“A volte bisogna rischiar, fare altre cose. Occorre rinunziare ad alcune garanzie perché sono anche delle condizioni” - Tiziano Terzani
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Berlusconi, il governatore Toti: “Bisognerebbe intitolargli il Ponte sullo Stretto”

“C’è più di Berlusconi fuori che dentro Forza Italia”. Così Giovanni Toti, governatore della Liguria, in un’intervista al Secolo XIX, il giorno dopo la morte di Silvio Berlusconi parla del futuro di Forza Italia, un partito che “non rappresenta l’eredità del berlusconismo ma solo una parte di quell’eredità. E’ stato il suo simbolo, la maglia della squadra con cui ha sempre giocato. Ai dirigenti di quel partito spetta coglierne un pezzo – ha detto Toti -, spero che siano in grado di aprire un ragionamento che inverta la tendenza di questi anni, in termini di aggregazione e dialogo con tutto il mondo della diaspora: ci sono sindaci, presidenti di Regione, parlamentari che sono culturalmente e politicamente figli del berlusconismo”.

Toti, nell’estate del 2019, è stato per 40 giorni coordinatore nazionale di Forza Italia. Poi la rottura. “Forza Italia era in declino di consenso e di idee – ha detto -. Pensavo occorresse cambiare lo schema di gioco: da un partito graniticamente rappresentato solo da un fondatore in attesa di un delfino per via dinastica, a un partito che si preparasse a diventare una comunità di pari, come la Dc dopo De Gasperi. Berlusconi, da centravanti di sfondamento, non comprese il mio suggerimento. Ma era sbagliato anche da parte mia pensare che un leader politico si facesse da parte da solo, soprattutto nel caso di una personalità capace di influenzare la vita politica per trent’anni. Era un dialogo tra sordi”. Adesso “si apre una fase politica più complessa, la Seconda Repubblica era basata su Silvio Berlusconi. L’eredità non può che essere parcellizzata”.

Infine il ricordo personale: “Berlusconi è stato dipinto come un estremista ma in realtà era un estremista della moderazione. Anzi, a volte l’abbiamo accusato di essere morbido nella gestione del potere. E il potere lo annoiava. Amava il consenso, e trasformarlo in cose concrete come l’alta velocità o la modernizzazione del Paese. Bisognerebbe intitolargli il Ponte sullo Stretto, era uno dei temi su cui si arrovellava di più”.

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