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Arresti domiciliari nei confronti di due medici di base della Locride: indagate 144 persone per false certificazioni e truffa ai danni dello Stato

Il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria ha eseguito un’ordinanza di custodia
cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di due medici di base operanti nel territorio della locride, che
sono risultati indagati – unitamente ad altre 142 persone e a diverso titolo – per falso in atto pubblico commesso
da pubblico ufficiale e truffa ai danni dello Stato.
Il citato provvedimento restrittivo della libertà personale – emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari presso
il Tribunale di Locri, su richiesta della locale Procura della Repubblica diretta dal Dott. Giuseppe Casciaro –
costituisce l’esito di una complessa attività investigativa, che è stata avviata a seguito della presentazione di una
denuncia da parte di un privato cittadino ed è stata condotta dal Gruppo della Guardia di finanza di Locri, anche
con il ricorso a voluminose acquisizioni documentali e mirate attività di intercettazioni telefoniche e ambientali.
In particolare, allo stato del procedimento e fatte salve successive valutazioni in merito all’effettivo e definitivo
accertamento delle specifiche responsabilità, è emerso uno “scenario allarmante” nell’ambito del quale i suddetti
medici di base procedevano, in maniera “spregiudicata” e “disinvolta”, al rilascio di numerosi certificati di
malattia in favore di soggetti beneficiari – perlopiù braccianti agricoli – attestando periodi di infermità anche di
lunga durata, sovente come prosecuzione di precedenti certificazioni, senza effettuare alcuna visita medica.
Tali condotte di “esercizio distorto della professione medica” avrebbero consentito ai destinatari delle false
certificazioni di beneficiare indebitamente di numerose assenze sul posto di lavoro e la parassitaria percezione
illecita delle relative indennità di malattia, da parte dell’INPS, per un importo complessivo di quasi 70 mila euro.
Al riguardo, si precisa che i lavoratori stagionali del comparto agricolo hanno diritto alla predetta indennità nella
misura massima di 180 giorni annui qualora iscritti nell’apposito elenco e nel caso in cui nell’anno precedente o
in quello corrente abbiano svolto almeno 51 giornate di lavoro (nella circostanza in cui il lavoratore abbia
effettuato un numero di giornate inferiore, il limite massimo di giorni di malattia indennizzabili diminuisce in
proporzione).
Più nel dettaglio, gli accertamenti svolti hanno consentito di disvelare condotte illecite seriali, caratterizzate dal
rilascio in “ciclostile” di certificazioni sanitarie false, in tempi estremamente rapidi, talora basandosi su semplici
conversazioni tramite piattaforme di messaggistica telefonica o demandando a terzi il ritiro di certificati già
precompilati.

E’ risultato finanche che talvolta la durata della malattia veniva decisa al momento, anche in autonomia dai
pazienti stessi, arrivando a certificare per pazienti appartenenti al medesimo nucleo familiare la medesima
diagnosi (patologia al braccio e disturbi d’ansia) per il medesimo periodo temporale.
Emblematico è risultato il caso di una certificazione per “sindrome ansioso depressiva” con una prognosi di 20
giorni ritirata presso lo studio di uno dei due medici indagati in una mattina d’estate dalla madre dell’interessato,
un giovane bracciante agricolo, che al momento della certificazione della malattia era “tutt’altro che ammalato
ma serenamente a letto”, dopo aver fatto “le ore piccole” la notte precedente.
Ne è emerso un pericoloso “contesto d’illiceità diffusa” a danno della spesa pubblica – venendo sfruttate
fondamentali tutele assistenziali previste dalla legge in illecita fonte di arricchimento a cui attingere
indebitamente – su cui è sistematica e alta l’attenzione della Procura della Repubblica di Locri e della Guardia di
finanza di Reggio Calabria.
Si rappresenta, infine, che il procedimento penale attualmente versa nella fase delle indagini preliminari e,
pertanto, nei confronti di tutti gli indagati, sussiste il principio di presunzione di non colpevolezza.

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