I bar sono sempre di meno luoghi di ritrovo. Una sorta di destino inesorabile che non è frutto del caso, ma di un cambiamento profondo che negli ultimi decenni ha modificato le nostre abitudini. Un cambiamento che ha visto l’interazione digitale schiacciare quasi ogni tipo di relazione umana. Luoghi, sensazioni, odori, sapori che appartenevano alla quotidianità si sono trasformati in like, follower, faccine social e visualizzazioni da TikTok.
Una forzatura dei tempi, un declino relazionale che rappresenta con precisione ciò che siamo diventati oggi: più connessi con l’universo intero, ma molto meno a fuoco con il mondo che ci circonda da vicino. Ci ritroviamo a dialogare con l’idea di una comunità globale, dimenticando spesso che le comunità locali, quelle fatte di sguardi, parole e piccoli gesti quotidiani, sono l’anima della nostra esistenza.
Ecco allora che luoghi di ritrovo come il bar La Conca d’Oro di Castrolibero diventano simboli di resistenza culturale, spazi capaci di resistere al tempo, oltre le mode del momento e l’iperconnessione dilagante. Non semplici bar, ma centri nevralgici dove l’umanità continua a riconoscersi.
Damiano Morrone, deus ex machina della Conca d’Oro, lo sa bene. Il suo non è solo un bar: è un luogo che lega l’appartenenza a un territorio – quello di Castrolibero – con la fedeltà ai sapori tradizionali e alla cultura dell’accoglienza.
«Oggi è sempre più difficile creare interazioni umane – racconta Morrone –. Noi, nel nostro bar, teniamo alto il vessillo della comunicabilità fra persone. Non è solo venire qui e prendere un caffè, un cappuccino o un cornetto: è un ritrovo dove ci si confronta, si discute e si prende un po’ di tempo da questa vita frenetica.»
Dal 1976, quando decise di investire sul territorio di Castrolibero, Morrone porta avanti la sua attività con una convinzione precisa: difendere i luoghi della memoria collettiva. Una scelta che oggi rivendica con orgoglio.
«Oggi parlo del mio bar – aggiunge – ma facendolo mi sento di parlare a nome di tutti. Ogni attività radicata sul territorio ha una marcia in più, perché rappresenta il passato, il presente e il futuro di una città. Quante volte ci ricordiamo di un posto perché lì vicino c’è un bar iconico o una pasticceria storica? Questi sono segni del tempo che non cedono alla modernità.»
Il valore di queste realtà non sta solo nella qualità dei prodotti, ma nella loro capacità di custodire simboli e tracce d’identità, elementi che diventano patrimonio di un’intera comunità.
«La vera sfida di oggi – prosegue Morrone – non è tanto portare avanti i nostri prodotti con fedeltà, quello lo faremo sempre. La sfida è resistere alle cosiddette stanze digitali che portano tanti giovani a chiudersi a riccio. Io credo che il mondo digitale sia fondamentale anche per la promozione delle attività, ma l’essenza di un dialogo a tu per tu nel mondo reale non ha eguali.»
Il Bar La Conca d’Oro è dunque un presidio che si oppone al declino relazionale e alla desertificazione dei rapporti umani. Un luogo che conserva intatta la funzione originaria del bar: non solo servire bevande e dolci, ma offrire un rifugio di comunità.
In un tempo in cui i rapporti rischiano di ridursi a un clic, la Conca d’Oro ci ricorda che la vera connessione non è quella virtuale, ma quella che passa da un sorriso dietro al bancone, da una chiacchiera improvvisata tra amici, da un buongiorno condiviso davanti a una tazzina di caffè.
E forse proprio qui, in questi gesti semplici, resiste la Calabria più autentica: quella che non rinuncia a incontrarsi e a riconoscersi.