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Reggina, Mariotto 36 anni dopo Perugia: “Pino Benedetto è come De Niro in C’era una volta in America”

di Paolo Ficara –  “Per la scienza il calabrone non può volare, ma non lo sa. Per questo continua a farlo”. Più che probabile sia stato questo, uno dei tanti concetti motivazionali impressi dal presidente Pino Benedetto all’interno della Reggina. Difficile ricondurre gli straordinari exploit della seconda metà degli anni ’80 ad un fattore economico. Forse neanche tecnico, carriere di vari titolari alla mano. Il 12 giugno di 36 anni fa, la Reggina piegava le resistenze della Virescit per 2-0. Era lo spareggio di Perugia, utile per la promozione in Serie B. Due anni prima, c’era stato il fallimento della Associazione Sportiva Reggina. Con la concomitante creazione della Reggina Calcio.

Massimo Mariotto, tra i leader dell’epoca sul campo, riconosce i giusti meriti al presidente Benedetto: “Quella di oggi è una data importantissima. Poi il 13 giugno 1999 ci fu l’apoteosi, ma quel 12 giugno 1988 sembrava irraggiungibile. Mi sento di fare un elogio del tutto meritato e dovuto al carismatico presidente Pino Benedetto. È stato più di tutti un visionario, un leader incredibile. Convincendoci che il calabrone potesse volare. Ci ha fatto raggiungere il mitologico stato di grazia. È stato il primo a convincerci che attraverso il sacrificio, nonché quella professionalità fin lì mancante nella Reggina di allora, il nostro atteggiamento potesse fare breccia nella città di Reggio Calabria. In un momento di grande sofferenza sociale. Credo che finora, pochissimi gli abbiano riconosciuto questo”.

Per rendere meglio l’idea, l’ex capitano amaranto utilizza una metafora cinematografica: “A Lillo Foti, quasi tutti i giocatori davano del tu. Pino Benedetto, pur essendo suo coetaneo, ti metteva in soggezione – evidenzia Mariotto al Dispaccio – Allacciandosi al film C’era una volta in America, Benedetto è Roberto De Niro. Mentre Foti è come Max: ha concretizzato tutto e si è preso i meriti. Ma quello che ha dato il là a tutto, è stato Pino Benedetto. La città gli deve questo riconoscimento”.

Alla stregua di Noodles, assieme a Massimo Mariotto proviamo ad inquadrare cosa ha tenuto il presidente Benedetto lontano dalla Reggina negli anni successivi al 1990: “Con l’arrivo di giocatori già fatti, si era perso il dna della Reggina. Fatto soprattutto di talento applicato al sacrificio. La voglia di rappresentare al meglio una città stupenda, con mille problemi, ma un posto incredibile del quale è impossibile non innamorarsi. Benedetto ci ha fatto fare un salto di qualità inimmaginabile. Aveva intuizioni da uomo al di sopra della media. Col suo modo di fare, buttando dentro le frasi in latino, è un uomo che ha colpito tutti quanti. In questo momento di riflessione, ripenso al suo insegnamento. Mi convinceva che era un momento irripetibile, incitandomi a trasmettere qualcosa anche agli altri. Avevo 21 anni, mi trattava come un leader: certe parole, oggi mi rimbombano dentro”.

Mariotto ha ottenuto due promozioni in B con la maglia della Reggina: “Ho vissuto da tifoso la promozione in Serie A. Ma quei momenti, paragonati alle promozioni che ho vissuto prima da ragazzo e poi da capitano, rappresentano la luce di una lampadina rispetto a quella del sole. Un’intensità talmente grande, che tuttora ci viene in mente quella formazione. È stato come vedere la Fata Morgana a 50 metri da terra. La città era un tutt’uno con noi. Irripetibile. Ed il dominus che ha fatto partire tutto è Pino Benedetto”.

Abbiamo quasi timore di parlare di attualità: “Tornando a Benedetto e Foti ed a quel gruppo di 35enni con pochi soldi, erano visionari. Oggi manca la società. Puoi prendere anche Guardiola o Ancelotti. Quindi non dipende da Pergolizzi, da Giacomarro o da chi si siederà in panchina. Il problema è che la società attuale potrebbe essere a Gioia Tauro, a Palmi o a Milazzo. Quel gruppo di 35enne era di un’altra categoria. Avevano carisma ed idee, ogni giorno ne inventavano una. Ti succede poche volte di vedere arrivare in ritiro Onorato che segna quattro gol alla prima amichevole. E poi Catanese o Garzya. Era venuta fuori la squadra perfetta, ma devi avere il capo. Benedetto ci ha dato le ali, facendoci comprendere le nostre immense possibilità. Attraverso il concetto di professionalità. Facendo il parallelo, Pino Benedetto era Berlusconi mentre Lillo Foti era Galliani. L’idea iniziale veniva fuori dal cervello brillantissimo e sofisticato del presidente Benedetto”.

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