di Paolo Ficara – 13 giugno 1999. Il lungomare di Reggio Calabria è quasi come quello su cui ci passeggiamo oggi, dopo anni di lavori. Il telefono cellulare si diffonde sempre di più. Internet è agli albori. I mezzi di informazione sono quelli classici: radio, tv e giornali. Soprattutto giornali. Probabilmente all’epoca, in un mese, la Gazzetta del Sud vendeva lo stesso numero di copie dell’intero anno ai giorni nostri.
La moneta è la cara vecchia lira italiana. E checché ne cantassero gli 883 nel brano “Con un deca”, a Reggio Calabria si poteva trascorrere un sabato sera consumando pizza e birra, anche con 10.000 lire. Specie se avevi l’amico che ti dava uno strappo fino a casa. L’uscita più tipica era rivolta verso locali che trasmettevano la partita di Inter, Juventus o Milan su Tele+, antesignana di Sky. Reggio era una città che aveva visto la Serie A, per l’appunto, solo in televisione.
Dal 13 giugno 1999, cambiò tutto. Esattamente, dopo il gol segnato da Tonino Martino al 65′ di Torino-Reggina, 38° turno del campionato di Serie B. Risultato finale 1-2, la Serie A è nostra dopo 85 anni di attesa. A sbloccarla, Ciccio Cozza su rigore: il secondo di una serie di gol decisivi, da parte sua, per la storia della Reggina. Il momentaneo pareggio di Marco Ferrante ci fa tremare.
Il 13 giugno di Lillo Foti: “E’ stato come mettere una bandierina sull’Everest”
Poi arriva lui, Tonino Martino da Pescara, 30 anni compiuti proprio quel giorno e festeggiati nella maniera migliore possibile: “Devo dire grazie a mio padre. Da piccolo, l’unico regalo che volevo era un pallone. A 13 anni, dopo aver giocato sotto casa nel quartiere, sono andato in una squadra e correvo. Correvo sempre. Fin quando non mi notò un osservatore del Bologna. Entro a Casteldebole all’età di 14 anni, esordisco due anni dopo in prima squadra con G.B. Fabbri allenatore. In squadra c’era gente come Marronaro, Marocchi ed il mitico Villa. Il debutto avvenne in Coppa Italia. Poi girai l’Italia. Ringrazio mio padre per avermi iscritto alla Folgore Fontanelle di Pescara, lui non c’è più”.
Buon cinquantacinquesimo compleanno al nostro Tonino, che il trentesimo non se lo scorderà mai: “Al viaggio d’andata, sapevamo che il Torino aveva già vinto il campionato. Ma eravamo tutti tesi e nervosi – ricorda Martino al Dispaccio – L’entusiasmo era a mille. Sentivamo la partita per la gente di Reggio. Non dormiva nessuno, non si giocava neanche a carte. Un gruppo mitico. Abbiamo vinto ed il ritorno è stato fantastico. Osservare dal charter tutta la gente presente all’aeroporto, mi vengono i brividi ora. L’immagine più bella è quella della gente, che meritava tale soddisfazione. Nel 1988, il 12 giugno, andammo in B. Undici anni dopo, la Serie A”.
Il 13 giugno di Gabriele Martino: “Siamo stati i primi. Speriamo di non rimanere gli unici”
Siamo nel 1999. La musica dance anni ’90 emana gli ultimi orecchiabili colpi di coda. I Venga Boys si inventano “Boom Boom Boom Boom”, motivetto subito riadattato dalla tifoseria amaranto. Sarà uno dei due cori dedicati al giocatore più sorprendente di quella squadra. Se avete già indovinato, vi meritereste 10.000 lire come premio. In ogni caso, sarà in città tra qualche ora: Davide Possanzini verrà premiato dall’Aiac Calabria nel pomeriggio, presso il teatro Cilea. Oltre a Tonino Martino, dovrebbe essere l’unico giocatore di quella squadra a presenziare a Reggio, per il 25° anniversario del salto in Serie A.
Se non è stata organizzata una rimpatriata di gruppo, il motivo può essere semplice. Forse, a distanza di cinque lustri, ancora non si rendono conto di cosa hanno combinato. Chiunque abbia vissuto il 13 giugno 1999 da tifoso della Reggina, ricorda esattamente dov’era, con chi era e cosa stava facendo.
Il 13 giugno di Franco Iacopino: “A Torino sentivo parlare solo in calabrese”
Chi non era ancora nato, si sarà documentato sui portieri Belardi, Orlandoni e Carello; i difensori Ziliani, Di Sole, Giacchetta, Sussi, Napolitano, Cirillo e Chiavaro; i centrocampisti Poli, Cozza, Firmani, Martino, Pinciarelli, Briano e Diè; gli attaccanti Artico, Possanzini, Tomic e Campo. Ma anche su quei calciatori andati via in corso d’opera: Pasino, Yaquè, Pereira, Monticciolo, Aronica, Bombardini, Oldoni e Lorenzini. O sui giovani Mesto, Calveri (oggi braccio destro di Lotito alla Lazio), Cester, Aloe e Marchesan.
Nonché sul geniale allenatore Elio Gustinetti, durato fino al 32° turno. E sull’esperto Bruno Bolchi, scelto al suo posto per agguantare le prime quattro posizioni – utili all’epoca per la promozione diretta, non esistevano i playoff – nelle sei epiche gare finali.
Una promozione costruita pezzo dopo pezzo. Come lo stadio fresco di intitolazione ad Oreste Granillo, il primo presidente a centrare il traguardo della Serie B. Ed il primo a sfiorare la Serie A. Ricostruito l’impianto comunale, teoricamente da 15.000 posti: ma eravamo molti di più, assiepati uno sopra all’altro, quando Davide Dionigi decideva un derby contro il Cosenza nel 1997. Per passare a circa 28.000 posti a sedere, costruiti settore dopo settore. Ed ultimati in tempo per il debutto in massima serie.
Il 13 giugno di Simone Giacchetta: “Dal 3-1 alla Reggiana, una rincorsa senza obiettivo”
Quel lungomare che è stato teatro di varie presentazioni della Reggina, tra cui quelle a cura di Amadeus nel 1998 e nel 1999, è adesso intitolato ad Italo Falcomatà sindaco dell’epoca. Oltre lui, oggi non è con noi un altro grande protagonista: Bruno Bolchi, detto Maciste. Lo ricorderemo in alcuni degli articoli che vi proponiamo sul Quadrante Amaranto, tutti con data 13 giugno, avendo intervistato il presidente Lillo Foti; il direttore sportivo Gabriele Martino; il general manager Franco Iacopino; il capitano Simone Giacchetta; e la bandiera Maurizio Poli.
Un immenso grazie giunga a tutti i protagonisti di quel traguardo tanto agognato. Grazie, per averci regalato un’emozione di cui i nostri nonni non sono riusciti a godere. Grazie, perché avremo modo di raccontarla agli ipotetici nipoti. Nella speranza che anche i nipoti, un giorno, abbiano motivo di gremire il lungomare con la sciarpa al collo.
Il 13 giugno di Maurizio Poli: “Devo ancora connettere. Abbiamo fatto un miracolo”