Asp di Reggio Calabria: ecco il “sistema” che ha bloccato Santo Gioffrè

gioffresantoildispacciodi Claudio Cordova - C'è quel noto giornalista che, subito dopo l'insediamento del commissario, chiama, tenta di imporre la nomina di una professionista e, al diniego, annuncia – come poi avverrà – una campagna d'odio a mezzo stampa, anche con il coinvolgimento di alcuni attori politici. C'è quel clima ostile, quei comportamenti di "sabotaggio" nel lavoro quotidiano. Ma ci sono, soprattutto, alcuni atti amministrativi che avrebbero spezzato un meccanismo consolidato di ruberie pure, ma camuffate da una parvenza di legittimità. In un contesto come quello di Reggio Calabria, in cui mafie e lobbies non operano più con la pistola alla mano, ma tramite la sottile (ma efficace) arma della delegittimazione, vi sono alcuni passaggi inquietanti sulle modalità che hanno portato alla defenestrazione di Santo Gioffrè, nominato commissario dell'Asp di Reggio Calabria, con il principale scopo di ripianare una situazione finanziaria assai vicina al collasso totale.

Sul caso, indaga anche la Procura di Reggio Calabria che, già da diversi mesi, ha aperto un fascicolo d'indagine delegato alla Guardia di Finanza, accumulando materiale utile agli accertamenti, documentale, ma non solo.

Gioffrè è stato di fatto estromesso dal proprio ruolo dopo una battaglia all'arma bianca ingaggiata, a suon di esposti, dalla parlamentare del Movimento 5 Stelle, Dalila Nesci, che, alla fine, ha visto premiato il proprio impegno con il provvedimento dell'Autorità Anticorruzione presieduta dal magistrato Raffaele Cantone, che ha portato anche all'inibizione per tre mesi del governatore Mario Oliverio. Provvedimenti, quelli dell'Anac, contro cui sia Oliverio (al Tar della Calabria), sia Gioffrè (al Tar del Lazio) hanno già presentato ricorso.

Gioffrè viene defenestrato dopo aver però bloccato il pagamento di una transazione da oltre sei milioni di euro per un debito che l'Asp di Reggio Calabria avrebbe avuto con la nota casa di cura Villa Aurora, passata da alcuni mesi a una nuova proprietà per la cifra di circa tre milioni di euro. Una transazione che il predecessore di Gioffrè, Ermete Tripodi, aveva autorizzato con la delibera 311 del 12 marzo 2015. Un atto, quello di Tripodi, sottoscritto con la nuova proprietà di Villa Aurora, rappresentata dall'avvocato Domenico Pietro Mangiapelo, avendo acquisito la scheda di verifica fornita dall'advisor contabile KPMG, portato in Calabria dall'allora governatore Giuseppe Scopelliti per la verifica economico-finanziaria sugli enti regionali. Sarà Gioffrè, però, a rilevare come le somme rivendicate dalla nuova proprietà fossero state già incassate nel 2009. Atti di verifica, quelli attivati dal commissario, dopo un colloquio privato avuto con l'ex proprietà di Villa Aurora, rappresentata dall'avvocato Paolo Gangemi, marito dell'ex consigliere regionale, Tilde Minasi. Dal colloquio con Gangemi, Gioffrè avrebbe appreso che le somme rivendicate dalla nuova gestione della Villa Aurora Spa sarebbero già state erogate circa sei anni prima. Gli accertamenti di Gioffrè confermeranno la rivelazione di Gangemi, nel frattempo deceduto: dalla documentazione in possesso della Camera di Commercio di Reggio Calabria, infatti, emerge che Villa Aurora portava nel bilancio 2010 una cifra di gran lunga inferiore alla voce "crediti con l'Asp di Reggio Calabria".

Accertamenti di varia natura, infatti, sarebbero scattati su altri due accordi transattivi firmati dal DG Tripodi: la delibera 277 del 4 marzo 2015 e quella 310 del 12 marzo. Nella prima viene firmato un accordo transattivo da quasi 13 milioni di euro con la Giomi Spa, azienda che opera nel settore ortopedico, nella seconda un accordo da quasi 8 milioni con lo studio radiologico Fischer, con sede legale a Siderno.

L'obiettivo di Gioffrè sarebbe stato quello di passare al setaccio tutti i pagamenti rivendicati dalle varie aziende, nel tentativo di scoprire, eventualmente, la sussistenza di pagamenti già effettuati, ma, nuovamente rivendicati. Accade, per esempio con le ditte farmaceutiche Roche e Novartis, che avrebbero incassato complessivamente due milioni di euro per fatture che, però, sarebbero già state pagate dall'Asp: somme che Gioffrè avrebbe analizzato, pretendendo (e ottenendo) la restituzione. Nei sospetti del nuovo management dell'Asp, dunque, vi era la convinzione che una somma enorme di debiti documentali risalenti a prima del 2008 fosse già stata pagata ma non contabilizzata: un'ipotesi che potrebbe nascondere una gravissima sistematicità nei pagamenti ultramilionari.

Un laboratorio di analisi avrebbe anche tentato di incassare presunti crediti risalenti al 1990, "ricordandosene" solo nel 2015.

Tra le carte dell'Asp, infatti, spicca anche una nota inviata agli Istituti di credito che rivela come nel bilancio 2011 esistesse alla voce "Debiti da regolarizzare su pignoramenti assegnati" la cifra enorme di quasi 394 milioni di euro corrispondenti ai mandati di pagamento effettuati ma non ancora "contabilmente imputati e regolarizzati". Tante le stranezze che sono ora al centro dell'inchiesta della Procura di Reggio Calabria. Già nel 2014, infatti, l'allora commissario straordinario nominato da Scopelliti, Franco Sarica, relazionerà sulla situazione dei debiti da regolarizzare sui pignoramenti assegnati. Debiti che, nel passaggio di consegne tra Banco di Napoli e Bnl (vecchio e nuovo tesoriere dell'Asp) non sarebbero state fornite le carte e tutto ciò che veniva pagato non veniva inserito nel sistema di contabilità. Scrive Sarica: "Si coglie già dalla lettura del verbale di passaggio di consegna sottoscritto in assenza di formale aggiudicazione di gara e di convenzione tra gli Istituti Tesorieri ed alla presenza della Commissione Straordinaria, l'inottemperanza degli stessi Istituti protrattasi nel tempo". Una vicenda che Sarica avrebbe sottoposto all'attenzione della Procura retta da Federico Cafiero de Raho per gli accertamenti di competenza.

Gioffrè avrebbe voluto indagare su questo e su altro.

L'Asp di Reggio Calabria una gallina dalle uova d'oro. Una mammella da spremere fin quando possibile. Un gruppo di avvocati lo avrebbe capito, iniziando a dare vita, davanti ai giudici di Catanzaro, a una serie infinita di pignoramenti in estensione. L'estensione del pignoramento è prevista dall'art. 499, comma 4, c.p.c. ed è collegata alla disposizione prevista dall'art. 492, comma 4, c.p.c., nell'ambito della ricerca dei beni da sottoporre alla esecuzione. Il creditore procedente, che rilevi, a seguito degli interventi di altri creditori, la insufficienza del compendio immobiliare da lui pignorato, può invitare i creditori intervenuti tempestivamente ad estendere il pignoramento ad altri beni del debitore. Il creditore che abbia avuto conoscenza dall'ufficiale giudiziario, o anche, direttamente, della esistenza di ulteriori beni pignorabili, notificherà ai creditori intervenuti tempestivamente un atto con il quale preciserà gli altri beni del debitore utilmente pignorabili; inviterà i creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo ad estendere il pignoramento a tali beni o, in mancanza di creditori titolati, a quelli non muniti di titolo esecutivo, chiederà di anticipargli le spese per tale estensione, di cui si farà promotore. L'invito è fatto con atto notificato o all'udienza in cui è disposta la vendita ( o l'assegnazione). Un meccanismo ben oleato che permetteva di fatto una "aggressione" continua al bilancio dell'Asp e che Gioffrè avrebbe, almeno in qualche caso, bloccato presentandosi personalmente in udienza a Catanzaro, come legittimo rappresentante pro tempore dell'Azienda, costringendo, di fatto, alla "fuga" alcuni professionisti che si erano costituiti nella fondata speranza che nessuno probabilmente si sarebbe opposto.

Gioffrè, invece, lo farà. Un fatto probabilmente mai avvenuto nella storia dell'Asp.

Clima ostile per Gioffrè. Clima ostile in ufficio, ma anche lassismo: le fatture portate per il pagamento e notificate tramite posta certificata non venivano aperte dai dipendenti preposti, portando poi l'Asp di fronte al fatto compiuto, quando ormai era troppo tardi. A pesare sull'azione del commissario, però, fin da subito arriveranno le denunce della parlamentare Nesci, che chiederà a gran voce la rimozione di Gioffrè, anche sulla base di alcune scelte "incriminate", come l'incarico al professionista Evangelisti, da 600 euro al giorno. Spin doctor di diverse indiscrezioni, anche a mezzo stampa, sarebbe stato un medico-burocrate nominato da Scopelliti al Dipartimento Salute, ma poi sganciatosi in modo brusco dalle politiche dell'ex sindaco di Reggio Calabria: pressioni mediatiche che forniranno sponda all'attività parlamentare o, viceversa, la alimenteranno.

Una grande alleanza tra politica, burocrazia e stampa che surriscalderà il clima, fino alla decisione di Cantone.

Mentre quindi Gioffrè è nella bufera, con la campagna ostile messa in atto da una certa stampa, prova a lavorare: riorganizza gli uffici Economico-Finanziario e Risorse Umane dell'Asp, da tempo senza dirigenti e retti da facenti funzione, mette un freno al meccanismo di riconoscimento di mansioni superiori ai dipendenti Asp che negli anni verranno distaccati a incarichi temporanei e lavora alla revoca di tutti gli incarichi fiduciari.

Senza però avere il tempo di attuarla.