È stato assolto per non avere commesso il fatto Francesco Pannace, 35 anni, residente a San Gregorio d’Ippona, che era stata condannato in primo grado dal GUP di Catanzaro alla pena dell’ergastolo per l’omicidio di Carmelo Polito, avvenuto il 1° marzo del 2011. Quel giorno, alle ore 17:00, due soggetti travisati da passamontagna, avevano esploso cinque colpi di pistola cal. 7,65 contro la vittima mentre stava passeggiando con il figlio di sei anni sul Corso Italia di San Gregorio d’Ippona. Il delitto era stato ripreso dalle telecamere del circuito di videosorveglianza installate in un’officina meccanica sita nei pressi del luogo del delitto.
In accoglimento delle richieste dei difensori, Avvocati Giuseppe Alvaro del Foro di Palmi e Giovambattista Puteri del Foro di Lamezia Terme, la Corte di assise di appello di Catanzaro ha ribaltato la sentenza di primo grado e ha mandato assolto l’imputato con la formula per non aver commesso il fatto, disponendone l’immediata scarcerazione se non detenuto per altra causa.
Il verdetto assolutorio è stato preceduto dalla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, vigorosamente richiesta dalla difesa dell’imputato e accolta dal giudice, al fine di disporre perizia su un’intercettazione ambientale che il giudice di primo grado aveva ritenuto di carattere confessorio.
Attraverso la perizia disposta in appello, invece, è emerso che il reale contenuto dell’intercettazione era diverso da quello trascritto dagli inquirenti. Pannace Francesco, infatti, in quella conversazione non aveva pronunciato parole ammissive di responsabilità (“Ma hai saputo che mi hanno inculato, no?.. perché ho ammazzato questo figlio di puttana”), bensì stava riferendo che si diceva in giro che era stato lui a uccidere Polito (“Sai ca mi dissiru? Dissiru c’ammazzai..”).
Gli avvocati Giuseppe Alvaro e Giovambattista Puteri, nel corso delle loro articolate discussioni, hanno altresì evidenziato l’inattendibilità intrinseca delle dichiarazioni rilasciate da tre collaboratori di giustizia (Andrea Mantella, Raffale Moscato e Bartolomeo Arena), rilevando che le versioni accusatorie da loro fornite era contrastanti e divergenti sia quanto al movente dell’omicidio sia con riferimento agli esecutori materiali dell’omicidio Polito.
La difesa, infine, ha sostenuto che il contenuto di un’altra intercettazione ambientale, avvenuta in carcere tra i cugini Francesco e Giuseppe Pannace, utilizzata in primo grado per motivare la sentenza di condanna, non aveva un significato probatorio univoco, non essendovi elementi concreti per ritenere che la “pistola” e il “passamontagna” menzionati in quel colloquio si riferissero all’omicidio di Carmelo Polito.
Le tesi difensive sono state accolte dalla Corte di Assise di Appello di Catanzaro che, in riforma della sentenza di condanna all’ergastolo, ha assolto l’imputato per non avere commesso i fatti a lui contestati.