Hai scelto di non accettare i cookie

Tuttavia, la pubblicità mirata è un modo per sostenere il lavoro della nostra redazione, che si impegna a fornirvi ogni giorno informazioni di qualità. Accettando i cookie, sarai in grado di accedere ai contenuti e alle funzioni gratuite offerte dal nostro sito.

oppure
“Meglio è una piccola verità, che una grande bugia” - Fryderyk Chopin
HomeFronte del palcoFronte del palco CosenzaAllo SpA Arrow di Rende va in scena "Passi sulla mia testa":...

Allo SpA Arrow di Rende va in scena “Passi sulla mia testa”: la storia attuale e rivoluzionaria di tutto il sud del mondo

di Roberta Mazzuca – Una scarpa che quasi osserva la scena, una struttura che si fa ambientazione, un attore che diventa personaggio, un pensiero che aleggia come ombra su di un velo bianco. Una scarpa che dall’angolo contempla ogni cosa, e ciò che immobile scruta è lo spettacolo portato in vita da Francesco Gallelli in “Passi sulla mia testa”, scritto da Fabio Butera e da lui diretto insieme a Luca Michienzi. Una scarpa che è spettatrice e protagonista essa stessa, con i suoi passi, che incessanti incalzano lo spettatore per l’intera durata della rappresentazione. La scarpa osserva, accompagna, scruta, esattamente come gli occhi del pubblico in sala. E alla fine si fa tutt’uno con l’attore stesso, lasciando il posto che aveva occupato e diventando centro della scena. Si è svolto proprio nel weekend appena trascorso il primo appuntamento della rassegna itinerante di teatro in emersione “Voci dal sottosuolo vol.3”, messo in scena nella rivoluzionaria cornice dello spazio autogestito SpA Arrow di Rende.

“’Passi sulla mia testa’ è un atto poetico trasformato in versione teatrale” – spiegano gli organizzatori. “La drammaturgia di Butera si basa, difatti, su una poesia di Arturo Giovannitti dal titolo ‘The Walker’; su tre frammenti poetici, in dialetto calabrese, di Michele Pane: ‘Capitabussa’, ‘Forebandita’, e ‘Azzarelleide’; e su un frammento di un articolo di Emilio Grandinetti”. La storia è quella di un gruppo di anarchici meridionali nella Chicago di inizio ‘900 che partecipano, a diversi livelli, alla lotta per l’emancipazione sociale e materiale della comunità italo-americana e dei lavoratori in genere.

“Siamo negli Stati Uniti, a Lawrence, vicino Boston”, – racconta Butera prima dello spettacolo – “dove avviene uno sciopero importante. L’azione di lotta è simile a quella che avviene qui. Si prendeva una sala, si organizzava una cena sociale, poi si ballava e si mettevano in scena degli spettacoli. Il teatro, dunque, come lotta politica. Il gruppo degli anarchici calabresi era uno dei più attivi. Avviene dunque questo sciopero, la polizia uccide una ragazza e accusa Arturo Giovannitti dell’omicidio. E, proprio in carcere, Giovannitti scrive questo componimento, ‘The Walker’”.
“Sono passati 110 anni” – prosegue ancora Butera – “ma la situazione è attuale. È quella di tutto il sud del mondo, che va in un altro posto a cercare una vita migliore. Quello che vedrete è raccontato in una cella di prigione, ma potrebbe essere anche la stiva di una nave. È la stessa storia, sono gli stessi sentimenti”. Arturo Giovannitti sarà il primo uomo in America che, autodifendendosi, riuscirà a farsi assolvere.

Eccellente l’interpretazione di Francesco Gallelli che, unico protagonista della scena, riesce con la sua bravura a incarnare quasi quella scarpa che lo osserva dall’angolo del suo ‘palco’, quei passi, quella disperazione, quel pensiero senza voce, quel senso di impotenza e isolamento ‘tra le mura di colore rosso e le sbarre’ che lo imprigionano. “Terribili e terrificanti son tutti i passi degli uomini sulla terra. Alcuni zoppicano, alcuni strisciano, alcuni corrono… “ – recita Gallelli. E i passi, che si fanno via via più rumorosi, più intensi, più nervosi, si sentono davvero. Si sentono “sulla testa”, nelle ossa, dentro il cuore. Si avvertono nello sguardo e nelle parole di chi li mette in scena. Un monologo intenso, che alterna il silenzio alle parole, l’italiano al calabrese, un monologo che racconta la chiusura e la liberazione, con il corpo e con le maschere, un monologo che disarma nella sua bruciante attualità. Il tema della partenza, quello della rivoluzione, della disperazione, della prigionia. Sono temi che appartengono alla Calabria, terra di abbandono e costrizione, e temi che ritornano nella disperazione di chi, esattamente come quegli anarchici di un tempo, migra in altri luoghi, stipato oggi su barconi carichi di smarrimento e di speranza.

Una produzione originale regionale, dunque, con l’utilizzo del dialetto calabrese, messa in scena in uno spazio che è esso stesso originale e rivoluzionario, l’ex succursale del liceo Pitagora, occupata da un gruppo di studenti e di lavoratori precari per sottrarla ad abbandono e degrado, e restituirla alla comunità. Un esempio di teatro sociale brillantemente riuscito, in cui la cura di ogni singolo dettaglio, dall’attore, alla sceneggiatura, alla scenografia essenziale ma estremamente mirata, restituiscono tutto il senso di una storia rivoluzionaria di inizio ‘900 che abbraccia ogni tentativo rivoluzionario del mondo attuale.

“Voci dal sottosuolo vol.3”, realizzato dal Kollettivo Kontrora insieme alla Compagnia Teatro del Carro – Pino Michienzi, proseguirà il suo programma con altre due rappresentazioni: il 28 maggio sarà la volta di “La Linea Sottile”, uno spettacolo di narrazione e marionette da tavolo con un adattamento della favola dei fratelli Grimm “Hansel e Gretel” e, in chiusura, il 4 giugno ci sarà “Elephant walk”, di Marco Claudio Aiello Pomponi, uno spettacolo che nasce dalla sfida di voler affrontare quotidianamente lo spazio vuoto e l’assenza di un testo, riconoscendo lo smarrimento iniziale come verità universale e invito a procedere senza l’ambizione di risolversi.

Articoli Correlati