Dal 22 al 25 ottobre 2025, Bologna ha ospitato il 58° Congresso Nazionale della Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (SItI), un appuntamento che ha posto al centro del dibattito la riorganizzazione dell’assistenza territoriale. Tra i temi principali, l’esperienza dei Centri di Assistenza e Urgenza (CAU), un modello che in Emilia Romagna è già operativo e sta offrendo risultati incoraggianti. I CAU sono strutture sanitarie pensate per rispondere ai bisogni urgenti di salute a bassa complessità, in alternativa al Pronto Soccorso. All’interno lavorano medici di continuità assistenziale e infermieri qualificati, pronti ad accogliere pazienti con accesso diretto, sette giorni su sette, garantendo una risposta rapida ed efficace ai cosiddetti Codici Bianchi e Verdi. In molti casi, si tratta di prestazioni che, fino a oggi, finivano per gravare inutilmente sui Pronto Soccorso ospedalieri. In Emilia Romagna, dove i CAU sono già attivi all’interno di ospedali e Case di Comunità, si registra una media di 15000 prestazioni per centro, segno di una risposta concreta al problema del sovraffollamento.
Durante il Congresso, Martino Rizzo, Direttore Sanitario dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, ha offerto una riflessione sulle sfide che il modello territoriale incontra nei contesti più complessi. «L’obiettivo – ha spiegato Rizzo – deve restare quello di garantire equità di accesso ai servizi sanitari. Tuttavia, in territori vasti come quello dell’Asp di Cosenza, che si estende per oltre 6700 chilometri quadrati, con una densità abitativa di circa 100 abitanti per chilometro quadrato, è difficile assicurare la stessa prossimità che si può garantire in aree più concentrate». Rizzo ha messo in evidenza come la questione non riguardi solo la Calabria, ma anche altre realtà italiane caratterizzate da territori ampi e popolazione dispersa. «Garantire una sanità territoriale realmente accessibile significa – ha aggiunto – costruire una rete efficiente tra strutture, professionisti e comunità. Le Case di Comunità e i CAU possono rappresentare un passo decisivo in questa direzione, ma devono integrarsi pienamente con i medici di medicina generale e con le altre figure sanitarie del territorio». La sinergia con i medici di base viene indicata come elemento determinante per la riuscita di questo nuovo assetto organizzativo. Solo un coordinamento stretto tra professionisti e una condivisione degli obiettivi possono tradurre l’idea di “sanità di prossimità” in un servizio reale per i cittadini.
Nel suo intervento, Rizzo ha ricordato che la transizione in atto, sostenuta dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, mira a portare la sanità più vicina alla persona, attraverso strutture diffuse sul territorio, capaci di intercettare il bisogno di cura prima che si trasformi in emergenza. «La prossimità non è solo una questione geografica – ha concluso – ma di relazione e fiducia. Serve un sistema capace di ascoltare e di rispondere, con competenza e umanità, alle necessità di ogni cittadino». Il dibattito di Bologna conferma l’attenzione crescente verso un modello di assistenza territoriale moderno e sostenibile, in cui Case di Comunità e Centri di Assistenza e Urgenza diventano punti di riferimento per una sanità più equa, accessibile e vicina alle persone.
