di Paolo Ficara – In tanti ci state manifestando meraviglia, nel non leggere un nostro punto di vista, una nostra lettura, circa lo status della presunta ripartenza calcistica a Reggio Calabria. Come tempistica, siamo a metà del guado. Quattro giorni e mezzo dopo la nomina ufficiale del sindaco f.f. Brunetti, la nuova società non ha nemmeno ufficializzato l’allenatore. A quattro giorni e mezzo dall’ipotetico esordio in campionato, non c’è la benché minima organizzazione da parte della Fenice Amaranto.
Il punto è il seguente: a questo giro, non c’è bisogno del Dispaccio. Per due motivi.
Il primo motivo è che la situazione versa in uno stato di una difficoltà così lampante, da non essere necessario uno dei nostri editoriali. Che si divertano altri, a fare i forti con i deboli. All’interno della nostra redazione, possiamo solo porci il dubbio – come nel 2015 – se pubblicare le notizie circa la Fenice nella sezione Quadrante Amaranto oppure semplicemente come Calcio. Otto anni fa, propendemmo per la seconda ipotesi dopo l’iscrizione della Reggina Calcio ai campionati di Allievi e Giovanissimi regionali.
Il secondo motivo lo spieghiamo da quasi un mese e mezzo. Nessuno in città, giornalisticamente parlando, si era opposto alla presentazione del ricorso al Consiglio di Stato. Abbiamo specificato subito, ancor prima del chiaro messaggio lanciato dal presidente federale Gabriele Gravina, che attendere il 29 agosto avrebbe significato non fare in tempo a disputare dignitosamente la Serie D.
Abbiamo ribadito più volte come l’unica soluzione logica e necessaria sarebbe stata un bell’anno sabbatico. Neanche con Jeff Bezos proprietario unico, si sarebbe potuto ripartire con il nome Reggina e con un’organizzazione degna per affrontare la prima serie dilettantistica. Ossia, uno dei campionati più difficili in Italia. Dove arrivare secondo o tredicesimo, non fa differenza. O arrivi primo, o hai fatto un buco nell’acqua. Nemmeno Beppe Marotta sarebbe riuscito ad organizzare tutto, in una settimana.
Quindi ci fa sorridere, leggere di valutazioni inerenti la città di origine del nuovo proprietario. A Vibo non si sognano di levare la squadra dalle mani del catanese Pippo Caffo. Né a Reggio qualcuno ha mosso rilievi verso il lametino che baciava la sciarpa. Ora va tutto nel calderone.
Non c’è bisogno del Dispaccio per scrivere che la denominazione sociale è impresentabile. Non c’è bisogno del Dispaccio per scrivere che questa società sembra come un ragazzino vincitore di un viaggio premio a Roma, che dopo quattro giorni è ancora fermo davanti alla stazione Termini non sapendo se andare prima al Colosseo, a piazza Navona o al Foro Italico. Forse non avendo nemmeno i soldi per il biglietto della metro.
Anzi, procedendo così, magari ci ritroveremo a ringraziare la Fenice per aver realizzato il nostro intento. Cioè un anno di blocco. L’identità non c’è e non ci può essere, se continuerà a non esserci la squadra ci peserà poco. Ed i primi segnali da parte delle istituzioni sportive, che non appaiono disposte a rinviare il match Acireale-Fenice di domenica 17 settembre, la dicono lunga.
La Reggina 1914 è attesa il 25 settembre dalla Corte d’Appello, per i ricorsi di Agenzia delle Entrate ed Inps avverso l’omologa. Chi ad oggi non riesce ad ingaggiare nemmeno un giocatore del Bocale, sarà in grado di presentarsi in Tribunale tra qualche mese – in caso di probabile fallimento per Saladini – ed acquistare il marchio?
Quindi ricapitolando. Tra dicembre e febbraio, c’era da dire a Saladini, Cardona e compagnia di fermarsi con una richiesta di omologa troppo rischiosa: non a babbo morto. Appena uscita la sentenza del Tar, bisognava imporre lo stop di ogni azione alla Reggina 1914 e ripartire dalla Serie D: non dopo un mese, a campionato iniziato. E adesso c’è solo da capire in che maniera salvaguardare la storia e riprendere un degno percorso calcistico nel 2024, salvo ulteriori sorprese.
A volte è meglio perdere l’aereo, specie se è quello sbagliato…