Signor Spirlì, le uniche cose "contro natura" sono l'ignoranza e la contrazione dei diritti civili

merlindi Walter Alberio - Non dobbiamo consentire la cancellazione dai dizionari delle parole "zingaro, negro e ricchione". Nino Spirlì, vicepresidente della giunta regionale della Calabria con delega alla Cultura (sic!), da presunto intellettuale controcorrente si intesta questa battaglia: la libertà di denigrare, almeno con l'uso delle parole, chi è diverso da te.

Con l'ex ministro Matteo Salvini in Sicilia per l'udienza preliminare del processo che lo vede imputato per sequestro di persona aggravato, a seguito del blocco della nave Gregoretti, la Lega organizza una tre giorni di eventi con tutti i militanti del Sud. A Catania sta andando in scena una sorta di "Pontida del Sud", proprio in quel profondo Meridione umiliato e offeso dalla Lega prima della svolta nazionalista. Una formazione politica che sembra non potersi sganciare dalla logica del "nemico" da emarginare, umiliare, offendere. Avanti, chi sarà il prossimo?

"Stanno cancellando le parole di bocca. Per parlare calabrese dico 'passau u nigru'. In calabrese non c'è un altro modo per dire 'u nigru'. Nessuno può venirmi a dire che come minoranza calabrese non possa utilizzare il termine che meglio riconosco". Non si sa in quale parte della Calabria viva Spirlì per esprimere tali sciocchezze, funzionali alla cosiddetta "difesa delle identità", una vulgata sovranista di matrice politico-elettorale, ma vuota nei fatti. Per il vice della Santelli, uomo dentro le istituzioni, l'insulto razzista e omofobo fa parte di una minoranza linguistica, è un linguaggio da tutelare, una tradizione da non disperdere, al pari del greco di Calabria.

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E non si tratta di essere di essere "politicamente corretti", ma della vita e dei diritti delle persone che non vogliono sentirsi sbagliate per essere nate nella propria pelle, che non devono sentirsi "contro natura" e non possono essere paragonate a un "cucciolo di cane" che "non ha due padri".

Non possiamo accettare di fare passi indietro sul campo dei diritti civili, che vanno conquistati ogni giorno. Lo dobbiamo a noi stessi, come comunità che ha assistito in questi ultimi mesi a vicende dolorosissime. Le parole hanno un significato e possono cambiare il mondo. Lo hanno avuto per Muhammad Alì, che rifiutò di adempiere al servizio militare e di partecipare alla guerra in Vietnam: "Nessun Vietcong mi ha mai chiamato 'negro'", disse il campione dei pesi massimi. Proprio quella 'parola' che il leghista vorrebbe sdoganare, legittimare, giustificare. "Siete i miei oppositori se voglio la libertà, siete voi i miei oppositori – affermò Alì - se voglio giustizia. Siete voi i miei oppositori se voglio uguaglianza. Voi non mi sosterrete mai in America per il mio credo religioso. E volete che vada da qualche parte e combattere. Ma difenderete mai voi me qui a casa?".

"Userò le parole 'negro' e 'frocio' fino all'ultimo dei miei giorni", dichiara il vicepresidente della giunta regionale, sventolando il suo rosario. Ché Spirlì abbia la "libertà" di dire ciò che vuole, ma fuori dalle istituzioni che sono e devono essere, oltretutto, laiche.

Foto: Anthology Film Archives and the Smithsonian's National Museum of African American History and Culture