Tutta mia la città… Reggio al bivio

ARTICOLO DASCOLA2di Fulvio D'Ascola* - Basta un piccolo segno, per recuperare l'orgoglio, chiudere gli occhi e ripensare a tutto quello che era, riaprirli e vedere tutto quello che è. La città ,gli spazi condivisi, i cancelli chiusi, verde selvatico in mezzo ai marciapiedi e cassonetti colmi di rifiuti di fogliame che da tante settimane colorano di marrone secco il luogo di eterno riposo dei nostri cari. Il bene pubblico? Esiste? Reggio città di mare, con il suo lido comunale chiuso, con i siti archeologici della Collina degli Angeli mai aperti, inaugurati falsamente solo in occasione funzionale al politico di turno. Brochures, programmi elettorali, mistificazioni e cadute di stile e di menzogne, facilmente dimostrabili.Che cosa ha fatto, che cosa hanno fatto, che cosa promettono, che cosa faranno. La gente disillusa si pone le domande e scorre liste piene di nomi, di improbabili candidati fulminati sulla via di Damasco, di sorrisi buonisti e solidali con passati pieni di indelebili sanzioni, con equilibristi instabili che saltano sul trapezio dell'opportunismo. Questo è lo scenario di un circo Barnum che è la linea di divisione tra il precipizio e la ripartenza. La realtà non è un play mobil in dirette social, la realtà non è una partita di calcio da secondo tempo. La realtà rischia di essere un triplice fischio di chiusura della partita. Parole, slogan, giochi politici di partito con decisioni longobardo romane, con professionisti che entrano in campo, con professori che percorrono strade e piazze e massmediologi che mettono a nudo, ciò che non vogliamo vedere.

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La liquefazione del vivere civile è ad ogni angolo di strada, abbandonata in sacchetti di rifiuti, le barriere architettoniche bloccano il passo dei diversamente abili, tante solitudini silenti si nascondono dentro la dignità e la vergogna. lI momento di unione di un popolo è identificato in una squadra di calcio ed in una processione. Troppo poco per recuperare il senso di appartenenza. Parlavano di cambiamento, ma la svolta nasce sempre da competenze ed esperienze professionali e di vita che bisogna avere e nessuno le regala. Cittadinanza attiva, questa è la svolta nella consapevolezza che la città non è scenario per ricerca di consenso, ma è il nostro habitat e deve essere scambio di esperienze e relazioni sociali, perché il singolo è sempre relazionato ad un gruppo. Basta solo un piccolo segnale, senza partiti e senza bandiere basta solo pensare ad una città che riparte dal basso. La rete sociale è inesistente, la frammentazione generazionale è evidente.Non esiste una linea comune progettuale, non esiste la capacità di ascolto e le nuove generazioni rischiano la deriva del confine tra il criminogeno e la prospettiva della migrazione professionale. Un insieme di persone senza identità e senza un rituale comunicativo di appartenenza. Una città da costruire con rispetto, consapevolezza, competenza, con azione e sorrisi di donna senza slogan e bandiere. Basta un piccolo segnale di cittadinanza attiva, di intenzione elettorale. Perché ognuno è protagonista della vita sociale e non può nascondersi dietro a frasi retoriche "sono tutti uguali". Le strade si dividono, cadere o ripartire...

*Sociologo