Le “sei vite” di Paolo Romeo: “Distanza abissale col mondo criminale, che ho sempre avversato e denunciato”

romeopaolo10mag 500di Claudio Cordova - Sei vite. Una in meno dei gatti, ma comunque lui, lo dice tra il serio e il faceto, è "immortale". E così il giorno di Paolo Romeo. L'avvocato ed ex parlamentare, principale imputato nel maxiprocesso "Gotha", ha preso la parola, quando ormai il lungo dibattimento volge al termine, per rendere dichiarazioni spontanee davanti al Collegio presieduto da Silvia Capone.

Dichiarazioni fiume, senza la possibilità per alcuna delle parti di interloquire. Come previsto dalla legge.

Romeo è considerato il vertice della componente occulta della 'ndrangheta, l'elemento di congiunzione tra vari mondi, quello della 'ndrangheta militare con gli ambienti più alti e occulti della massoneria deviata. Da questa e altre accuse ha tentato di difendersi, ripercorrendo la storia della sua vita, intrecciata con la politica e con le vicende giudiziarie, che lo hanno interessato da circa trent'anni. Romeo ha quindi diviso idealmente la propria esistenza in sei fasi, anzi, "sei vite", appunto.

--banner--

La prima, dal 1965, comprende gli anni universitari e l'impegno nell'estrema destra, con il Movimento Sociale italiano. Estrema destra, sì, ma non Avanguardia Nazionale. Romeo ha negato con fermezza di aver mai aderito al movimento extraparlamentare che faceva capo al terrorista Stefano Delle Chiaie, come sostenuto dall'accusa, soprattutto sulla scorta delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia: "Non c'entro niente con Avanguardia Nazionale e non ho mai conosciuto Delle Chiaie, anzi, i rapporti tra il Movimento Sociale Italiano e Avanguardia Nazionale erano tesi". Romeo si è soffermato anche sugli anni dei Moti di Reggio, in cui, sempre a detta dei collaboratori, avrebbe avuto un ruolo importante. Una fase, quella del "Boia chi molla", in cui sulla sommossa popolare si sarebbero innestati i contatti tra mondo eversivo di destra e 'ndrangheta: "Quando è scoppiata la rivolta nel luglio 1970 non mi trovavo nemmeno a Reggio e non ho mai fatto parte del Comitato d'Azione".

La seconda vita inizia invece con l'arresto per aver favorito la latitanza del terrorista nero, Franco Freda che, imputato a Catanzaro per la strage di Piazza Fontana, si sarebbe dato alla macchia, sostenuto dallo stesso Romeo, prima a Reggio Calabria, poi con la fuga in Costa Rica, dove verrà arrestato (leggi qui l'approfondimento): "Quella – dice Romeo – è una vicenda che ha consentito agli inquirenti di guardare tutto con una lente distorta".

La terza vita è quella dell'impegno politico a livello nazionale e va dal 1990 al 1994. Fino a quel momento, infatti, la dimensione politica di Romeo è stata solo locale, con il ruolo di assessore comunale a Reggio Calabria, prima all'Urbanistica e poi alle Finanze. Ma nei primi anni '90 arriva il salto di qualità, con l'elezione a deputato, nelle file del Psdi, dove è confluito già da alcuni anni: "Nelle riunioni, son dovuto passare dal chiamare "camerati" gli interlocutori al doverli poi appellare 'compagni'" ironizza Romeo in aula: "Su di me si sono susseguite dimensioni politiche, giudiziarie e mediatiche nel corso degli anni. Fino al 1993 non sapevo nemmeno cosa fosse la massoneria" dice. Poi, invece, Romeo inizia a essere indicato come una eminenza grigia, in contatto con la criminalità organizzata: "Sono stato offerto come entità superiore che governava la città" continua, facendo riferimento alle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia.

E questo porta alla quarta vita di Romeo, quella che va dal 1995 al 2004, con il coinvolgimento nel processo "Olimpia" che, alla fine, lo vedrà definitivamente condannato con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa: "Dal 1994 la mia professione è stata quella di imputato" dice. Ma Romeo nega fermamente di essere mai stato un uomo volto all'accumulazione del potere: "Sono sempre stato la coscienza critica del sistema politico in cui ho militato". Ma anche del denaro: "Sono nullatenente, ho rinunciato alla pensione da parlamentare, mentre quella da consigliere regionale non l'ho maturata". Ma, soprattutto, Romeo nega con fermezza ogni sua vicinanza alla 'ndrangheta: "C'è una distanza abissale col mondo criminale, che ho sempre avversato e denunciato" afferma, riferendosi ai grandi scandali che hanno interessato nei decenni la città, dal V Centro Siderurgico, al caso Cambogi. L'ex deputato ha annunciato il deposito di migliaia di pagine, provenienti non solo dai processi, ma anche dalla sua attività politica, per attestare come abbia sempre scelto la parte giusta della barricata: "Non ho mai chiesto né raccolto il consenso 'ndranghetista. I De Stefano non votavano me e questo lo dice anche l'avvocato Giorgio De Stefano nelle intercettazioni". Con l'altra "eminenza grigia" indicata dagli inquirenti, l'avvocato De Stefano, appunto, Romeo tuttavia non disconosce l'amicizia e la stima: "Non posso essere l'ideologo della 'ndrangheta, per formazione e perché la 'ndrangheta è un pezzo di società malata, non ha ideologia non esiste una strategia superiore: l'obiettivo della 'ndrangheta è ottenere il più possibile, nel più breve tempo possibile".

Argomentazioni con cui Romeo spera di riuscire a convincere il Tribunale, nonostante in passato non gli sia riuscito. La quinta vita di Romeo, infatti, è quella della detenzione, dalla sentenza della Cassazione sul processo "Olimpia" fino alla scarcerazione del 2006. Ma Romeo non rinnega nulla. Cita Ezra Pound: "Se un uomo non è disponibile a correre qualche rischio per le proprie idee, o le sue idee non valgono nulla o è lui che non vale nulla". E Romeo le sue idee e le sue scelte le rivendica, a cominciare dalla "battaglia di Valle Giulia" del 1968, fino ai giorni nostri: "Il coraggio si acquista quotidianamente. Io non ho mai avuto protezioni di alcun tipo, ma sono forte delle mie idee e per questo mi sento di parlare da un livello superiore rispetto a chiunque". E ritorna, con ironia, sul fatto di non aver accumulato alcuna ricchezza: "Che volete farci, sono un mafioso atipico".

Infine, l'ultima (per ora) vita di Paolo Romeo. La sesta, quella che porta fino ai giorni nostri e al nuovo arresto e al processo "Gotha", in cui, ancora una volta, viene indicato come un soggetto apicale, un "Invisibile" della 'ndrangheta: "Sono vittima di luoghi comuni, di un immaginario collettivo e di ricostruzioni fantasiose". Romeo respinge quindi l'idea di essere un massone e di aver avuto un ruolo sovraordinato alla 'ndrangheta: "Se io sono un 'Invisibile' e questo possono saperlo solo i livelli più alti, come potevano gli altri relazionarsi a me, se non in maniera del tutto normale?" si chiede. Quindi, nega di aver avuto un ruolo nel condizionare la vita economica, politica e sociale di Reggio Calabria: "La nostra non è una classe politica capace e visionaria, vanno lì solo per fregiarsi del ruolo". A proposito di ruoli. Nella sua versione, Romeo minimizza il rapporto con l'ex senatore Antonio Caridi e con l'ex sottosegretario regionale, Alberto Sarra che, secondo l'accusa, sarebbero i due soggetti politici attraverso cui la masso-'ndrangheta avrebbe infiltrato le Istituzioni: "Con Caridi c'è un'unica interlocuzione nel 2002, poi l'ho pure attaccato pubblicamente. Ha una sua storia politica, mentre qui lo si vuole far passare come uno qualunque". Quasi paterna la definizione su Sarra: "Un ragazzo amabile e un politico vivace. Aveva un rapporto conflittuale con Scopelliti, forse per il loro pregresso sportivo". Proprio su Scopelliti, Romeo si è soffermato molto (leggi qui l'approfondimento) negando comunque di aver avuto un qualche ruolo sull'ascesa politica dell'uomo forte di Alleanza Nazionale. Ha negato, in generale, di aver orientato le scelte politiche più importanti, quelle, per esempio, delle società miste o del "Decreto Reggio", su cui, notoriamente, è concentrato l'appetito delle cosche: "Quali condotte ho messo in atto per agevolare le cosche nelle società miste? Nel processo non c'è traccia. E, ancora, non c'è traccia della mia intromissione nel "Decreto Reggio" e nelle dinamiche che ruotano attorno ad esso".

Ore ed ore per difendersi. Ma Romeo non ha finito. Una ulteriore udienza sarà dedicata alle sue dichiarazioni spontanee, per convincere il Tribunale e per scrivere una ulteriore pagina nella sua "sesta vita". Prima, eventualmente, di poter passare alla settima.