Nonostante il rischio pioggia, la serata del 28 luglio si è accesa di poesia e riflessione davanti a un pubblico numeroso, radunato nella cornice della Libreria Mondadori Point di Palmi per la presentazione dell’opera prima di Nico Serratore, “Come scompaiono i calendari”, edita da Fallone Editore.
L’evento, organizzato in collaborazione con il gruppo culturale Kairòs, ha visto la partecipazione affettuosa e partecipe di lettrici e lettori, in un dialogo intriso di amore sincero per la poesia e per la cultura. Dopo i saluti introduttivi di Antonio Salerno (Kairòs), a dialogare con l’autore sono state Jessica Malagreca e Deborah Serratore, collaboratrici giornalistiche e attive all’interno di Kairòs e Calabria Condivisa, che hanno saputo restituire alla conversazione una dimensione calda, profonda e coinvolgente. La serata è stata impreziosita dalla presenza di Alessia Spatola, pittrice ufficiale del gruppo Kairòs_Mag, che ha realizzato in estemporanea un’opera ispirata ai versi dell’autore, trasformando il pensiero poetico in colore vivo.
Nico Serratore, project manager, docente, escursionista e musicista, si rivela nella sua opera come un poeta gentile, capace di offrire versi che calano l’ermetismo nel quotidiano e che – partendo da un io frammentato – inseguono la completezza nell’elevazione, nell’astrazione da un tempo svuotato di senso. “Come scompaiono i calendari” è un poema sul tempo e sulla sua labilità, ma anche sulla resistenza del pensiero poetico, che nel silenzio dei giorni sa ancora farsi voce.
La raccolta è un viaggio intimo e lucidissimo che attraversa il rumore di fondo della vita contemporanea per riconnettere parola e senso, visione e ritmo, gesto e ascolto. Serratore rifugge le gabbie delle convenzioni sociali, rifiuta i ruoli imposti, si sottrae ai ritmi accelerati della produzione e della finzione: la sua è una scrittura che, paradossalmente, resiste proprio dissolvendo, disfacendo il calendario come sistema, come prigione, come aspettativa.
Ogni poesia – come Trittico della notte, Tangram, Carnasciale o Del nostro Seurat resta poco – è un microcosmo in cui il tempo si rallenta, si osserva, si sfalda. Nei versi si avverte la tensione costante tra quotidiano e visione, tra desiderio di ordine e attrazione per il vuoto. L’io poetico non è più al centro: si sparpaglia, si perde, e proprio in questo spaesamento trova una libertà nuova.
La serata ha lasciato nei numerosi spettatori il gusto delle parole autentiche e il desiderio – struggente e liberatorio – di fuga da un io troppo intero, troppo chiuso nella propria struttura. È proprio in questa apertura all’incompiuto che risiede la forza silenziosa della poesia di Nico Serratore: una voce che non cerca il centro, ma la luce ai margini.