Stretto di Messina, è "record mondiale di rifiuti sul fondale". Ma l’UniMe contesta lo studio spagnolo

rifiuti fondaleVa allo Stretto di Messina il record mondiale di rifiuti sul fondale marino, con una densità che in alcuni punti supera il milione di oggetti per chilometro quadrato. Lo indica uno studio pubblicato sulla rivista Environmental Research Letters da un gruppo internazionale di ricerca coordinato dall'Università di Barcellona, in Spagna. Il lavoro è stato condotto in collaborazione con il Joint Research Centre (Jrc) della Commissione europea e vede coinvolti diversi enti italiani, come l'Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale (Ispra), la Stazione Zoologica Anton Dohrn, l'Università di Cagliari e l'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (Ogs).

Lo studio indica come i rifiuti stiano aumentando nei fondali marini di tutto il mondo: in alcuni casi la loro densità sarebbe addirittura paragonabile a quella delle grandi discariche presenti sulla terraferma. Secondo gli esperti questo trend è destinato a continuare, tanto che entro i prossimi 30 anni il volume dei rifiuti marini potrà superare i tre miliardi di tonnellate.

Nonostante gli sforzi della comunità scientifica, "la diffusione dei rifiuti nei nostri mari e oceani non è ancora pienamente conosciuta", spiega Miquel Canals dell'Università di Barcellona. "Le regioni marine più colpite sono quelle circondate da terre o semi chiuse, i fondali vicino la costa, le aree prossime allo sbocco di grandi fiumi e quelle dove c'è un'intensa attività di pesca, anche lontane dalla terra". Plastiche, metalli, vetro, ceramica, attrezzature da pesca, tessuti e carta sono tra i materiali più abbondanti.

"Nel Mediterraneo - aggiunge Canals - la spazzatura sui fondali è già un serio problema ecologico. In alcuni luoghi della costa catalana ci sono grandi accumuli. Quando ci sono forti tempeste, come la tempesta Gloria del gennaio 2020, le onde riportano i rifiuti sulla spiaggia. Alcune spiagge sono state letteralmente ricoperte".

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Non è dello stesso avviso l'Università degli Studi di Messina. In merito alle notizie stampa diffuse negli ultimi giorni, riguardo la situazione dei fondali dello Stretto di Messina, la prof.ssa Nancy Spanò, Delegata UniMe per le Iniziative scientifiche a tutela dell'Ambiente e del patrimonio marino, ha ribadito il suo pensiero "a tutela del prezioso tesoro marino che si contraddistingue per le sue peculiarità e per l'enorme biodiversità".

"Le caratteristiche ecologiche, biologiche, idrologiche dello Stretto di Messina – ha detto – si riflettono sugli organismi che lo popolano, influenzando l'intero assetto biologico dell'ambiente con il risultato di avere a disposizione uno straordinario ecosistema, unico nel Mediterraneo per abbondanza di specie, biodiversità e biocenosi. I fondali del nostro mare sono caratterizzati da condizioni particolari, che rendono lo Stretto un ambiente unico nel Mediterraneo. Lo Stretto, dunque – ha aggiunto – è molto più della pattumiera che è stata troppo frettolosamente descritta, seppur dei dati obiettivi dimostrano che i rifiuti ci sono, limitati al tratto fra Tremestieri e Reggio".

Secondo una ricerca condotta dalla Universitat de Barcelona e da ricercatori internazionali lo Stretto di Messina è stato considerato al primo posto nella classifica della "sporcizia sottomarina", ma è bene ricordare che il tratto oggetto dello studio dell'Ateneo Catalano è di circa 7 chilometri, mentre l'Università di Messina vanta ricerche continue ed uno studio su una lunghezza di circa 70 chilometri. Una intervista della prof.ssa Spanò è stata, inoltre, trasmessa al TGR, durante l'edizione delle 14 ed è consultabile anche online".

(Foto Ansa)