I cliché sulla Calabria nel cortometraggio di Muccino: ecco lo spot da 1,7 milioni di euro

spot-muccinodi Mariateresa Ripolo - Era stato presentato come «lo spot emozionale» che avrebbe fatto «innamorare il mondo della Calabria». Grandi aspettative sul cortometraggio scritto e diretto da Gabriele Muccino, "il regista dell'amore": «Se non riesce lui a fare innamorare le persone della Calabria - aveva detto alla conferenza stampa di presentazione del progetto la presidente Jole Santelli, scomparsa lo scorso 15 ottobre - non ci può riuscire nessuno».

Dobbiamo quindi rassegnarci, verrebbe da dire.

Costato alla Regione circa 1,7 milioni di euro e presentato alla Festa del Cinema di Roma, "Calabria, terra mia" sembra, infatti, raccontare ben poco di una regione che avrebbe davvero tanto da offrire dal punto di vista turistico e culturale, ma che ci si ostina a rappresentare attraverso cliché sui calabresi e in aggiunta, in questo caso, attraverso una storia d'amore quasi stucchevole.

Il cortometraggio, prodotto da Viola film, dura circa 6 minuti e racconta la storia di un uomo (Raoul Bova) che porta per la prima volta in Calabria la sua compagna (Rocìo Munoz Morales). I presupposti, considerando anche l'ingente investimento economico, per produrre un buon prodotto per pubblicizzare una Terra troppo spesso bistrattata, c'erano tutti. Peccato che come al solito sia prevalsa quell'immagine stereotipata che il mondo ha della Calabria, ma non solo.

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Un racconto privo di contenuti. L'idea era quella di raccontare la regione attraverso i prodotti tipici: bergamotto, clementine, cedri, fichi. Un viaggio nei luoghi simbolo della Calabria (le uniche cose che riusciamo a salvare di tutto lo spot), tra distese di agrumi e paesaggi mozzafiato. Un'operazione, purtroppo, tutt'altro che riuscita.

«Dove vuoi che ti porto, mare o montagna?», chiede lui alla compagna sbagliando per giunta il congiuntivo. «E' uguale», risponde lei. Da qui inizia il viaggio dei due protagonisti. Il tenore delle conversazioni tra i due è più o meno sempre lo stesso. «Si mangia il bergamotto?», chiede lei, «Anche - spiega lui - però in realtà lo usano per i prodotti di bellezza». «Il bergamotto, wow», esclama lei.

Oppure: «Sai come si fa a sapere se le arance sono buone? Devono avere le forme che la natura le ha dato», spiega lui. Dialoghi che sembrano improvvisati e un racconto quasi approssimativo, oltre al fatto che sono pochissime le Città calabresi a trovare spazio nel corso dei 6 minuti di spot.

Tralasciato completamente l'aspetto culturale. Neanche l'ombra di riferimenti all'incommensurabile patrimonio storico e artistico di cui la Calabria, come ben noto, dispone.

E poi, i soliti cliché sulla Calabria e i calabresi. Tra asini che ragliano e ragazzi con la coppola in testa e le bretelle: così ci rappresenta Muccino. Chi guarda il cortometraggio ha l'impressione che la storia non sia ambientata ai giorni nostri, ma negli anni '40.

L'ennesima occasione sprecata, insieme al milione e 700 mila euro sborsati dalla Regione e dai calabresi.

«Ma quanto son buoni sti fichi?», esclama alla fine Rocìo.

Uno spot che ci fa quasi quasi rimpiangere quello ideato da Klaus Davi per "promuovere" la Locride.

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