Comunali, ‘La Strada’ e ‘Riabitare Reggio’ con Saverio Pazzano: “Occorre un welfare di prossimità, affinché nessuna persona sia mai lasciata sola”

Le persone in situazione di disagio sociale oggi vengono anche definite con l'espressione "drop out", che indica la condizione di emarginazione sociale. Una condizione che spesso, troppo spesso, porta con sé altri termini; uno su tutti: indifferenza. E allora perché è necessario porre al centro della nostra attenzione tale problematica?

Una prima riflessione, per chi si candida ad amministrare una città, dovrebbe partire proprio dal termine "amministratori", in greco "oikonòmoi", il cui significato è "responsabili della casa". Quindi amministratori come responsabili della casa. Si tratta, quindi, di considerare la comunità cittadina come una casa, come una famiglia, i cui amministratori sono chiamati alla responsabilità. E se in una famiglia, come spesso accade, sono presenti persone deboli, tutti si stringono attorno alla persona che sta male per fronteggiare tale sofferenza perché, ovvero se un membro del corpo sta male, tutto il corpo ne risente.
Traslando questa osservazione all'analisi di una città, intesa come corpo-città, è evidente che il suo grado di benessere si misuri a partire dalla qualità della vita delle fasce più deboli della popolazione. Le persone svantaggiate, con disabilità o malattie croniche, le persone che vivono in stato di indigenza o che necessitano di un alloggio popolare sono quelle che maggiormente soffrono gli effetti di una cattiva gestione.

La Legge n. 328/00, "Realizzazione di un sistema integrato di interventi e servizi sociali", ha cercato di riformare in maniera organica il Welfare State a favore dell'adozione di un welfare di comunità, centrato sul principio di sussidiarietà secondo il quale «l'esercizio delle responsabilità pubbliche deve, in linea di massima, incombere di preferenza sulle autorità più vicine ai cittadini» (L. 439/89 art. 4). La Regione Calabria ha recepito la Legge n. 328/00 attraverso la Legge Regionale n. 23/2003, a cui però non ha fatto seguito l'adozione dei Regolamenti attuativi, generando così, accanto ad una cronica assenza di infrastrutturazione sociale del territorio, un vuoto normativo e facendo registrare il primato nazionale sulla mancata adozione dei piani di zona.

Come noto, si è dovuto aspettare quasi un ventennio per vedere concretizzato il percorso di riforma del welfare regionale, con l'approvazione del Regolamento n. 22/2019, approvato con DGR n. 503/2019 e pubblicato nel BURC n. 133 del 29.11.2019. In realtà il Regolamento è frutto di una visione organica di riforma del welfare, che dovrebbe portare all'adozione del Piano di Zona da parte dei Comuni Capofila (8 nella nostra Città Metropolitana: Reggio Calabria, Villa San Giovanni, Polistena, Taurianova, Rosarno, Caulonia, Locri, Melito di Porto Salvo), rispetto agli interventi normativi precedenti che non sono stati certo sufficienti a superare la precarietà della progettazione sociale nella quale ci troviamo, anzi testimoniano l'inadeguatezza nel pensare alla realizzazione di un welfare integrato e rivolto a tutte le fasce deboli della popolazione.

Quando si parla di riorganizzazione degli interventi e dei servizi sociali è necessario però un approccio organico ed integrato rispetto alle risorse di finanziamento, al fine di strutturare in maniera più stabile possibile i servizi. Il PON Inclusione è contaminato, ad esempio, dalla Quota Servizi del Fondo Povertà (QSFP), la cui progressione graduale non è vincolata alla percentuale di rendicontazione e pertanto si riversa per intero nelle casse dei Comuni Capofila, attraverso il quale possono, con la stessa logica del PON Inclusione, programmare gli interventi a rafforzamento dei servizi sociali e gli interventi a favore delle misure di contrasto alla povertà e all'esclusione sociale. Il processo di costruzione dei servizi in Calabria può pertanto continuare in prospettiva dell'utilizzo dei due fondi.

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Riteniamo che sarebbe necessario ricalibrare il welfare seguendo i paesi virtuosi che stanno già operando in questo senso. I Paesi del Nord Europa, tradizionalmente espressione di un welfare universale, hanno spostato le energie e hanno cambiato i rischi oggetto di protezione sociale. Infatti, invece di concentrare tutto sul rischio antico della vecchiaia (e quindi sulle politiche previdenziali), hanno individuato i nuovi rischi, sottolineandone due e proteggendoli in maniera intelligente, così producendo effetti positivi su tutto il welfare: si tratta delle madri lavoratrici e dei minori in condizioni di povertà.

Per finanziare il welfare rivolto alle madri lavoratrici, risultano fondamentali le entrate generate da alti tassi di partecipazione femminile al mercato del lavoro. Ciò significa: servizi per l'infanzia, politiche capaci di conciliare tempo dedicato al lavoro e tempo dedicato alla famiglia, sostegni mirati alle donne nel mercato del lavoro con particolare attenzione alla maternità. Per quanto riguarda i minori in condizioni di povertà, si tratta di ragazzi che non studiano e che non possono accedere ad un adeguato programma formativo, costituendo un deficit originario di capitale umano e andando a formare la base per una maggiore diffusione di lavoratori precari, disoccupati, emarginati, in proiezione determinando più pensionati poveri – per tornare appunto al rischio antico della vecchiaia. Esempi virtuosi si possono ritrovare anche in Italia: in Trentino la spesa pro capite dei Comuni per i servizi sociali è di 283 euro, la media nazionale è di 111 euro. La spesa pro capite in Calabria è di 24 euro. Un circolo vizioso che va spezzato con un circolo virtuoso.

Per tutte queste ragioni, largo spazio è stato dato nei programmi de "La Strada" e "Riabitare Reggio", a sostegno della candidatura di Saverio Pazzano a sindaco di Reggio Calabria. Nella ferma convinzione che la città sia soprattutto una rete di relazioni in cui nessuna persona è mai lasciata sola.

Così "La Strada" e "Riabitare Reggio" con Saverio Pazzano, candidato a sindaco di Reggio Calabria