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Strage di Steccato di Cutro. La Rete 26 febbraio non dimentica, un anno dopo in attesa di verità e giustizia

“Verità, giustizia e basta morti in mare”. Risuona ancora potente la richiesta urlata dai sopravvissuti e dai familiari delle vittime del naufragio di Cutro che hanno partecipato dal 24 al 26 febbraio alle manifestazioni organizzate dalla Rete 26 febbraio nella ricorrenza dell’anniversario di quella strage. Proprio grazie alla Rete 26 febbraio – che comprende oltre 450 associazioni di tutta Italia – è stato possibile far arrivare a Crotone 12 superstiti e 34 familiari delle vittime del naufragio di Steccato di Cutro. Sono arrivati da Germania, Francia, Stati Uniti, Finlandia, da altre città d’Italia e della Calabria.  Sono stati propri loro i protagonisti delle tre giornate perché la Rete 26 febbraio – in ognuna delle iniziative organizzate – ha lasciato loro la parola per raccontare le storie e permettere di ribadire le richieste e denunciare, ad un anno dalla tragedia, le mancate promesse dal governo italiano, sull’impegno per i ricongiungimenti con i familiari. Oltre all’esposto collettivo presentato lo scorso anno e tuttora pendente presso il Tribunale di Crotone per chiedere di fare luce sulla morte di 94 persone e altri dispersi a Steccato di Cutro e sulle responsabilità nel mancato soccorso, i familiari hanno manifestato la volontà di intentare anche una causa civile risarcitoria contro lo Stato italiano, per quanto accaduto il 26 febbraio scorso.

 

Sono state giornate intense iniziate con la partita amichevole promossa da ResQ servita per lanciare attraverso lo sport il messaggio di solidarietà ed integrazione e sostenere la causa della Ong che si occupa di soccorrere le barche dei migranti nel Mediterraneo. In campo anche alcuni familiari delle vittime del naufragio. “La presenza di navi di soccorso delle Ong è un falso problema. Il 2023 è stato un anno record di sbarchi, ma è angosciante per il numero di vittime, 2.500, e per quello delle persone riportate in Libia, 15.000. In tutto questo le navi di soccorso hanno salvato circa il 6% delle persone arrivate in Italia” ha detto Luciano Scalettari, presidente di ResQ. Alla partita ha preso parte anche il sindaco di Verona, Damiano Tommasi e l’ex capitano del Crotone Calcio Antonio Galardo.

 

Di forte impatto emotivo la mostra fotografica “I sogni attraversano il mare” del fotoreporter Giuseppe Pipita curata dal Crotonese che con 94 immagini, tante quante le vittime del naufragio, ha ricordato quanto accaduto in quei drammatici giorni. Una esposizione anche apprezzata dai superstiti e dai parenti delle vittime che hanno rivisto in quelle fotografie il dramma vissuto, ma anche la grande solidarietà mostrata dalla società civile. Una donna ha ritrovato in una immagine i guantini del fratellino deceduto a Steccato: la foto – ha detto – era l’unica cosa rimasta del fratellino.

Potente la rappresentazione teatrale curata da un gruppo di attori afgani rifugiati in Italia e realizzata dal Théâtre de Mahoor, una compagnia di donne e uomini di origine afghana, che vivono a Parigi, diretti dal regista scappato dall’Afghanistan Rahguzar Nazir. Una pièce silenziosa, che racconta la situazione attuale in Afganistan dove alle donne è impedito studiare, è impedito affermarsi. Per questo si scappa da quei Paesi governati da regimi autoritari e fondamentalisti, da guerre o alla ricerca di migliori condizioni di vita. Per questo si rischia la vita per mare perché non ci sono alternative: meglio affrontare i pericoli di un viaggio in mare che morire ogni giorno. “I talebani uccidono i nostri giovani, ci portano via le donne, bruciano i libri chiudono le scuole e le università e tu non hai diritto di respirare” ha detto una delle attrici leggendo una lettera alla fine della commedia. Donne che, però, come ha letto l’attrice, si rialzano.

Donne forti come quelle che domenica 25 febbraio erano in prima fila alla marcia per ricordare l’anniversario del naufragio svolta nonostante un uragano di vento e pioggia battente. Una manifestazione simbolicamente potente svolta nonostante il maltempo a ribadire la determinazione nella battaglia per i diritti umani, per i corridoi umanitari, per i ricongiungimenti. Il dibattito svolto nel museo Pitagora ha sottolineato ancora una volta le richieste di superstiti e familiari delle vittime della strage di Steccato di Cutro: il diritto a potersi ricongiungere con i propri familiari e verità su quanto accaduto il 26 febbraio 2023 per chiarire i ritardi dei soccorsi, ma anche la denuncia delle attuali condizioni dei sopravvissuti nei campi per migranti in Germania.

Nel corso del dibattito l’ammiraglio Vittorio Alessandro, ex portavoce della Guardia costiera ha affermato: “Noi dobbiamo gridare, rivendicare il diritto di sapere quello che è successo perché non succeda ancora. Si vedeva che c’erano persone a bordo della barca e che le condizioni del mare sarebbero molto peggiorate e che la barca non sarebbe mai arrivata in porto. C’erano infatti tutte le condizioni affinché si intervenisse subito e adesso la magistratura deve dare delle risposte e spero che l’inchiesta non si fermi solo ai livelli più bassi”.

Duro l’intervento di Orlando Amodeo, primo dirigente della polizia di Stato in pensione, che ha parlato del naufragio di Cutro “come di una Strage di Stato” ed ha ricordato che nel corso della sua carriera era intervenuto in soccorsi alle navi con mare forza 7: “Quando un ministro dell’interno dice che non si può uscire con mare forza 4 quel ministro mente”. Lidia Vicchio di ASGI ha ribadito l’assenza delle istituzioni prima, durante e dopo il naufragio, nonché delle gravi ripercussioni del cosiddetto decreto Cutro sui diritti delle e dei cittadini stranieri alle frontiere e sul territorio italiano; inoltre ha ricordato l’esposto presentato un anno fa per accertare le effettive responsabilità di chi aveva l’obbligo di intervenire e soccorrere. Silvia Di Meo di Mem.Med ha sottolineato la centralità della lotta per verità e giustizia di famiglie e sopravvissuti che, da Cutro ad altre zone di confine, denunciano ogni giorno la violenza del regime di frontiera, che si estende anche ai CPR. Ha ricordato che le responsabilità di queste stragi non ricadono solo sul governo Meloni ma anche sui precedenti, complici dello sterminio che va avanti da anni, anche grazie agli accordi stretti dall’UE e dall’Italia con i Paesi terzi.

Il clou delle iniziative inserite nel programma della Rete 26 febbraio è stata la veglia sulla spiaggia di Steccato di Cutro alle 4 del mattino di lunedì 26 febbraio 2024. Una manifestazione aperta a tutti e promossa da Crotonenews.com che ha coinvolto emotivamente le centinaia di persone che hanno partecipato. Tra loro anche alcuni dei sopravvissuti e dei familiari delle vittime che hanno avuto la forza di tornare in quel luogo. “Ho rivissuto le stesse emozioni di quel giorno, quando la barca è affondata ed è stato molto difficile” ha raccontato Samir, diciottenne afghano che si è salvato aggrappandosi ad un pezzo di legno. “I soccorsi sono arrivati tardi – ricorda – avevamo visto una luce e pensavamo fossero i soccorsi invece quando siamo giunti sulla spiaggia non c’era nessuno”.

La tre giorni di iniziative si è conclusa dando ancora voce ai superstiti ed ai familiari delle vittime. Zahra Barati, che ha perso suo fratello la notte del naufragio, Gulaza Jamshidi che ha perso dei membri della sua famiglia, Lailuma Nudrat che invece ha perso la mamma in quella tremenda notte hanno ribadito la loro delusione nei confronti del governo Meloni che, in merito alla questione del ricongiungimento familiare, “non ha mantenuto le promesse che ci aveva fatto. Ci aveva promesso di far venire i nostri familiari in Europa e questa promessa non è stata mantenuta”. L’ex ambasciatore della Repubblica islamica dell’Afghanistan, Khaled Ahmad Zekriya, che ha partecipato alla tre giorni di commemorazione organizzata dalla Rete, ha dichiarato le sue preoccupazioni nei confronti dei superstiti afghani in Germania, spiegando che “le loro condizioni di vita nei campi di accoglienza sono brutte. Mi hanno riferito che loro sono lì da un anno ma solo tre mesi fa il governo tedesco ha scoperto che loro sono sopravvissuti al naufragio”. Waffo Sohdeyo, cittadino del Camerun, ha descritto quello che accade nel Mediterraneo e alle frontiere, la frequenza di stragi e di morti che non fanno rumore e di cui non si sa nulla. E’ stato inoltre evidenziato che tra le vittime della strage, se la maggioranza proveniva dall’Afghanistan, altri arrivavano da Pakistan, Iran, Somalia, Tunisia, Palestina, Turchia ed è stato rappresentato che molti familiari non hanno potuto partecipare alla commemorazione per le politiche di frontiera e impossibilitati ad ottenere un visto, come ad esempio i familiari dalla Tunisia o per il genocidio attualmente in corso a Gaza.

Come Rete 26 febbraio – dice Manuelita Scigliano, portavoce della Rete 26 febbraiosiamo felici della riuscita di queste giornate e non possiamo che ringraziare quelli che hanno collaborato dandoci una mano ed il supporto reale. Ma non possiamo non ringraziare sopravvissuti e familiari delle vittime del naufragio che sono tornati qui a distanza di un anno e che hanno espresso parole di gratitudine ed affetto nei nostri confronti. Non era solo un momento di commemorazione ma un impegno ben preciso per portare avanti e diffondere le loro istanze e richieste sia per pretendere che si facciano riflessioni più serie e lungimiranti su gestioni dei flussi migratori. Il grido dell’anno scorso è quello di quest’anno: mai più morti in mare, mai più morti alle frontiere. Crediamo nella potenza e nella forza della Rete 26 febbraio che è fatta di organizzazioni diversissime, piccole associazioni e grandi Ong, che hanno modelli organizzativi diversi, sensibilità diverse, ma che hanno compreso come la condivisione dei valori sia una forza immensa”.

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