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Reggina, il 13 giugno di Gabriele Martino: “Siamo stati i primi. Speriamo di non rimanere gli unici”

di Paolo Ficara – Se ci si sforza di cercare notizie sulla Reggina della stagione 1998-99 senza guardare/sapere come andò a finire in classifica, nell’ordine, si possono trovare: cessione di due pilastri del centrocampo come Simone Perrotta e Marco Sesia, nel calciomercato estivo; cinque titolari presi in corso d’opera, tra settembre e gennaio comprese le finestre autunnali dell’epoca; due portieri alternatisi come titolari; un esonero.

Il campionato era quello di Serie B. Ma prescindere dalla categoria, sono dati che si addicono maggiormente ad una squadra magari salvatasi per il rotto della cuffia. Il tutto, evitando di spulciare gli organici di Atalanta, Brescia, Genoa, Napoli o Pescara. Formazioni teoricamente più attrezzate. Club oggettivamente più blasonati. Compagini fattivamente finite dietro alla Reggina, in classifica.

Prendendo spunto, ribaltando e giammai parafrasando un concetto recentemente espresso da Papa Francesco, ci sarebbe estremante bisogno del livello di marpionaggine – calcistica – espresso da presidente e direttore sportivo della prima storica promozione in Serie A della Reggina. Ossia lo straordinario tandem composto da Lillo Foti e Gabriele Martino.

Il ds Gabriele Martino prova a schernirsi da ogni eventuale richiesta di ricordo, circa quel 13 giugno del 1999: “Ad una trasmissione televisiva, dissi che nessuno ci potrà levare il primato di essere i primi. Ma speriamo ci levino il primato di essere gli unici. Ci ritrovammo una regione accanto. E’ stato un anno particolare. Con meriti dei calciatori e dei due allenatori. Della tifoseria. Può apparire non afferente, ma c’è grosso merito del primo cittadino di allora. Tutti ricordate come giocammo. Quando la città si unisce, diventa forte. E’ stata la dimostrazione che a Reggio ci sono delle eccellenze. O c’erano”.

Qual è attualmente il problema principale della Reggina? “Non è la categoria, è qualcos’altro. Quando nel 1986 partì quel gruppo dirigente, era vicino a questa categoria – fa notare il ds Martino al Dispaccio –  Si era sull’orlo del fallimento, sfiorò la retrocessione in C2. Dopo i primi successi con Albertino Bigon e Nevio Scala, evitammo il disastro. Ho sempre detto che le partite le vincono i giocatori e gli allenatori, ma i campionati li vincono le società”.

Sul capitolo legato alla dirigenza, Gabriele Martino marca un deciso accento: “C’era un gruppo che non si accontentava mai di fare un buon lavoro. Volevamo andare sempre oltre il buon lavoro. Si tratta di uno dei segreti che siamo riusciti a trasmettere a tutti i protagonisti del campo. Cose insite a chi ha senso di appartenenza. Come dissi nel post Torino, quella fu la vittoria degli uomini veri. E’ chiaro che mi riferisco ai reggini veri, quelli con la Reggina dentro”.

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