I “7 Santisti a vita” che tirano le fila della ‘ndrangheta: parla il pentito vibonese Bartolomeo Arena

pizzinotrequartinodi Claudio Cordova - E' il turno dei vibonesi. Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Bartolomeo Arena e Andrea Mantella entrano nel maxiprocesso "Gotha", che, davanti al Tribunale di Reggio Calabria, presieduto da Silvia Capone, vede alla sbarra la masso-'ndrangheta reggina che, secondo la Dda, sarebbe retta dalle figure degli avvocati Paolo Romeo e Giorgio De Stefano. Pur essendo collaboratori del Vibonese, Arena e Mantella hanno diverse circostanze da riferire sulla 'ndrangheta della provincia di Reggio Calabria e, in generale, sulle dinamiche delle cosche e sui rapporti tra clan di territori diversi.

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Il primo a rispondere alle domande del procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, è Bartolomeo Arena, pentito da pochi mesi, avendo deciso di collaborare con la giustizia solo nello scorso ottobre "perché – dice – stava per scoppiare una guerra di 'ndrangheta e io non volevo parteciparvi, dato che ho un figlio piccolo". Arena ripercorre la propria carriera criminale, iniziata già da minorenne, ancor prima, quindi, della formale affiliazione alla 'ndrangheta, avvenuta dopo i 20 anni: "Ero troppo scalmanato, quindi i mio ingresso formale fu rimandato" spiega. Arena inizia a collaborare dopo aver scalato le gerarchie, arrivando fino al grado di Trequartino. Per questo, rispondendo al pm Lombardo, può fornire alcuni dettagli sulla "Santa", la struttura interna alla 'ndrangheta che permette l'ingresso nella "Società maggiore" e, quindi, la possibilità di entrare in contatto con il potere e con il mondo della politica, dell'imprenditoria, della borghesia, delle forze dell'ordine e della massoneria: "In tutto ho appreso che sono 23 le doti di 'ndrangheta" dice Arena parlando della scala gerarchica.

Sovraordinati vi sarebbero "7 santisti a vita", soggetti, probabilmente appartenenti alle cosche calabresi più potenti, in grado di mantenere il grado (e le sue prerogative) eternamente e, quindi di accrescere il proprio potere: "I Piromalli, gli Alvaro, i De Stefano, gli Arena di Isola Capo Rizzuto, i Grande Aracri di Cutro, queste famiglie sicuramente avevano un rappresentante tra i 7 santisti a vita" afferma Arena. Un'affermazione che, nell'ottica accusatoria, assume importante valenza se confrontata con quanto emerso dalle intercettazioni ambientali a carico di Filippo Chirico, genero del boss Libri, che, ignaro di essere ascoltato, faceva riferimento a un preciso numero (sette, appunto) di personaggi riservati e sovraordinati alla 'ndrangheta militare.

La "mamma" della 'ndrangheta, però, sarebbe stata sempre nella provincia di Reggio Calabria, a Polsi. Anche se – riferisce il collaboratore – importanti clan avevano formato un Crimine che un certo grado di autonomia, come per esempio i Grande Aracri a Cutro: "Giuseppe Mancuso, detto 'mbrogghia" e Pino Piromalli avevano sicuramente le doti più alte della 'ndrangheta" afferma Arena, sottolineando i costanti rapporti tra la famiglia di Limbadi e il casato di Gioia Tauro. Giuseppe Mancuso, a suo dire, sarebbe il responsabile dell'uccisione del padre (avvenuta molti anni addietro) e sovraordinato persino a quel Luigi Mancuso, definito il 'referente di tutte le cosche vibonesi'. Tra il 2013 e il 2014, Luigi Mancuso stava facendo la stessa cosa dei Grande Aracri a Cutro".

Arena parla del tentativo di formare un nuovo locale a Vibo Valentia tra il 2012 e il 2013, dato che, fino a quel momento, le famiglie del capoluogo – tra queste i Barba e i Lo Bianco – erano appiattite sulle posizioni del potente clan Mancuso, originario di Limbadi: "Andrea Mantella voleva creare un gruppo autonomo, per far comandare a Vibo i vibonesi e non gente che vive a 30 chilometri di distanza: i Lo Bianco e i Barba erano dei servi dei Mancuso" dice.

E proprio con l'intervento in aula di Andrea Mantella, il livello conoscitivo sembra salire: "I Piromalli e i Mancuso erano quasi la stessa cosa, ma dal 2010 in poi si cercò di affrancare Vibo dai Mancuso" dice.

Solo qualche minuto prima di iniziare a parlare di politica e massoneria...