Si è tenuto oggi a Limbadi il sit-in promosso da Libera, Agape, comitato Controlliamo Noi Le Terre di Maria, e Penelope Italia Odv, in ricordo di Maria Chindamo, nel sesto anniversario della sua scomparsa. Il 6 maggio 2016, tra le province di Vibo Valentia e Reggio Calabria, palcoscenico di una delle più potenti cosche di ‘ndrangheta della regione, la giovane imprenditrice scomparve nel nulla in quella che sembrava una normale giornata, trascorsa tra la famiglia, a Laureana di Borrello, in provincia di Reggio Calabria, e l’azienda di proprietà, a Limbadi, nel Vibonese, e a distanza di un anno dal suicidio del marito Ferdinando, che non accettava la fine della loro relazione. Proprio per questo, prima ipotesi quella che Maria sia stata punita per aver “osato” interrompere la relazione con il marito.
Dal giorno della sua scomparsa in poi la storia di Maria Chindamo rimane avvolta nel mistero: nessun volto per il colpevole, tanti moventi che si accavallano e contraddicono tra loro, e nessun corpo. Aggredita davanti al cancello della propria azienda da due o più persone, gli inquirenti ritrovarono a bordo della sua auto, il cui motore era rimasto acceso, alcune tracce di sangue. La Procura della Repubblica di Vibo Valentia per anni ha indagato per omicidio, sequestro di persona e occultamento di cadavere. Da ben sei anni, però, di Maria non si ha più traccia, e la famiglia continua a chiedere che il muro di omertà che circonda la sua scomparsa venga infranto.
Fin dall’inizio, ci si concentrò su diversi particolari che nessuno credeva potessero essere coincidenze. Dall’assenza di alcuni operai che Maria avrebbe dovuto incontrare quella mattina, al fatto che l’auto verrà ritrovata senza alcuna impronta estranea. Ma, soprattutto, la manomissione di una telecamera che avrebbe potuto immortalare i tragici attimi di quel 6 maggio 2016. Nel luglio del 2019 viene anche arrestato un uomo, Salvatore Ascone, in passato coinvolto in diverse inchieste riguardanti la cosca Mancuso.
Ma il Tribunale del Riesame prima e la Cassazione poi ritengono che non vi siano prove sufficienti e rimettono in libertà Ascone. Nel corso degli anni sono emersi nuovi elementi, che si traducono in altri possibili moventi. Dietro alla scomparsa di Maria Chindamo potrebbe esserci anche la sua scelta di non piegarsi al potere delle cosche, rifiutandosi di cedere le proprie terre. Secondo quanto ha riferito Cossidente alla Dda di Catanzaro, Maria sarebbe stata uccisa per essersi opposta alla cessione di un terreno a Salvatore Ascone, proprio l’uomo indagato per l’omicidio dell’imprenditrice. Il corpo della donna sarebbe poi stato dato in pasto ai maiali o macinato con un trattore. A raccontare a Cossidente i fatti legati alla scomparsa di Maria Chindamo sarebbe stato Emanuele Mancuso, oggi collaboratore di giustizia, figlio del boss Pantaleone.
LE PAROLE DEL FRATELLO DI MARIA: “OGGI A LIMBADI LA RISPOSTA DELLA CALABRIA LIBERA PER NON DIMENTICARE”
Quella di oggi rappresenta un’ulteriore occasione per non dimenticare Maria. Il fratello di Maria Chindamo, Vincenzo, e i figli della donna, Federica, Vincenzino e Letizia, in tutti questi anni non hanno mai smesso di ricercare la verità.
“Quella odierna e’ stata una giornata straordinaria perche’ seppur nel dolore nel dover parlare e ricordare la tragica scomparsa di mia sorella Maria, aggredita, malmenata, rapita e probabilmente data in pasto ai maiali, oggi la risposta della Calabria libera c’e’ stata” – ha affermato proprio Vincenzo Chindamo, fratello di Maria, al termine della manifestazione organizzata a Limbadi, in provincia di Vibo Valentia.
“Maria – continua – e’ stata uccisa perche’ si voleva imporre il silenzio ad una donna libera, ma oggi abbiamo la risposta piu’ nobile da parte di tutta la comunita’: cittadini, studenti, lavoratori, la chiesa, le istituzioni, tutti uniti per dire che Maria non e’ stata messa a tacere e c’e’ la parte buona della Calabria che reagisce. Anche un gruppo di turisti da Milano si e’ unito a noi per chiedere verita’ e giustizia per Maria. Se e’ vero che solo una minima parte delle vittime innocenti della criminalita’ trova giustizia – ha concluso Vincenzo Chindamo – vuol dire che lo Stato deve fare di piu’ ed occorre liberare le risorse affinche’ questo territorio abbia uomini e mezzi per fare le indagini”.
Nell’immediatezza della scomparsa, avendo i Carabinieri rinvenuto solo l’auto di Maria Chindamo dinanzi al cancello dell’azienda agricola di Limbadi con lo sportello aperto e macchie di sangue sparse intorno (segno evidente di un’aggressione), l’allora procuratore di Vibo Valentia, Mario Spagnuolo, ed il pm Concettina Iannazzo avevano fatto perquisire dagli inquirenti – con l’aiuto dei cani molecolari giunti dalla Questura di Palermo – un’azienda agricola a Rosarno di proprieta’ dei familiari del marito di Maria Chindamo (Ferdinando Pontoriero), suicidatosi il 6 maggio 2015 dopo aver avviato le pratiche di separazione dalla moglie. Le ricerche, estese pure ad altri terreni, non hanno pero’ dato sinora alcun esito. La scomparsa di Maria Chindamo ebbe subito vasta eco nazionale e diverse sono state le pubbliche manifestazioni di vicinanza alla famiglia che non ha mai smesso di chiedere verita’ e giustizia per Maria. Le indagini non hanno portato al momento ad individuare gli autori della scomparsa.