Dall’1 al 15 di aprile, tredici ragazzi della scuola “Saint-Adrien Val Duchesse” di Bruxelles accompagnati da tre professori e due volontarie dell’associazione “Quinoa”, sono impegnati in un viaggio studio in Italia sulla tematica delle migrazioni.
Tappa obbligata la Calabria, da secoli terra di emigrazione e recentemente di grande immigrazione, con il soggiorno dal 5 al 13 aprile a Camini (RC), presso la cooperativa sociale Euroccopop “Jungi Mundu”, presieduta da Rosario Zurzolo, che dal 2011 gestisce il progetto SAI (sistema accoglienza integrazione) occupandosi dell’accoglienza di persone migranti e del loro reinserimento sociale, lavorativo ed economico.
«Il viaggio è stato preceduto da un percorso pedagogico impegnativo, organizzato dall’associazione bruxellese “Quinoa” che si occupa di scambi interculturali con partner internazionali e sovranità alimentare – spiega Chiara Filone, referente dell’associazione “Quinoa” –. Prima della partenza i ragazzi hanno ricevuto una formazione sulle tematiche dell’interculturalità, della colonizzazione e delle nuove forme di colonialismo (a ragione del loro impatto sulle condizioni economiche dei paesi impoveriti e quindi sugli spostamenti di queste popolazioni) e una giornata sulle migrazioni con l’incontro di associazioni e attori locali (a Bruxelles) impegnati sulla tematica. Un percorso denso e lungo, da ottobre scorso ad oggi, che li ha preparati all’immersione in Italia, sovente Paese di primo arrivo delle persone migranti».
Una preparazione necessaria visto che il progetto ha l’ambizione di decostruire i pregiudizi sulle migrazioni attraverso un approccio interculturale e sistemico, offrire chiavi di lettura critiche per scardinare la narrativa sulle migrazioni trasmessa dai media e dalla politica e in un secondo tempo offrire degli spunti per un eventuale impegno politico o nel volontariato per i giovani. Una narrativa ribaltata poiché il progetto, così come i partner scelti per l’immersione in Italia, pongono l’essere umano e l’incontro (e non le ragioni economiche o gli interessi geopolitici) al centro dell’apprendimento.
Prima dell’arrivo nel borgo calabrese, il viaggio ha visto una sosta a Milano presso gli sportelli di “Naga”, un’associazione di volontariato laica ed indipendente che fornisce assistenza sanitaria, sociale e legale per stranieri. In seguito, a Roma, presso il progetto della Federazione delle Chiese Evangeliche “Mediterranean Hope”, alla scoperta dei corridoi umanitari, oggigiorno l’unica alternativa sicura e legale alle traversate nel mediterraneo, purtroppo divenuto cimitero per i migranti provenienti dal continente africano e asiatico.
La permanenza a Camini porta gli studenti in contatto con la realtà dell’accoglienza e dell’integrazione, avendo modo di conoscere i migranti con le loro storie e di assistere al lavoro quotidiano dello staff della Eurocoop, e ha anche permesso loro di visitare Riace, borgo precursore e simbolo dell’accoglienza in Italia e nel mondo, e le cooperative “SOS Rosarno” e “Mani e Terra”, conosciute per il loro impegno nella lotta contro lo sfruttamento agricolo delle persone migranti e nella produzione biologica di agrumi, frutta e ortaggi.
«Con le pance piene delle buone arance di Rosarno trasportate fino a Camini, le attività presso la cooperativa non mancano: gli incontri con i vari beneficiari del progetto, con le loro storie dense e drammatiche e lo scambio con gli operatori che gravitano intorno a Jungi Mundu, rappresentano una scuola di vita importante per i giovani belgi che si recano qui. Per di più, i ragazzi sono impegnati giornalmente nei diversi laboratori della cooperativa: ceramica, costruzione, liuteria, forno, arte creativa, l’associazione di tessitura Ama-là (gestita dalle donne beneficiarie del progetto). I laboratori sono gestiti da persone di Camini, dai beneficiari del progetto e da alcune famiglie migranti ormai residenti qui e permettono ai ragazzi di avere un’idea delle attività artigianali locali contaminate dal sapere delle persone migranti, attività che hanno permesso ad alcuni di loro di formarsi, imparare un mestiere e trovare lavoro all’esterno una volta terminato il progetto SAI – conclude Chiara Filone –. Per il tramite degli atelier i giovani belgi hanno vissuto sulla loro pelle lo scambio culturale, il “miracolo” di Camini e hanno potuto confezionare qualcosa di proprio (un oggetto, un’opera d’arte, uno strumento musicale) che da donare all’associazione o custodire come ricordo di questa incredibile esperienza!».