'accusa più grave: quella di concussione.

--banner--

Un sistema al collasso

E ancora, le ispezioni nelle case abitate dai migranti per fare la conta dei mobili acquistati e dei servizi offerti. Oltre alla conta dei "lungopermanenti", quei migranti che restavano nei progetti di accoglienza per periodi maggiori rispetto a quanto consentito. La "partita" per la Procura si gioca quasi sempre sui numeri.

«L'esperienza di Riace si complicò quando il numero dei rifugiati ospitati dai progetti di accoglienza iniziò a salire», hanno raccontato nel corso delle udienze alcuni testimoni della difesa. Un'evoluzione inaspettata che a quanto pare rese più complicata la gestione dei progetti. Secondo Elisabetta Madafferi, ex dirigente amministrativa della Provincia di Reggio Calabria, a Riace «l'accoglienza era iniziata nel 2001 e non si è mai interrotta, questo può avere comportato una sovrapposizione di numeri, ma che quei migranti fossero lì lo sapevano tutti».

«La Prefettura si rivolgeva spesso a Lucano quando c'era migranti da ospitare», ha sottolineato in aula Tonino Perna. «Avrebbe potuto rifiutarsi, - ha spiegato il sociologo, docente universitario e attuale vice sindaco di Reggio Calabria chiamato tra i testimoni della difesa - ma Lucano era un sindaco che aveva scelto la solidarietà come obiettivo e provava ad accoglierli tutti». Come confermato anche da Lucano, le richiesta da parte della Prefettura di Reggio Calabria si facevano sempre più pressanti: «Mi mandavano migranti e io li accoglievo, mi chiamavano San Lucano».

Non solo numeri

Dalle continue richieste da parte della Prefettura e del Viminale per "sistemare" sempre più migranti, considerando l'ingente numero di sbarchi sulle coste reggine, all'inchiesta che ha portato all'arresto dell'ex sindaco il 2 ottobre 2018: la vicenda che ha investito Riace, ha messo in luce tutte le contraddizioni di un sistema, quello dell'accoglienza in Italia, che avrebbe bisogno di essere rivisto. Perché donne, uomini e bambini che "sfidano" il mare per cercare la salvezza non sono di certo semplici numeri, ma esseri umani. E l'accoglienza dovrebbe rappresentare solo la prima fase di un processo molto più complesso, quello che deve portare all'integrazione.