Il santone e consigliere comunale Massimo Ripepi sconsiglia di denunciare una violenza sessuale su una bambina di 9 anni

ripepimassimofdi600di Claudio Cordova - Una storia di degrado, ma anche di violenza e di complicità, nonché di "lavaggio del cervello" su persone evidentemente non in grado di decidere autonomamente. Tra i protagonisti anche il consigliere comunale di Reggio Calabria, Massimo Ripepi, uomo forte di Fratelli d'Italia e capo carismatico di Pace, la setta di integralisti cristiani che da anni opera a Reggio Calabria.

La vicenda emerge in un documento del Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabria, relativo all'affidamento urgente di una minore di appena 9 anni al servizio sociale territoriale e ai servizi minorili dell'amministrazione della giustizia. Il decreto, a firma del giudice Paolo Ramondino, ripercorre la drammatica storia della bambina, che sarebbe stata abusata, in provincia di Reggio Calabria, dallo zio, effettivamente tratto in arresto negli scorsi mesi per violenza sessuale sulla figlia della sorella.

Abusi emersi solo a metà 2020, ma che già dal 2018 sarebbero stati noti, anche a Ripepi. I genitori della bambina, infatti, si sarebbero rivolti a "papà Massimo" (così lo chiamano i suoi seguaci), santone della comunità di Catona. Così il giudice Ramondino ricostruisce la prima parte della storia: "Ripepi, escludendo che vi fosse nella comunità religiosa qualche famiglia in grado di venire in aiuto ai "fratelli", invitava questi ultimi a rivolgersi alla nonna materna e ciò malgrado tutti fossero a conoscenza del fatto che quest'ultima vivesse con il figlio [OMISSIS], in passato (circa vent'anni addietro) condannato con sentenza definitiva alla pena di otto anni di reclusione per violenza sessuale su minori".

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Alla fine, persuasi dall'ascendente che, notoriamente, Ripepi ha sui suoi discepoli, affidano la bambina alla nonna materna, raccomandandole di non lasciarla mai sola, né di giorno, né di notte, con lo zio.

E proprio in quei mesi, sarebbe accaduto ciò che poteva essere considerato assolutamente prevedibile, da parte di una persona arrivata a colpire ancora una piccola indifesa. Sarebbe stata la madre, nel fare la doccia alla figlia, ad apprendere dalla bimba i particolari raccapriccianti su quanto sarebbe accaduto: "Mamma, ti sembra giusto? Mamma ti sembra giusto che lo zio [OMISSIS] ha preso quel coso molliccio che i maschi hanno al posto della patatina e me l'ha messo nelle mani e poi non era più mollo ma duro? Ti sembra giusto che si pulisse quella cosa viscida e bagnata su di me? Quel coso puzzava e a me veniva da vomitare".

E qui, secondo quanto ricostruito dagli atti del Tribunale dei Minorenni di Reggio Calabria, sarebbe entrato in gioco nuovamente Ripepi, plenipotenziario di Fratelli d'Italia e da sempre attratto dalla candidatura a sindaco di Reggio Calabria: i genitori della piccola, infatti, si sarebbero recati da "papà Massimo" a chiedere consulto, venendo però dissuasi dal denunciare e invitati a curare l'anima della persona che aveva abusato della bambina per salvarla e conoscere la "gloria di Dio".

In un delirio di integralismo religioso, Ripepi avrebbe anche incontrato lo stesso zio, presunto stupratore, indicato come "posseduto dal demone". E, subito dopo, la più classica delle colpevolizzazioni delle vittime: la madre della piccola sarebbe stata messa in guardia da Ripepi dal rischio di provocare, con una denuncia, il suicidio del fratello, del cui sangue sarebbe stata "responsabile davanti a Dio".

Vinti dalla paura di perdere la figlia che, secondo l'ammonimento di Ripepi, sarebbe stata allontanata dai Servizi Sociali, i genitori decidono di non sporgere denuncia. Ma non basta. Rinunciano all'idea di lasciare la comunità di Ripepi, per il timore, indotto dal pastore, di perdere la protezione di Dio e vedere distrutta la propria famiglia. E' una escalation, in cui Ripepi sembrerebbe avere la meglio su menti fragili e manipolabili. La minore, infatti, avrebbe iniziato a confidarsi con i suoi coetanei, a scuola come in comunità, suscitando le ire di Ripepi, che avrebbe appellato la mamma della piccola come "madre di merda" perché incapace di zittire la figlia.

Solo allontanandosi dalla comunità di Ripepi i genitori riusciranno a denunciare l'accaduto, ponendo fine all'incubo della piccola. Una denuncia tardiva, che comunque esporrà la piccola a grave pregiudizio psico-fisico e che quindi ha spinto il giudice Ramondino a decretare l'inadeguatezza genitoriale dei due e l'affidamento della piccola ai Servizi Sociali. Per il giudice Ramondino, i coniugi "si sono fatti pesantemente condizionare dal pastore a capo della comunità religiosa da essi frequentata, cedendo alle sue assurde pressioni senza rendersi minimamente conto dell'abnormità della situazione".