La Corte d’Appello di Reggio Calabria (presieduta dalla dott.ssa Caterina Asciutto; consiglieri: dottori Massimo Minniti e Claudio Treglia) ha disposto nei confronti di Fazzalari Salvatore, cl. 1942, difeso dall’avvocato Antonino Napoli, la sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari.
Lo rendono noto gli stessi legali di Fazzalari.
Fazzalari, tratto in arresto nel dicembre del 2017 nell’ambito dell’operazione Terramara Closed, nel primo grado di giudizio, svoltosi con rito abbreviato, era stato condannato a 16 anni di reclusione in quanto ritenuto capo promotore dell’omonima cosca.
In grado d’appello, il Collegio reggino (presieduto dal dott. Leonardo, con a latere le dottoresse Ascioti e Monaco), previa riqualificazione della fattispecie penale contestata da quella di capo promotore a quella di mero partecipe, ha rideterminato la pena inflitta in anni 12 e mesi 4.
Successivamente al suo arresto il Ministro della Giustizia aveva disposto nei suoi confronti l’applicazione del 41bis Ordinamento Penitenziario (cosiddetto carcere duro).
Durante la detenzione in regime speciale presso la Casa Circondariale di Milano-Opera si è registrata una repentina ingravescenza delle condizioni di salute del Fazzalari. Tale contesto ha indotto il difensore, avvocato Antonino Napoli, a rivolgersi al Giudice dell’Appello per ottenere la sostituzione della misura in essere con quella degli arresti presso il domicilio.
Dopo una CTU medico-legale – che ha accertato la severità dei problemi di salute del Fazzalari ritenendoli, tuttavia, gestibili, in ambito inframurario, in un contesto di elevata assistenza sanitaria – la Corte d’Appello di Reggio Calabria aveva disposto l’urgente trasferimento dello stesso presso un Istituto dotato di un reparto di medicina protetta.
Non avendo l’Amministrazione penitenziaria provveduto al predetto trasferimento al fine di effettuare le indagini diagnostiche necessarie all’adeguamento della terapia farmacologica praticata e a garantire un più intenso monitoraggio della situazione sanitaria del paziente, che col trascorrere del tempo è, peraltro, peggiorata, la difesa dell’anziano uomo ha compulsato, ancora una volta, il competente Tribunale.
A seguito di questo sollecito l’organo giudicante ha ordinato un’integrazione della già espletata CTU medico-legale la quale – constatato un evidente aggravamento dello stato di salute del malato – ha ritenuto le condizioni cliniche di Fazzalari non gestibili in ambito penitenziario e pertanto incompatibili con lo stato detentivo.
Il Direttore DAP, nonostante l’ordinanza della Corte di Appello che disponeva il trasferimento presso idoneo CDT, da individuarsi a cura dell’Amministrazione Penitenziaria, aveva comunicato l’intenzione del proprio ufficio a non variare la sede di detenzione né, per come accertato dal Perito, il detenuto era stato sottoposto alle indagini specialistiche richieste emergendo, pertanto, un perdurante ritardo nell’esecuzione delle necessarie prestazioni sanitarie; circostanza che induce a riflettere sulla tutela del diritto di salute, ed in generale alla dignità del malato, in ambito carcerario.
A fronte di quanto evidenziato la Corte d’Appello adita – preso atto dell’indisponibilità, comunicata dal Direttore Generale del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP), di variare la sede di detenzione del recluso – ha accolto l’istanza presentata dall’avvocato Napoli, disponendo la modifica della misura e l’immediato trasferimento dell’imputato presso il domicilio da lui prescelto.