Perchè Klaus Davi

Davi Klaus nuova 30 novembredi Claudio Cordova - A volte la vita di esseri umani e territori concede delle occasioni che, guardando a ritroso, sono immeritate. Ma le occasioni non guardano in faccia nessuno. Arrivano e basta. Per Reggio Calabria l'occasione ha un nome e un cognome: Klaus Davi. Il suo annuncio di candidarsi a sindaco della città, in poche ore, ha scatenato panico ed entusiasmo.

Panico nella politica tradizionale, impantanata nelle sue regole e nei suoi accordi, più o meno chiari: per esempio, il centrosinistra probabilmente avrebbe fatto volentieri a meno di ricandidare Giuseppe Falcomatà, reduce da cinque anni, oggettivamente, insoddisfacenti e, per di più impantanato (con diversi suoi amici/assessori) in vicende giudiziarie. Ma non può, perché nei partiti funziona così. Il centrodestra, dal canto suo, non riesce a trovare una quadra, rispolverando, di tanto in tanto, nomi triti e ritriti come quello di Eduardo Lamberti Castronuovo.

Entusiasmo perché chiunque viva un minimo il territorio sa che Klaus Davi è riuscito a vincere la diffidenza iniziale, conquistandosi fiducia da parte di larghe fette di popolazione. La sua capacità di dire le cose senza filtri, le sue modalità, talvolta volutamente provocatorie e grottesche, di approcciarsi al fenomeno 'ndranghetista, ma, soprattutto, la sua costanza di continuare a confrontarsi con un territorio, la Calabria, che non è minimamente paragonabile a quelli di tv e moda, da sempre frequentati da Davi, hanno fatto comprendere che il suo non era solo un intento pubblicitario. Per questo, nelle ultime ore, in tanti hanno accolto con curiosità, con interesse e, talvolta, con voglia di mettersi in gioco, l'annuncio del massmediologo.

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Il 16 novembre 2019, dal treno in viaggio per Salerno, scrivevo su Klaus Davi: "Pur non avendo mai lavorato insieme a lui nel senso contrattuale ed economico del termine, ho cercato di fornirgli supporto e di comprendere il suo punto di vista, le sue battaglie, anche quando non ero totalmente d'accordo con lui" (leggi qui). Ho iniziato a guardarlo con curiosità anni fa, per capire i motivi dell'astio che alcuni miei colleghi, di cui non nutro alcuna stima, nutrivano e nutrono nei suoi confronti. Ho avuto modo di apprezzarne la correttezza, ma, soprattutto, il sincero affetto che ha iniziato a nutrire per la nostra terra, nonostante gli siano pienamente visibili problemi, piaghe, limiti di cose e persone.

Oggi ne sono convinto: Klaus Davi rappresenta l'unico elemento dirompente e propositivo in un territorio affogato dalla spazzatura morale e materiale, in una città che non vuole rialzare la testa e con cittadini privi di alcuno spirito comunitario. Non sono remoti gli anni in cui il territorio veniva violentato dalla cementificazione selvaggia e dai rifiuti tossici e l'odierno grado di civiltà è facilmente osservabile nelle tonnellate di rifiuti che vengono accumulati nei torrenti, negli svincoli autostradali, nelle zone meno visibili e meno frequentate.

La sua candidatura potrebbe rappresentare quell'elemento di rottura che auspico da tempo. Fuori dai partiti, fuori dai salotti delle famiglie "perbene" che hanno tradito la città, fuori dagli ambienti di 'ndrangheta, cui da sempre la borghesia reggina strizza l'occhio. Una comunità assente, escluse alcune ristrette nicchie elitarie, che riesce ad esprimere solo candidati a sindaco, che dimostra tutto il saccente narcisismo individuale del leader di turno e che non ha alcun senso di civismo. Intanto la città affonda e la 'ndrangheta prospera. Ed è questo che accade da decenni.

Chiunque lo neghi o è un imbecille o un colluso, che, quindi, tende a giustificare l'andazzo.

Proprio il suo essere sui generis lo pone al di fuori di dinamiche che hanno condannato questo territorio all'irrilevanza e all'arretratezza, in cui la puzza dei rifiuti a volte arriva anche dopo lo stantio odore di 'ndrangheta e massoneria. Klaus Davi ha raccontato e racconta vizi e falsità delle cosche molto meglio di chi avrebbe l'importante compito di far diventare la Calabria un caso nazionale. Lo fa a modo suo, ma la sua natura di "VIP" lo pone al di sopra di ogni sospetto, anche quando prende un caffè in casa Nirta nella Locride, o quando chatta con uomini della cosca Pesce o gli arcoti destefaniani.

Klaus Davi è irrefrenabile.

Adora il nostro territorio più di molti reggini, ma ha la chiave che serve per scardinare il sistema, per bucare la melassa che avvolge Reggio Calabria: non è reggino. Dobbiamo avere l'umiltà di ammetterlo: abbiamo bisogno di una mano. I reggini hanno dimostrato, in vari ambiti, di non essere in grado di svolgere il proprio compito fino in fondo, di non essere in grado di stendere ponti dove questi servono e di alzare muri dove va fatto argine. Basta pensare alla recente storia giudiziaria di questo territorio, che è riuscita ad avere respiro solo con due procuratori della Repubblica, Giuseppe Pignatone e Federico Cafiero de Raho, che non sono reggini, a fronte di un vecchio e nuovo corso locale che a volte fa perdere ogni fiducia.

Abituato a fare comunicazione ad alti livelli, Klaus Davi porta una visione innovativa e propositiva e abbandona le beghe di quartiere. Ci dice di andare oltre, di crescere, di volare verso il sogno di una città turistica e moderna. Di fare vedere finalmente chi siamo e quanto valiamo, di non avere sempre il complesso di inferiorità di essere "invasi" da qualcuno, che vuole colonizzarci.

Amministrare una città di 180mila abitanti può essere quello che ha fatto, per anni, il "Modello Reggio", con l'ignominia dello scioglimento per 'ndrangheta, ma non può essere nemmeno quello che ha fatto Falcomatà, che ha tentato – a causa di suoi inadeguati collaboratori in tema di comunicazione – di far passare l'idea che potesse essere davvero una "notizia" aggiustare una fontanina o installare dei cestini per gettare le cartacce.

Serve un'idea di città. Poi su quella ci si confronta, magari in maniera dura, magari spiegandone l'erroneità. Ma per avere un futuro, bisogna immaginarlo il futuro. E non rimanere ancorati al passato, alle colpe di chi c'era prima a chi ha o non ha dichiarato il dissesto, ecc. ecc.

E ben vengano gli spot dissacranti. Ben venga anche la polemica, finché è costruttiva. E, soprattutto, se ci consente di sprovincializzarci, di non offenderci se EasyJet dice quello che dice, ma di ricordare una delle frasi di Corrado Alvaro, uno degli intellettuali più grandi della storia calabrese, originario proprio di quella San Luca considerata nel mondo "la mamma" della 'ndrangheta: "Dei Greci, i meridionali hanno preso il loro carattere di mitomani. E inventano favole sulla loro vita che in realtà è disadorna. A chi come me si occupa di dirne i mali e i bisogni, si fa l'accusa di rivelare le piaghe e le miserie, mentre il paesaggio, dicono, è così bello".

Troppo facile contestare alcune singole frasi di un video. Facile fare la voce grossa, quando per anni non si è emesso un sospiro sullo strapotere della 'ndrangheta, che frena ogni forma di sviluppo. Molto più difficile spiegare perché dalla jonica viene fatta impresa turistica nei paesi esteri e non nelle proprie zone di appartenenza. C'è chi ha anche il coraggio di parlare: la Jonica Holidays, che si affretta a criticare il video di Davi, quando sul suo sito, quello che dovrebbe promuovere gli ingressi in Calabria, l'offerta turistica è ferma al 2018.

A volte bisogna avere la decenza di tacere.

Ma, come detto, la candidatura di Davi ha sparigliato le carte. Non è un caso che il video dello scandalo sia stato lanciato con una conferenza stampa venerdì scorso e che critiche e polemiche si siano sollevate solo in concomitanza con l'annuncio del massmediologo. Adesso è il momento di capire chi si limita a fare proclami e chi, invece, ha idee concrete da realizzare. E se già il solo annuncio dell'impegno di Klaus Davi ha provocato simili reazioni, non riesco ad immaginare cosa potrebbe accadere se il suo progetto non fosse solo provocatorio ma riuscisse a concretizzarsi in una effettiva candidatura.

Una politica "terapeutica", la sua, che metterebbe i partiti alla porta, che dimostrerebbe come la politica è della gente e non di apparati, che hanno dimostrato la loro inadeguatezza, oltre ad avere una questione morale grossa come una casa. Il rilancio di un progetto che non può rimanere una dichiarazione elettorale, che Klaus Davi, se veramente ama questa terra, non deve tradire. Deve, invece, avere il coraggio di portare avanti un progetto che deve coinvolgere tutto il territorio, tutti i cittadini che si sentono liberi e che realmente amano la propria terra. In questo senso, tocca agli altri capire che la "pazza idea" di Klaus Davi può essere la via che strappa ogni pennacchio di voler gareggiare sempre e comunque come primi della classe: gruppi autonomi come quello de "La Strada" di Saverio Pazzano o del Laboratorio Politico-Patto Civico, di Maria Laura Tortorella, ma anche gli stessi 5 Stelle con Fabio Foti e l'ex assessore Angela Marcianò, che non ha abbandonato l'idea di candidarsi, devono ora avere il coraggio di fare un passo indietro e di correre insieme a Klaus Davi. Così come le figure che tengono a questo territorio e che, giustamente, non hanno mai voluto spendersi con i partiti tradizionali, devono avere il coraggio di mettersi al servizio della città.

Perché le occasioni, è vero, arrivano a prescindere. Ma in genere lo fanno una sola volta.