L’ottava edizione di “Sguardi a Sud – Suoni e visioni del presente 2025” si chiuderà il 14 dicembre nel segno della meraviglia, affidando alla potenza evocativa del Natale e alla modernità intramontabile di Charles Dickens il compito di salutare il pubblico. Sul palco, la compagnia Porta Cenere porterà in scena Canto di Natale di C. Dickens, un classico che continua a interrogare la coscienza collettiva e a restituirci lo specchio – talvolta impietoso – di ciò che siamo.
La rassegna, diretta da Mario Massaro, sostenuta dalla Fondazione Carical e patrocinata dal Comune di Mendicino, conferma la propria vocazione: attraversare il presente con lucidità e restituirlo in forma di arte, visioni e domande. Non solo spettacoli, ma sguardi: la materia prima più preziosa quando si vuole leggere – e non semplicemente osservare – il mondo.
Sul palcoscenico, a dare vita al viaggio più celebre della letteratura natalizia, troveremo Mario Massaro, Elisa Ianni Palarchio, Mirko Iaquinta, Valerio Massimo Filice, Maria Noemi Gervasi e Alessandro Leale. In video, il racconto si arricchisce delle presenze di Jacopo Aiello, Deva Sindona, Cinzia Deleo, Andrea Sivini, Francesco Lapo Chiodo, Gabriella Clarizio, Patrizia De Luca, Paolo Gigliotti, Elisabetta Mendicelli, Francesca Palmieri, Christian Russo, Francesco Silani, in un dialogo scenico che intreccia fisicità e immagini, tradizione e linguaggio contemporaneo.
La regia di Nat Filice sceglie una strada coraggiosa: non riprodurre il Dickens da cartolina, ma restituire la sua forza politica, la sua disperata richiesta di umanità. I costumi di Antonella Carbone, insieme alla scenografia e al videomapping di Gianpaolo Palumbo, costruiscono un ambiente che vibra tra la Londra vittoriana e le inquietudini del nostro tempo. Come anticipa Gianpaolo Palumbo: «La scenografia digitale, attraverso il videomapping, è un elemento fondante della drammaturgia, perché l’impatto visivo diventa parte integrante della storia. Gli interventi degli spiriti e gli altri elementi visivi non si limitano a decorare, ma influenzano e dialogano con la recitazione stessa. In questo progetto abbiamo cercato di offrire una cifra stilistica coerente con la regia di Nat Filice, rileggendo il racconto di Dickens e trasponendolo nelle scene in cui Scrooge incontra il suo passato, presente e futuro, interagendo con essi in modo diretto e immersivo».
Perché Dickens oggi? Perché Scrooge siamo (anche) noi. Canto di Natale è forse il più grande racconto sulla possibilità di cambiare: un monito, ma anche una mano tesa. Dickens lo pubblicò nel 1843, una novella breve, furiosa, illuminata dalle illustrazioni di John Leech, capace di scuotere un’epoca dominata da disuguaglianze feroci. Eppure, quasi due secoli dopo, Ebenezer Scrooge continua a parlarci. Il suo gelo, la sua cieca fiducia nel profitto, il suo disprezzo per ciò che non produce valore immediato… quanto somigliano alle rigidità del nostro tempo? E quanta contemporaneità ritroviamo nel destino del piccolo Tim, nel lavoro sfruttato di Bob Cratchit, nella miseria che Dickens denuncia con precisione chirurgica?
Lo spettacolo di Porta Cenere rilegge tutto questo con un linguaggio scenico pensato per lo spettatore di oggi: non solo una fiaba rassicurante, ma un viaggio nelle zone d’ombra che tutti attraversiamo e che tutti possiamo imparare a seguire fino a intravedere una luce.
Il Natale Passato, il Natale Presente, il Natale Futuro: le tre tappe del ravvedimento di Scrooge diventano un percorso emotivo che parla di memoria, responsabilità, visione. Il primo spirito scava tra le radici, l’infanzia, le crepe affettive. Il secondo mostra il mondo com’è – con le sue ingiustizie, la sua fragilità, le sue tavole imbandite o vuote. Il terzo, muto e implacabile, mette ciascuno davanti alla domanda definitiva: «Che traccia lascerò?». In scena, questi momenti si trasformano in una drammaturgia di immagini, luci e corpi che stringe il pubblico e lo accompagna verso l’unica risposta possibile: cambiare è difficile, ma necessario. Cambiare è umano.
Con questa chiusura, Sguardi a Sud ribadisce la propria identità: non un semplice contenitore culturale, ma un luogo in cui le arti performative diventano lente d’ingrandimento sul nostro tempo. Un festival che non accarezza, ma provoca; che non intrattiene soltanto, ma interroga. E nel farlo, parla a un territorio e a una comunità che, di anno in anno, risponde con partecipazione crescente.
Il 14 dicembre non sarà soltanto l’ultimo appuntamento dell’ottava edizione: sarà un invito a guardare il mondo con occhi nuovi, come Scrooge; a essere migliori, più giusti, più presenti; a immaginare un mondo diverso. A ricordare che il teatro, come la vita, ha senso solo quando ci mette in relazione. A credere che la gentilezza sia ancora possibile. E forse è proprio questa la magia più profonda del Natale: ricordarci che non è mai troppo tardi per cambiare direzione, che anche il cuore più indurito può tornare a battere, e che la luce non è un’illusione, ma una scelta. E mentre calerà il sipario su questa edizione, resterà nell’aria una domanda semplice e vertiginosa: quale futuro siamo disposti a costruire, insieme? Il teatro non cambia il mondo, ma accende la possibilità di farlo. E in tempi come questi, la possibilità è già una forma di resistenza. Il teatro sa creare incantesimi: e quando questi incantesimi coinvolgono le nuove generazioni, allora la meraviglia diventa futuro.
Il direttore artistico Mario Massaro osserva: «Dickens ci ricorda che la trasformazione è sempre possibile, anche quando tutto sembra immobile. E noi, con Sguardi a Sud, proviamo a fare esattamente questo: creare spazi in cui il pubblico possa riconoscersi, mettere in discussione ciò che dà per scontato e intuire nuove direzioni. Il festival è nato per parlare al presente, ma anche per consegnare ai più giovani un luogo in cui sentirsi parte viva della scena, non spettatori passivi».
