Giovanni Cogliandro: “Da Reggio a Roma per dirigere due scuole”

cogliandropresiddi Francesca Gabriele - Ad ottobre, ci racconta, era immerso nelle acque del mare di Calabria, nella sua "amata spiaggia di Lazzaro", a soli quindici chilometri dalla città di origine, Reggio Calabria. Da quando si è spostato a Roma per seguire gli studi di Filosofia, strada Giovanni Cogliandro, ne ha fatta. Poco più che quarantenne nella capitale dirige un Istituto comprensivo e un Liceo classico. Cita Aristotele quando gli chiediamo di come riesca a gestire una responsabilità non certo da poco. "Anch' io – ci spiega il preside Cogliandro - ho potuto sperimentare la capacità di meravigliarsi nella mia esperienza di consigliere di alcuni ministri e sottosegretari nel corso dell'esperienza politica di cinque Governi, cercando di rimanere bambino dentro e di non farmi trascinare da carrierismi, emozioni negative, rivalità meschine di palazzo, ma cercando di trovare e di mantenere l'autenticità (difficilissima impresa)".

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Di recente abbiamo letto la sua intervista sul "Corriere della sera" e le sue parole hanno ben rispecchiato la situazione della scuola a Roma. In questi giorni immaginiamo sia cambiato poco...

Pur nella diversità che caratterizza le mie due scuole, un liceo Classico e un Istituto comprensivo di Roma, che insieme raggiungono i circa 2400 studenti e 250 insegnanti, entrambe continuano per me ad essere laboratorio di stupore operoso e di aspettative grandi. adesso finalmente i ragazzi del Liceo riempiranno di nuovo le nostre aule vuote e finalmente la scuola riprenderà vita. La situazione complessiva è di crescente inquietudine, con allerta sanitaria e sociale, alle quali si sono aggiunte le crescenti tensioni politiche in Italia e all'estero che certo non rasserenano. Tuttavia in queste settimane nei frequenti incontri con gli insegnanti ho percepito in quasi tutti loro il desiderio di continuare a insegnare a ogni costo, pur tra le difficoltà di ritrovarsi soli dinanzi ad uno schermo, mettendo a frutto quello che ci ha insegnato questo periodo di emergenza sanitaria e la reclusione, ad esempio venendo comunque a scuola per svolgere le lezioni a distanza dall'aula dove normalmente si faceva lezione ai ragazzi, tenendo vivo quel senso di comunità che ci ha caratterizzato e rende la scuola diversa da qualunque altro contesto lavorativo. Dopo questi mesi è tutta l'antropologia relazionale sottesa all'insegnamento che appare modificata, non solo per la lunga esperienza della didattica a distanza. Questa continua e radicale modifica ha avuto effetti nel nostro lessico quotidiano, nelle disposizioni personali e collettive, nelle attese, nei timori e nella creatività. Abbiamo preso coscienza, spinti dagli eventi, di come la relazione tra docenti e studenti, cose che consideravamo delle semplici presenze nello scenario sociale politico e quotidiano, oggetto oggi come ieri di dialettica politica, sindacale, associativa, sia una relazione inesauribile, fondata sulla creatività, sulla generosità, sulla capacità di reinventare e ripensare prassi mai esaurite. La nostalgia dello stare in classe a mio parere si è concretizzata negli sguardi, interrogativi e reciproci tra studenti e docenti, cercati negli schermi nel lungo intermezzo della Dad (che per alcune scuole di certo ancora non si è concluso). Di certo possiamo affermare che si è modificato il rapporto tra famiglie, studenti e insegnanti. Lontananza e vicinanza sono i due poli di una diade che ha influenzato e continuerà a influenzare l'esperienza scuola, rendendo contigue la paura di perdere e la gioia di fruire un darsi che non può più essere dato per scontato.

Lei crede molto nell'approccio positivo cosa assolutamente non facile nel gestire le mille problematiche di una scuola e ancora di più in pandemia. Qual è il suo segreto?

Alcune scuole si sono sfaldate nei conflitti interni, altre con fatica hanno saputo fare gruppo e reagire insieme, ad esempio insieme ad alcuni colleghi dirigenti scolastici in questi mesi abbiamo costituito una rete di scopo per l'insegnamento dell'italiano ai minori stranieri non accompagnati e siamo riusciti a vincere un bando che ci vede unici nella regione Lazio e nelle regioni limitrofe a offrire questo servizio così essenziale per questi giovani e giovanissimi che si ritrovano spesso in situazioni tragiche e che cercano di inserirsi efficacemente nella nostra società. Credo fermamente nella necessaria anteriorità dell'ottimismo, nella necessità di vincere l'isolamento che uccide dentro molti colleghi ma anche molti insegnanti, bruciandone l'entusiasmo, spegnendo la luce che ardeva nei loro occhi magari poco dopo aver vinto il concorso che ci ha fatto accedere al mondo scolastico, che sia stato un anno o venti anni fa poco importa. Fare comunità, svolgere pratiche comunitarie per vincere la tentazione di cedere alla violenza degli uffici, traduzione letterale della burocrazia che come si può leggere nei testi di Max Weber è sintesi essenziale di un pensiero fecondo sulle dinamiche del potere pubblico (ma anche privato), una finta neutralità che è anche sterilità e male da evitare.

Le cattedre aspettano ancora di essere occupate dagli aventi diritto, le graduatorie non scorrono, quest'anno la situazione è ancora più complicata rispetto al passato. Preside, se ne uscirà mai?

I nostri amministratori cercano di impegnarsi, mi sembra di poter vedere che l'inerzia non sia più di casa nella pubblica amministrazione. Certo il continuo succedersi di Dpcm, note ministeriali, livelli diversi di allerta, non aiuta nessuno tra coloro i quali hanno responsabilità organizzative. Questa situazione non è troppo diversa tra chi come me si trova ad operare in una metropoli come Roma, dove le scuole si sentono una goccia insignificante in un oceano di poteri, e chi si trova ad insegnare o dirigere scuole nei piccoli paesi. In questi contesti più tranquilli dove la scuola gode del dovuto prestigio sociale infatti si rischiano diverse e a volte più acute forme di conflittualità con le famiglie e ne ho avuto prova nei miei frequenti colloqui e confronti con altri presidi che lavorano nelle provincie del Lazio e della Calabria. A questo si aggiunga che la conflittualità a volte si somma a forme diverse di ingerenze da parte della classe politica locale. In entrambi i contesti si può toccare con mano la rottura dell'alleanza educativa a fondamento della comunità scolastica, che può manifestarsi nelle martellanti richieste dei genitori con questo assurdo proliferare di dibattiti spesso violenti in chat invasive fino al parossismo. Di questo poi vediamo le conseguenze nella crescente conflittualità tra docenti e genitori, o anche solo tra genitori nei consigli di classe o d'istituto trasformati in arene di varie rivendicazioni.

Cosa è cambiato dopo la sospensione della didattica in presenza?

In altre scuole già in crisi la conflittualità è esplosa, più in generale le criticità emerse in questi mesi sono risalenti a tanti anni fa come ad esempio la problematica mai risolta delle classi sovraffollate. Quello che colpisce è vedere dedicata alla scuola un'attenzione mediatica che purtroppo troppo spesso non è stata capace di volare alto ma è rimasta bassa speculazione, massmediatica o politica, senza una vera volontà di risolvere i problemi così essenziali per il futuro della generazione più giovane, senza la capacità di cooperare tra istituzioni ma solo scaricando reciprocamente responsabilità di eventuali inadempienze.

Che cosa invece c'è di buono?

Che il dibattito pubblico sulla scuola sia ripartito, con una velocità e un'intensità e partecipazione che non si erano mai viste. Come spesso ripeto credo che mai nella storia repubblicana si sia tanto parlato di vita scolastica e di pratiche di scuola, il pilastro fondamentale dello stato sociale, almeno a mio parere.

Lei è calabrese originario di Reggio Calabria. Quando ha lasciato la Calabria?

Ormai vivo a Roma da più di venticinque anni, da quando ho iniziato a studiare filosofia. Per qualche anno dopo la laurea proprio a causa dello studio ho lasciato questa città per periodi anche lunghi di permanenza a New York, Monaco di Baviera, Londra e Oxford, ma ci sono sempre ritornato. La Calabria è luogo del cuore e della mia prima esperienza del mondo, dei suoi conflitti, delle passioni, degli affetti e dell'amicizia che cerca sempre l'autenticità.

Giovane e preside. Una bella responsabilità...

La responsabilità ti fa crescere molto in fretta, ti mette alla prova nella tua capacità di gestire le tensioni tue e di chi ti sta davanti, ti insegna a decidere molto rapidamente, in quanto è necessario dare una risposta spesso indifferibile a questioni complesse, che riesci a comprendere magari solo parzialmente attraverso quello che ti viene riferito. Un tesoro prezioso in ogni caso è secondo me rimanere bambini dentro, curando quella meraviglia che come affermava Aristotele è l'origine della filosofia. Aristotele è stato precettore di Alessandro Magno, credo che questa naturale riserva illimitata di energia speculativa ed analitica lo abbia aiutato moltissimo. Si parva licet componere magnis anche io ho potuto sperimentare la capacità di meravigliarsi nella mia esperienza di consigliere di alcuni ministri e sottosegretari nel corso dell'esperienza politica di cinque Governi, cercando di rimanere bambino dentro e di non farmi trascinare da carrierismi, emozioni negative, rivalità meschine di palazzo, ma cercando di trovare e di mantenere l'autenticità (difficilissima impresa).

Al primo contatto mi raccontava di tenersi sempre informato sui fatti di Calabria attraverso anche il nostro giornale. Con quale stato d'animo legge le notizie di una regione che su certi fronti non riesce proprio a cambiare?

Sono rimasto, come credo moltissimi, molto turbato dai recenti fatti che hanno portato alla ribalta ulteriori episodi di corruzione e di gravissima incuria da parte dei decisori politici e amministrativi della nostra Regione. Conosco diverse persone che vi lavorano e credo che ci sarebbe bisogno di molta maggiore cura da parte di chi decide chi saranno i vertici delle diverse amministrazioni, cercando di valorizzare le tantissime eccellenze che fuggono dalla nostra cara Regione perché rifiutati da chi si cura solo di collocare parentele o clientes di varia natura.

Chi è Giovanni Cogliandro nel privato?

Cerco di applicare anche agli affetti familiari e alle amicizie una positività e un ottimismo che necessariamente va riscoperto ogni giorno, coltivando la curiosità e il sorriso che combatte e lenisce i mali che tutti ci troviamo ad affrontare ma senza cadere nel circolo vizioso del ripiegarsi su se stessi. Il nostro modo di vivere il lavoro è specchio della nostra capacità relazionale e chi non riesce a viverlo bene (a meno di oggettive situazioni patologiche o di violenza) a mio parere perde tante gioie senza motivo, quando poi si trova a dirigere altre persone crea dei danni tremendi.

Un giorno tornerà in Calabria?

Non so se tornerò in Calabria permanentemente, di certo ci torno normalmente e molto volentieri almeno una volta ogni due mesi, anche se purtroppo adesso la pandemia ci tiene lontani e la frequenza delle mie visite ai miei genitori e ai tanti amici che continuo a frequentare si è ridotta. Nonostante questa oggettiva difficoltà di movimento voglio condividere con voi il fatto che lo scorso ottobre io fossi proprio a mare a fare il bagno nella mia amata spiaggia di Lazzaro, paese situato circa 15 km a Sud di Reggio Calabria che frequento da quando ero bambino, quando ho ricevuto la notizia che mi avrebbero affidato una seconda scuola in reggenza in quanto la collega che era stata comandata al ministero aveva esplicitamente chiesto che l'incarico fosse dato a me. Ero proprio a godermi il tramonto dinanzi alla maestosa figura dell'Etna quando mi hanno telefonato e lo ricordo con grande piacere. Ogni tanto mi chiedono di tenere brevi corsi o conferenze su alcune tematiche filosofiche nella mia città natale e accetto sempre con gioia, in quanto questo mi offre una valida motivazione per tornare nei luoghi che non sono solo vissuti della mia infanzia ma che continuo a vivere, cercando di condividere con chi lo desidera i frutti pratici e speculativi derivanti dall'esperienza che ho acquisito in giro per il mondo. In questo senso credo di poter affermare che dalla Calabria non sono mai andato via.