“Non è la coscienza degli uomini che determina la loro vita, ma le condizioni della loro vita che ne determinano la coscienza” - Karl Marx
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Braccia tese, cazzo piccolo. La fragilità travestita da forza

di Alfredo Muscatello – Essere gretti, retrogradi, razzisti o omofobi non è una condizione naturale. È un fallimento educativo, l’incapacità di un bambino, e poi di un adulto, di sviluppare una coscienza sociale viva, capace di vedere l’altro come parte di sé e non come minaccia.
Chi non viene abituato a pensare, a dialogare, a dubitare, cresce con il bisogno di un mondo semplice, diviso a metà, buoni e cattivi, giusto e sbagliato. Vuole confini chiari, un’autorità che indichi la via, e obbedisce più che comprende.
Quel bisogno di ordine, però, è solo paura. Chi non ha imparato a conoscersi ha bisogno che qualcuno gli dica chi è. Quando la società lo definisce “arretrato” o “malato”, reagisce con rabbia, non riflette, esplode. È il paradosso del debole che, per sentirsi forte, distrugge ciò che non capisce.
Io questa fragilità la vedo dietro l’obiettivo, nei volti dei ragazzi che fotografo. In certi momenti di libertà, feste, partite, piazze, si scrollano di dosso lo sguardo dell’adulto e diventano un branco che cerca un senso. Confusi, alzano le braccia, urlano slogan di cui ignorano il peso, imitano simboli che non appartengono loro.
Credono di affermarsi, ma si perdono. Sono i più spavaldi e insieme i più soli. Distruttivi in gruppo, disarmati da soli. Da qui nascono le braccia tese, i petti gonfi, le urla contro chi è diverso. Non è potenza, è impotenza, l’ombra di un io piccolo, spaventato e represso. Un cazzo piccolo, appunto, simbolo di un’identità che non sa amare, non sa ascoltare e teme la complessità del mondo, rifugiandosi nella parodia della forza.
Negli ultimi mesi il Parlamento, una parte almeno, ha ribadito l’importanza della cultura come fondamento della democrazia. Ma la cultura non vive nei decreti, vive nella memoria, nella scuola, nel pensiero critico. Quando la conoscenza del passato diventa revisionismo, quando si riscrive la storia per comodità o per paura, non si costruisce un Paese solido, si prepara un terreno sterile, dove le braccia tese tornano comode ai pochi che le comandano.
La cultura vera è scomoda. Non consola, non annuisce. Richiede impegno, attenzione, energia. Quando ci confrontiamo con essa, spesso ci sentiamo a disagio. Non serve a sentirsi meglio, serve a capire, a conoscere, a restare vivi. Le braccia tese non sono forza, sono una forma goffa di mancanza, assenza di riferimenti, di sicurezza. Lo vediamo ogni giorno nei gesti ripetuti senza capire, nei simboli imitati senza riconoscerne il peso. Così la cultura si trova a combattere una doppia sfida, quella contro i corrotti e quella dei deboli che non hanno avuto i mezzi per uscire dall’ignoranza indotta, che crea controllo e li rende schiavi.
Serve una rivoluzione gentile, fatta di conoscenza, rispetto e ascolto. La libertà non è dire ciò che si vuole, è capire cosa si dice.
Berlinguer, mente illuminata, ce lo ricorda. La cultura non è mai neutra, non è un ornamento, non è un lusso, non è un mezzo per chi comanda. È liberazione, libera l’individuo, libera la società. Serve a dare strumenti a chi non li ha, conoscenza a chi è stato tenuto nell’ignoranza, voce a chi non ha diritto di parola. La cultura è una risorsa fondamentale, chi la coltiva costruisce una comunità più forte, più giusta, più consapevole. Non si tratta di un bene secondario da spendere quando c’è tempo, ma di una finalità essenziale della vita sociale, il terreno su cui cresce la democrazia e si forma la coscienza civile.
La cultura guarda al futuro. Non si limita a custodire il passato, ma apre la strada a chi verrà, chiama ciascuno di noi a essere parte attiva, lo ha detto di recente anche Elio Giordano, attore di coscienza sociale spiccata, non cedere al dominio, al conformismo, alla paura.
Per questo le braccia tese non sono mai un gesto di forza. La vera forza sta nella capacità di pensare, di capire, di affrontare la propria fragilità senza nasconderla dietro l’odio.
 “Chi investe nella cultura costruisce libertà. Chi costruisce libertà semina futuro.”
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