di Claudio Cordova – Il Tribunale del Riesame ha disposto la liberazione dei tre fratelli Francesco, Giovanni e Filippo Gironda rispettivamente di 74, 72 e 63 anni, agli arresti domiciliari da circa un mese perché coinvolti nell’inchiesta “Revolvo” coordinata dal procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri, dall’aggiunto Giuseppe Lombardo e dal sostituto della Dda Sara Amerio condotta dalla guardia di finanza.
Secondo le indagini della Dda di Reggio Calabria, i tre imprenditori sarebbero stati a capo di una struttura che, “si porrebbe in diretto rapporto con diverse famiglie mafiose del territorio reggino, assicurandosi l’esecuzione di moltissime attività di edilizia pubblica, poi ridistribuite all’interno del gruppo e a ditte “di fiducia” attraverso lo strumento del subappalto”.
Da qui l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e di altri reati come la turbativa d’asta, aggravati dalle modalità mafiose. I Gironda avrebbero avuto rapporti con la cosca Serraino-Rosmini. L’inchiesta, infatti, è il seguito di “Araba Fenice” e poggia le sue basi sulle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Giuseppe Stefano Tito Liuzzo. Proprio sulla demolizione delle accuse dei collaboratori di giustizia (tra gli altri anche Paolo Iannò, Roberto Moio e Nino Fiume) si è concentrata la difesa degli avvocati Carlo Morace e Giuseppe Alvaro (per Francesco e Giovanni Gironda) e di Pasquale Foti (per Filippo Gironda).
Le aziende degli imprenditori arrestati, secondo gli inquirenti, rappresentavano a “tutti gli effetti il mezzo attraverso li quale porre in essere le condotte delittuose che hanno riguardato plurimi appalti pubblici indetti dal Comune di Reggio Calabria”. Nell’inchiesta, peraltro, risultano coinvolti e indagati anche sette funzionari del Comune di Reggio Calabria.
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Ma oggi, a distanza di circa un mese dall’emissione dell’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari, arriva la pronuncia del Tdl, che ha disposto la liberazione dei tre.