di Claudio Cordova – Un giro d’affari stimato (per ora) in 41mila euro, ma che gli investigatori sono certi possa essere molto più alto. Arbitri d’accordo con un centro scommesse toscano per alterare le partite dei campionati di calcio giovanili. I Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria e i Finanzieri del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza, hanno portato agli arresti domiciliari cinque persone, indagate per il reato di associazione a delinquere finalizzata alle frodi sportive.
Le indagini
Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria, iniziate nel gennaio del 2024 dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Reggio Calabria e proseguite anche con la partecipazione dei Finanzieri del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria, che già investigava con la Procura di Firenze, hanno avuto origine da una segnalazione dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli relativa ad un flusso anomalo di scommesse su di un incontro calcistico della categoria Primavera.
Scommesse ingenti a Condofuri, Melito Porto Salvo, Palizzi e Reggio Calabria, sebbene le partite coinvolte non riguardassero squadre calabresi. L’attività investigativa che ne è derivata avrebbe permesso di raccogliere gravi elementi sull’esistenza di un’associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva, promossa e diretta da un arbitro della Sezione di Reggio Calabria delle categorie Primavera, Primavera 2 e Serie C, il quale dirigeva l’arbitraggio di diversi incontri calcistici, in modo da indirizzare il risultato finale e farlo convergere verso gli esiti oggetto di scommesse mirate effettuate dai membri del sodalizio. Quattro, in tutto, le partite contestate dalla Procura reggina. Non risultano, comunque, coinvolgimenti diretti né di calciatori, né di società sportive.
L’arbitro
Il soggetto in questione, Luigi Catanoso, originario dell’area grecanica di Reggio Calabria, viene individuato dagli inquirenti come il capo promotore dell’associazione. In passato, su di lui, gli organi di giustizia e vigilanza sportiva avevano già acceso i propri radar per comportamenti sospetti.
Ma anche in seguito alla sua sospensione da parte degli organi di giustizia sportiva che avevano accertato le prime irregolarità, il direttore di gara reggino individuava altri colleghi arbitri, designati per i singoli incontri sportivi, per poi avvicinarli e corromperli, mediante la dazione o la promessa di somme di denaro, che potevano arrivare anche a 10.000 euro a partita, sempre affinché questi conducessero una direzione di gara funzionale a far convergere il risultato verso l’esito delle scommesse effettuate dai membri dell’associazione. Un gruppo che, come emergerebbe dalle intercettazioni e dalle risultanze investigative, avrebbe anche “sognato” di fare il salto di qualità, allargando il proprio giro anche a competizioni non più giovanili, ma di tipo professionistico.
Come venivano truccate le partite
Il modus operandi scoperto dall’indagine denominata “Penalty” era semplice ma efficace: l’arbitro faceva in modo che le partite terminassero con un numero di goal tale da poter garantire il verificarsi del pronostico “over”, cioè il superamento di un numero totale di goal per ogni match. Il direttore di gara riusciva ad ottenere tale risultato concedendo un numero importante di rigori, molto spesso inesistenti. Altre volte invece favoriva una delle due squadre, normalmente quella le cui quotazioni permettevano introiti più elevati, espellendo giocatori delle squadre avversarie senza una reale motivazione.
Queste decisioni risultavano avere un impatto assolutamente rilevante sull’epilogo delle gare, che era ben lontano da quello conseguente al corretto e leale svolgimento delle competizioni sportive.
Proprio su quell’esito falsato e “pilotato” gli altri componenti dell’associazione scommettevano ingenti somme di denaro che fruttavano loro elevati guadagni.
A finanziare l’associazione, soprattutto al fine di corrompere altri direttori di gara, erano due imprenditori toscani (padre e figlio), titolati di un’agenzia di scommesse di Sesto Fiorentino (FI), anche loro tratti in arresto. Gli accertamenti bancari e sui conti gioco utilizzati dall’associazione avrebbero consentito di censire l’utilizzo da parte degli indagati di provider di scommesse esteri e non autorizzati a operare nell’ambito dell’Unione Europea, all’evidente scopo di non destare sospetti su corposi flussi di scommesse. I cosiddetti domini .com. Tutti illegali.
