di Paolo Ficara – L’acqua scarseggia e la papera non galleggia. Con l’avvicinarsi della fase in cui bisognerà raccogliere l’eredità della fallita Reggina 1914, è sempre più importante evitare che la stessa finisca in mani sbagliate. Il business plan con cui La Fenice Amaranto si è aggiudicata il bando settembrino del Comune di Reggio Calabria, ha fatto discutere sin dal principio. Alcuni passaggi meritano, oggi, un approfondimento.
Da parte nostra, non porremo l’accento sull’aspetto legato ai risultati sportivi. Anche se basterebbe ed avanzerebbe la distanza siderale inflitta alla Fenice dalla capolista Trapani, nel girone I della Serie D, per indicare a tutta la dirigenza la via del ritorno a casa. Pur trattandosi di un documento ufficiale, è evidente che nessuno si mette a scrivere di non voler salire di categoria. Trattandosi di calcio. Certo, ventilare addirittura l’ipotesi di una doppia promozione in due anni, è un qualcosa che va oltre il più intellegibile concetto di presunzione.
Ma ribadiamo, il risultato sportivo dipende sempre da tante variabili imponderabili. Già è più grave, seppur si tratti di un dettaglio, aver messo per iscritto la creazione della squadra femminile di calcio a 11. Non solo nel business plan presentato all’ex f.f. Paolo Brunetti, dove viene descritta come di “primaria importanza”. Nella domanda di affiliazione inviata alla Figc, ci sono tre “spunte”: C11M, C11F E SGS, ossia il settore giovanile e scolastico. Peraltro, non risulta attiva alcuna scuola calcio della Fenice.
Quel che non dipende in alcun modo da fattori esterni e/o imponderabili, ma solo dalle possibilità economiche e dal livello di serietà, è il capitolo relativo alle strutture. Perché se ognuno di noi avesse presentato domanda al Comune, scrivendo che lo stadio “Granillo” lo trasformiamo in Old Trafford e che il Sant’Agata in mano nostra diventa meglio della Continassa, sarebbe stata solo una grossa presa in giro.
“Un aspetto fondamentale del nostro business plan riguarda la gestione e valorizzazione degli impianti sportivi comunali, con un focus particolare sullo stadio comunale O. Granillo e sul centro sportivo Sant’Agata”. Così scriveva la Fenice nel business plan, nella parte relative alle strutture, che prosegue così: “L’obiettivo primario sarà quello di garantire che entrambe le strutture siano non solo efficacemente manutenute e sempre perfettamente funzionali, ma anche che diventino poli di attrazione per l’intera comunità e punti di riferimento nel panorama sportivo regionale”.
La Fenice sottolinea aspetti come la rigenerazione ed il restauro delle due strutture: “Lo stadio comunale O. Granillo e il centro sportivo Sant’Agata saranno sottoposti a una serie di interventi mirati al restauro e alla modernizzazione delle strutture esistenti – si legge sul business plan – preservando al contempo il loro patrimonio storico e culturale. Questi interventi, oltre a garantire la sicurezza e il comfort, arricchiranno l’estetica e l’appeal degli impianti, rendendoli luoghi ideali per ospitare eventi di alto profilo”.
Sul tema della versatilità, si va oltre: “in considerazione della crescente richiesta di spazi multifunzionali, gli impianti verranno progettati per essere facilmente adattabili a una vasta gamma di eventi, dal calcio ai concerti e alle manifestazioni culturali. Questa polifunzionalità garantirà una maggiore occupazione delle strutture durante tutto l’anno”.
Non volendo dilungarci nel proporre tutti i passaggi, riportiamo la degna chiosa al piano della Fenice per stadio e centro sportivo: “In sintesi, con un focus su innovazione, sostenibilità e partnership strategiche, miriamo a posizionare gli impianti sportivi di Reggio Calabria come benchmark di eccellenza nel panorama sportivo italiano e internazionale. Questa valorizzazione avrà l’obiettivo di assicurare una fonte di reddito sostenibile e di contribuire significativamente alla crescita e alla vitalità dell’ecosistema sportivo e culturale della regione”.
Cosa sia accaduto nella realtà, è di dominio pubblico. La Fenice ha preso in fitto prima trimestrale e poi semestrale solo una porzione del centro sportivo Sant’Agata. Lamentandosi pubblicamente circa lo stato dei campi. Come se, da Pino Benedetto in poi, fosse stata prima la Provincia e poi la Città Metropolitana di Reggio Calabria a manutenere i campi al presidente di turno.
Non c’è la benché minima traccia di attuazione di quanto scritto nel business plan. Ora bisogna capire fino a che punto l’amministrazione comunale accetterà questa totale disattesa del programma, utile ad aggiudicarsi il bando dello scorso settembre. Non era una gara a chi la sparava più grossa. Non si può e non si deve rimanere impuniti.
Non male anche la perla “curriculare” del direttore generale Nino Ballarino, già smascherata dal Dispaccio dopo una sua conferenza stampa. L’insegnante catanese lo aveva messo pure per iscritto, presentandosi così: “Già Osservatore e Collaboratore del direttore generale dell’Empoli Calcio, Direttore Sportivo di varie società tra cui Mazara, San Cataldese, Igea Virtus, Siracusa, Paternò e già Direttore Generale dell’Acireale in Serie C”.
Lucchesi al Dispaccio: “Ballarino? All’Empoli faceva l’osservatore per la Sicilia”