di Paolo Ficara – I dipendenti di un club calcistico, con ruoli annessi, possono essere molteplici. La quantità varia sicuramente di categoria in categoria. Nell’organigramma, riportato da sempre sugli almanacchi ed in tempi moderni sui rispettivi siti internet, compaiono svariate figure. Dal presidente al magazziniere. Le figure che non compaiono, spesso svolgono mansioni meno importanti rispetto a quelle del magazziniere.
Quando l’attuale reggente del calcio a Reggio ha parlato di un periodo equivalente alla durata in carica di un Presidente della Repubblica, trascorso professionalmente all’Empoli, abbiamo preferito sfogliare. Avendone la possibilità e non fidandoci troppo di un già scarno – in tal senso – internet. Il nome di Nino Ballarino non compare in nessun almanacco alla voce Empoli. Né in Serie A. Né in B. Né negli anni ’90. Né in tempi immediatamente precedenti o successivi. Eppure, sostiene di aver fatto “il secondo del direttore generale”, come dichiarato dal professionista di Castel di Iudica nella sua ultima conferenza stampa.
Motivo per cui, a titolo di curiosità, abbiamo disturbato telefonicamente Fabrizio Lucchesi. Ossia, il direttore generale di quell’Empoli presso il quale si sono vantati trascorsi. Ne è venuta fuori una bella chiacchierata, di cui vi proponiamo i passaggi salienti. Specie quelli iniziali, nel momento in cui l’ex dirigente di Roma e Fiorentina riconosce, all’altro capo del telefono, una voce già ascoltata quando la Reggina – quella vera – militava nelle categorie che contano.
“C’è confusione dietro a questa nuova società. Non è amata dalla piazza, poi non fanno nemmeno buoni risultati – evidenzia subito il direttore Lucchesi – I risultati sono una panacea di tanti mali, nello sport. Dispiace. In una piazza così importante come Reggio Calabria, non va bene”. La chiacchierata prosegue con un chiarimento sul percorso giudiziario della Reggina, e sui destini del marchio: tutti passaggi che Lucchesi, a differenza di qualche reggino, comprende benissimo.
Ma andiamo al nocciolo. Ecco la risposta di Fabrizio Lucchesi, circa la presenza di Nino Ballarino in quell’Empoli di cui il dirigente toscano ha svolto – anche – il ruolo di direttore generale: “Lo conosco. All’inizio della sua carriera, e parliamo di 25 o 30 anni fa, ero all’Empoli probabilmente come responsabile del settore giovanile. Lui faceva l’osservatore per noi. Lavorava nel mondo scolastico. Per conto dell’Empoli, lui iniziò l’attività di coordinamento scouting per l’area siciliana. Devo dire la verità, come Empoli non ci lavoravamo tantissimo. Stavamo attenti un po’ a tutto, ma lavoravamo fino alla Campania. Un po’ anche in Calabria. Poi provammo ad allargarci in Sardegna e Sicilia. La sua attività venne proseguita da una persona squisita come Lino Gurrisi, attuale presidente del Coni provinciale a Catania”.
Poi emerge qualche dettaglio in più: “Non so quanto sia durata la collaborazione con Nino Ballarino, ha fatto l’osservatore per la Sicilia per conto dell’Empoli. Lui nasce come direttore sportivo nell’Acireale di Pulvirenti, mi sa che l’ho conosciuto così. Mi propose giocatori – afferma Lucchesi al Dispaccio – Lui è di un paesino in provincia di Catania, dove organizzammo dei provini per l’Empoli. Siamo all’inizio degli anni ’90. Io divento dg dell’Empoli nel ’93, quindi parliamo di un periodo che può andare dal 1988 al 1993. Persona per bene, ricordo che veniva dal mondo della scuola. Quindi aveva una formazione tipica di quel mondo, era un insegnante. Con noi si comportò molto bene. Poi so che ha fatto fortuna con l’università. Calcisticamente, dopo aver lasciato noi, credo non abbia fatto più nulla. Almeno, io non l’ho più incrociato”.
La piacevole chiacchierata con il direttore Fabrizio Lucchesi prosegue sui binari di presente e futuro del calcio a Reggio: “Il pallone ha delle caratteristiche. Non so se questa proprietà è invisa, in base a ciò che leggo. Nemmeno Zamparini, all’inizio, venne accettato a Palermo. Capisco che faccia fatica una persona che viene da fuori. L’appartenenza conta. Senza risorse non fai niente. Sinceramente, ci vuole anche una sinergia con l’ambiente. Da solo, non puoi tirar su una squadra o vivere di risultati. Serve un’insieme tra città, squadra e pubblica amministrazione. I campionati non li vinci col nome, la Serie D è micidiale. I capitali servono, ma il valore aggiunto è l’unisono con l’ambiente. Se non si crea? Bisogna farsi delle domande. Sono venuto a Reggio come dirigente della Roma campione d’Italia e della Fiorentina, oltre ad altre squadre: ci faceva male la testa un’ora prima fino a un’ora dopo della partita, un tifo devastante”.