Ucciso dalla moglie e tre complici: al via a Locri il processo per l'omicidio di Vincenzo Cordì

cordi-vincenzo-omicidiodi Mariateresa Ripolo - Al via il processo per l'omicidio di Vincenzo Cordì, il cameriere di Gioiosa Jonica trovato carbonizzato all'interno della propria autovettura il 13 novembre 2019 in località Scialata del comune di San Giovanni di Gerace. Sul banco degli imputati, nell'aula del Tribunale di Locri, la moglie Susanna Brescia, accusata di omicidio in concorso con i figli poco più che ventenni avuti da una precedente relazione, Francesco e Giuseppe Sfara, e l'amante della donna, Giuseppe Menniti. I quattro imputati - presenti in aula nel corso della prima udienza - sono difesi dagli avvocati Francesco Macrì, Antonio Ricupero e Girolamo Curti, mentre la famiglia di Cordì è assistita dall'avvocato Rocco Guttà.

La pubblica accusa è rappresentata in aula dal pm Marzia Currao, titolare dell'indagine. A presiedere la Corte d'Assise Amelia Monteleone, giudice a latere Mariagrazia Galati. Il collegio, composto anche da sei giudici popolari, ha fissato la prossima udienza per il 19 maggio.

«Uno degli omicidi più efferati degli ultimi anni nella Locride». Così era stato definito dal Procuratore di Locri, Luigi D'Alessio, l'omicidio del 42enne. L'uomo, che era scomparso due giorni prima del ritrovamento del cadavere carbonizzato, è morto dopo essere stato tramortito e dato alle fiamme ancora vivo all'interno della sua Fiat 16 la notte dell'11 novembre 2019. Un caso che ha scosso profondamente la Locride e sul quale gli inquirenti hanno indagato per tre mesi. Da subito era stata esclusa l'ipotesi di suicidio, come avrebbe, invece, voluto far credere la moglie. Il giorno seguente all'omicidio la Brescia aveva fatto una denuncia di scomparsa: secondo l'accusa una messa in scena nel tentativo di depistare le indagini.

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Molte le prove a carico degli indagati. Al centro delle prossime udienze le ricostruzioni degli inquirenti e le molteplici prove a carico dei quattro imputati. Sono numerose, infatti, le intercettazioni, messaggi e chiamate, oltre alle videoregistrazioni e alle analisi dei tabulati telefonici che li inchioderebbero. Grazie alle telecamere di videosorveglianza presenti in diversi punti del territorio circostante al ritrovamento del cadavere, i Carabinieri della Compagnia di Roccella Jonica sono stati in grado di ricostruire gli spostamenti di quella notte. Ad incastrare gli indagati ci sono, inoltre, le prove scientifiche, una tra tutte le impronte digitali di Susanna Brescia sull'accendino "antivento" utilizzato per dare fuoco all'auto e trovato poco distante dalla scena del delitto.

Il movente. L'omicidio di Vincenzo Cordì è, secondo la Procura, l'atto finale di una serie di contrasti di carattere familiare. Il movente sarebbe da ricercare, infatti, nei difficili rapporti che Cordì intratteneva da diversi anni con Susanna Brescia, la donna con la quale stava da cinque anni e con la quale aveva avuto due gemelli. Secondo quanto emerso, l'uomo nel 2016 era stato ricoverato per intossicazione da barbiturici che avrebbe assunto senza rendersene conto, un episodio che alla luce dell'omicidio appare più che mai sospetto, si ipotizza che fosse un primo tentativo di avvelenamento da parte della donna.