La sezione “Rosa Luxemburg” di Reggio Calabria annuncia la propria uscita da Sinistra Italiana.
“Non è una rottura dettata dall’orgoglio, né una reazione impulsiva. È una scelta politica necessaria, maturata alla luce di un metodo interno al partito che ha vanificato ogni possibilità di confronto e collaborazione, favorendo quel sistema di potere trasversale e ben radicato nel nostro territorio che premia la cieca fedeltà e punisce chi agisce con coerenza e militanza reale.
Abbiamo resistito a lungo, denunciando ciò che non funzionava, cercando un confronto sincero, proponendo soluzioni. Abbiamo persino presentato un ricorso formale, documentando una serie di irregolarità. Ma ci è stato risposto con il silenzio prima, con la delegittimazione e con le voci fatte circolare ad arte poi
Siamo stati i primi, e per mesi gli unici, a portare Sinistra Italiana a Reggio Calabria.
Quando nel resto della città il partito era un nome su una scheda o una sigla abbandonata ai margini, noi abbiamo costruito una sezione reale, viva, politica. Abbiamo scelto di intitolarla a Rosa Luxemburg perché credevamo – e crediamo ancora – che l’organizzazione debba servire il popolo, non il potere.
In pochi mesi abbiamo raccolto quasi 700 firme contro l’autonomia differenziata, contribuendo in modo decisivo alla mobilitazione cittadina. Abbiamo organizzato iniziative pubbliche importanti – tra cui una, disertata dagli organi regionali del partito, a sostegno della magistratura sotto attacco. Abbiamo promosso dibattiti, campagne, assemblee. Abbiamo autofinanziato ogni attività, fino a darci una sede fisica, nel cuore della città.
Non abbiamo fatto carriera, ma politica. Non abbiamo occupato ruoli, ma strade, piazze e spazi lasciati abbandonati proprio da chi oggi ci ostacola.
E tutto questo è avvenuto senza alcun supporto da parte del partito regionale, che ha preferito ignorare il lavoro reale per privilegiare figure note, funzionali solo agli equilibri interni ma completamente scollegate dal territorio.
Il congresso provinciale di Sinistra Italiana che si è tenuto ormai a marzo a Reggio Calabria è stato una farsa. Un evento che avrebbe dovuto rappresentare la massima espressione di democrazia interna si è invece consumato nella totale opacità e nella violazione sistematica delle regole più elementari di partecipazione, nella più becera tradizione della stragrande maggioranza della politica calabrese.
Nonostante la sezione Rosa Luxemburg fosse attiva, radicata e formalmente riconosciuta dal partito, non abbiamo ricevuto alcuna convocazione ufficiale. Non l’abbiamo ricevuta noi e non l’hanno ricevuta moltissimi iscritti. Il congresso si è svolto in una totale assenza di trasparenza, come se la legittimità potesse essere autoproclamata e non costruita attraverso il coinvolgimento reale della base.
Le gravi irregolarità documentate nel ricorso che abbiamo presentato parlano da sole:
· Non è stato ha redatto alcun verbale ufficiale dell’assemblea congressuale.
· Non è stata eletta alcuna commissione, né di verifica poteri né di garanzia del voto;
· Non è stato preso alcun elenco delle presenze, rendendo impossibile sapere e verificare realmente chi abbia votato e in quale numero;
· Non sono stati resi noti i criteri di attribuzione del numero di delegati votanti, nonostante le nostre ripetute richieste.
· I numeri certificati dell’elezione del segretario non sono mai stati resi pubblici. Neppure verbalmente. Nessuno ha mai avuto accesso a dati ufficiali: solo voci, ricostruzioni approssimative e cifre impossibili da verificare.
Si è permesso che un’assemblea si celebrasse senza alcuna forma di controllo democratico, trasformando un momento fondamentale per la vita del partito in un’operazione di potere. Non c’è stato dibattito, non c’è stata apertura, non c’è stata neppure una simulazione di correttezza procedurale. Solo nomi già imposti dall’alto.
In un partito che si definisce democratico, tutto questo sarebbe stato motivo di annullamento immediato. In Sinistra Italiana, invece, è stato considerato normale.
Siamo consapevoli che chi ha partecipato e chi ha taciuto ha tratto beneficio da questa impostura. Ma noi non ci stiamo e non lasceremo che il nostro impegno politico venga infangato da chi usa i partiti come copertura per piccole operazioni di potere personale.
Poco prima dell’inizio del congresso, il Segretario Regionale di Sinistra Italiana in Calabria Pignataro ha espresso in modo inequivocabile al segretario Francesco Nicolò – segretario dell’unica sezione legittima ed esistente al momento del congresso – la visione di democrazia interna che guida la sua azione, affermando che la decisione del segretario provinciale a Reggio Calabria spettasse a lui.
Questa è una confessione politica. Una dichiarazione di autorità feudale, non degna neppure della peggiore corrente democristiana. È l’espressione limpida di una concezione padronale del partito, in cui gli organismi sono comparse, i congressi sono ratifiche, gli iscritti sono utili idioti da convocare – quando va bene – a giochi già chiusi.
E quando abbiamo alzato la testa, ci è stato proposto un premio di consolazione: la vicesegreteria provinciale. Un’offerta figlia delle solite logiche di spartizione, utile solo a ricomprare il consenso in cambio della rinuncia a cambiare una città che stenta politicamente a spiccare il volo.
A chi si chiede com’è potuto accadere tutto questo all’interno di un partito che si definisce democratico e progressista, rispondiamo con chiarezza: non si tratta di un errore, ma di un metodo. È il metodo di Sinistra Italiana in Calabria. Un metodo basato sulla prepotenza, sull’esclusione, sull’umiliazione delle voci libere e sull’imposizione di decisioni già prese altrove, da pochi uomini che si comportano come padroni.
Il fatto che a gestire la linea del partito siano personaggi come Fernando Pignataro, e che la segreteria provinciale sia stata assegnata a Demetrio Delfino, che ha accettato un incarico affidatogli senza discussione e con una votazione fantasma, è la misura esatta della crisi della politica. È la fotografia di un gruppo dirigente incapace di ascoltare, allergico al conflitto reale, ossessionato dal controllo e totalmente scollegato dalla base.
A chi oggi accetta questo metodo – per calcolo, per tornaconto, per paura – diciamo solo: non è questa la politica che serve al Paese. È il suo fallimento.
In un momento storico in cui la sinistra dovrebbe interrogarsi su come ricostruire il rapporto con i territori, con le giovani generazioni, con chi ogni giorno prova a dare senso alla politica fuori dai palazzi, Sinistra Italiana ha scelto la via più vecchia, più comoda, più codarda: distruggere ciò che non controlla.
Ha scientemente annientato l’unica sezione della provincia ad avere una guida giovane, autonoma, radicata: una realtà composta da ragazzi e ragazze che hanno scelto di restare a Reggio Calabria e impegnarsi politicamente, quando tutto attorno invitava ad andarsene. Ha silenziato un’esperienza generazionale che poteva rappresentare la speranza concreta di un rinnovamento non a parole, ma nei fatti.
Invece di lavorare insieme a chi era pronto a costruire un gruppo dirigente nuovo promuovendo una discontinuità reale, Sinistra Italiana ha preferito offrire rifugio all’establishment locale, riciclando volti noti della politica cittadina che per anni sono stati fianco a fianco, anzi complici e migliori amici, di un’amministrazione che noi giudichiamo fallimentare in ogni aspetto.
Non solo non hanno costruito alcuna alternativa: sono stati parte integrante di quel disastro politico finché non ne sono stati espulsi, cacciati da quella stessa amministrazione a cui avevano tenuto bordone. Solo allora, con l’opportunismo tipico dei peggiori professionisti della sopravvivenza, hanno bussato alle porte di Sinistra Italiana in cerca di ricollocamento, alla ricerca del prossimo corpo politico da svuotare.
È una scelta miope, autodistruttiva. Una scelta che allontanerà ancora una volta i giovani, gli attivisti, i cittadini che desiderano migliorare questa città.
Sinistra Italiana si vuole presentare qui a Reggio come “alternativa”. Ma a cosa o a chi?
Chi tradisce i giovani tradisce il futuro.
E chi lo fa in una città come Reggio Calabria – già martoriata da anni di emigrazione, solitudine e abbandono – non è solo responsabile di un errore politico: è complice del suo declino.
Abbattere la nostra sezione non è solo un colpo basso alla militanza:
è un colpo mortale alla credibilità della Politica.
Ci viene detto che dobbiamo rassegnarci. Che la politica “funziona così”. Che bisogna accettare i compromessi, fare squadra, non disturbare il manovratore. Ma a noi questa sinistra non interessa.
Noi non crediamo in una sinistra che si definisce alternativa alla destra solo perché indossa una maschera diversa, ma che nella pratica riproduce le stesse logiche di esclusione, verticismo, blindatura del potere.
Non ci riconosciamo in una sinistra che ha perso il linguaggio, la rabbia, la visione. Che ha scelto di diventare establishment, riducendosi a circolo diplomatico della moderazione, somigliando sempre più a ciò che avrebbe dovuto combattere.
Non vogliamo far parte di quella sinistra che si riempie la bocca di rinnovamento, mentre punisce ogni tentativo autentico di costruirlo dal basso.
La nostra scelta non è di retroguardia, non è di testimonianza. È l’opposto.
È la volontà di ricominciare da ciò che vale: la coerenza, l’autonomia, la verità. È l’idea che la sinistra possa ancora essere una forza viva, popolare, capace di cambiare le cose. Ma per esserlo, deve disintossicarsi dalla politica politicante, dalla paura del conflitto, dal riflesso automatico del compromesso.
A chi ha taciuto e a chi ha approfittato.
A chi non ha avuto il coraggio di alzare la voce e di schierarsi, perché convinto che il silenzio sia più redditizio della coerenza. A chi si è aggrappato a un ruolo e a chi oggi dice “io non c’entro”, ma ha beneficiato in silenzio dell’ingiustizia, e anzi ci ha costruito sopra la propria ascesa. A tutti loro diciamo: non esistono zone neutre in politica.
Non esiste “non prendere parte”.
Chi non sta da una parte o dall’altra della barricata, è la barricata.
Il nostro impegno politico proseguirà comunque in altre forme, con la coerenza e la dignità di chi crede ancora che un cambiamento non sia solo auspicabile ma possibile”.