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La voce senza tempo di Alice incanta al Festival d’Autunno

Un viaggio intimo e magistrale attraverso il cuore pulsante della canzone d’autore italiana, Ieri sera, al Teatro Politeama di Catanzaro, il Festival d’Autunno fondato e diretto da Antonietta Santacroce ha trovato la sua quintessenza emotiva. È stata la voce eterna di Alice a dimostrare come la vera arte risieda nella capacità di far cambiare e risuonare, ancora oggi, i linguaggi senza tempo della poesia e della musica. L’artista, con il suo progetto “Master Songs” (GUARDA QUI IL TRAILER DEL CONCERTO https://youtu.be/m2jTYWBjoNU), ha aperto un sipario sull’anima, raffigurando alla perfezione il tema centrale del Festival: “CambiaMenti. Linguaggi senza tempo”.

Sin dal titolo si è compreso che non si sarebbe assistito a una semplice antologia, ma a una selezione sapiente di capolavori assoluti che compongono il grande songbook italiano. L’evento è stato un lucido e commovente atto di “cambiamento” continuo, dimostrando che i linguaggi della grande musica d’autore sono immortali proprio perché, grazie alla sensibilità dell’interprete, sono capaci di evolvere e rinnovarsi.

La scena: eleganza, poesia e voce senza tempo

L’unicità dell’evento si è percepita fin dalle prime note. Introdotta da un arpeggio iniziale di chitarra che ha squarciato il silenzio, Alice ha intonato il suo brano “Gli ultimi fuochi”, stabilendo un tono quasi confessionale. La cantante si è poi seduta alla tastiera per l’interpretazione di “Un blasfemo” di Fabrizio De Andrè, passando immediatamente dopo al capolavoro, “La canzone dell’amore perduto. Qui, l’elemento visivo ha raggiunto il culmine della poesia: una videoproiezione di una rosa che sfioriva ha accompagnato l’esecuzione, richiamando con toccante letteralità il verso “ma come fan presto, amore, ad appassire le rose”.

Per tutta la durata del concerto, la performance è stata caratterizzata da una dimensione musicale profondamente intima e poetica, sostenuta dall’eleganza essenziale di Alice e del suo trio composto da Carlo Guaitoli, al pianoforte e alle tastiere, Antonello D’Urso, alle chitarre, e Chiara Trentin, al violoncello. L’esibizione mai fuori dalle righe, ha mantenuto una compostezza che ha amplificato l’intensità emotiva di ogni brano eseguito con passione viscerale. Alice ha accompagnato la sua voce con movimenti eleganti che, in alcuni momenti, si sono trasformati in una danza sobria e minimale.

La vera protagonista della serata è stata la voce di Alice che, pur con il passare del tempo, ha dimostrato di aver mantenuto quella straordinaria profondità e il calore che l’hanno sempre contraddistinta, caratteristica essenziale per rendere credibile l’intensità emotiva di ogni pezzo.

L’eredità e la ricerca: il senso di “CambiaMenti”

Il “Cambiamento” si è manifestato in molteplici forme, mettendo in luce la duplice statura di Alice, cantautrice e sublime interprete. Ha esplorato la trasformazione sociale e politica attraverso l’intensità di brani come “Auschwitz” di Francesco Guccini e l’urgenza di “Non insegnate ai bambini” di Giorgio Gaber, le cui parole hanno tracciato un solco nei cuori del pubblico.

A questo si è unita la potenza della poesia in musica, toccando corde profonde con “La recessione” – sui versi crudi di Pier Paolo Pasolini, musicati da Mino Di Martino, ex componente de I Giganti, con “Inniò”, nato dalla collaborazione con Pierluigi Cappello e “Anìn a gris” di Maria Di Gleria Silviotti, musicata da Marco LiveraniTutte e tre le composizioni sono state eseguite nel testo originale in lingua friulana, un dettaglio che ha magnificato la dimensione intima e filologica del concerto. Questi momenti hanno ribadito che la canzone d’autore non è mai solo intrattenimento, ma veicolo di consapevolezza e di evoluzione del pensiero.

Al centro del percorso, il cambiamento spirituale ha trovato risonanza nei brani di Juri Camisasca“Nomadi” e “Il sole nella pioggia”, ma anche nell’omaggio a Franco Battiato con gemme come “E ti vengo a cercare” e “I treni di Tozeur”.

Ma è nell’esecuzione di “Prospettiva Nevski” che l’emozione si è fatta più intensa. Durante il brano, sullo sfondo, è stato proiettato un video toccante in cui sono apparse in sequenza le foto di figure chiave della cultura russa, come il regista Ėjzenštejn, il compositore Stravinskij e il ballerino Nižinskij, a cui il Maestro stesso si ispirava, con l’ultima immagine dedicata proprio a Franco Battiato. Questo momento ha restituito tutta la malinconia e l’eleganza del cantautore siciliano, amplificando il senso di un’eredità culturale viva.

Tra i vertici emotivi della serata, l’interpretazione di “Almeno pensami” di Lucio Dalla – brano, che la vide duettare con Ron al Festival di Sanremo del 2018 – è stato un atto di rispetto trasformato in nuova emozione. La stessa sensazione si è avuta con “Atlantide” di Francesco De Gregori, eseguita senza cambiare la versione maschile del testo. Questo continuo intreccio di repertorio ha messo in luce come Alice sappia accogliere e far evolvere linguaggi nati decenni fa, rendendoli attuali.

L’esibizione di Alice è stata completata dalla componente visiva. Le videoproiezioni oniriche che hanno accompagnato l’esecuzione non sono state un semplice sfondo, ma un elemento narrativo che ha fuso note e parole in un’atmosfera quasi mistica. È stata un’emozione intensa che ha permesso al pubblico di “entrare” nelle canzoni e viverle in prima persona, concludendo un’esperienza che è stata, prima di tutto, un inno alla ricerca e alla profondità d’animo.

“Il sole nella pioggia” ha concluso la serata tra gli applausi calorosi del pubblico che ha richiesto a gran voce il bis. Alice, tornata sul palco ha mandato in visibilio i presenti con i suoi brani iconici “Per Elisa” e “Chanson egocentrique”. Quando l’ultima nota è svanita, la cantante ha ricevuto un nuovo interminabile applauso, un giusto e doveroso tributo a un’artista che ha saputo fare della coerenza e della passione il suo linguaggio senza tempo.

A conclusione della serata Antonietta Santacroce ha consegnato ad Alice il simbolo della città di Catanzaro, il “Cavatore” realizzato dal Maestro orafo Michele Affidato.

Il Festival d’Autunno proseguirà questo pomeriggio, domenica 26 ottobre, al Museo Marca di Catanzaro, alle ore 18, con Arianna Porcelli Safonov e il suo monologo “Picchiamoci”, in cui metterà in mostra la sua ironia pungente e dissacratoria.

Il Festival d’Autunno è realizzato in collaborazione con importanti partner istituzionali, tra cui Regione Calabria – Calabria StraordinariaComune di CatanzaroCamera di Commercio e Fondazione CARICAL, a testimonianza del suo ruolo centrale nella proposta culturale del territorio.

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