Uno sguardo antropologico sincero, senza alcuna captatio benevolentiae, gettato su un passato che, nonostante sia ormai lontano nel tempo, ritorna puntualmente con la prepotenza delle sue immagini ad attestare cosa è stato, cosa poteva essere e cosa potrebbe ridiventare Porta Piana. Ha per titolo proprio “Porta Piana” il documentario di cui è autore Giulio Malatacca, cosentino doc, di Cosenza Casali – ci tiene a ribadirlo – che è stato proiettato in anteprima a Palazzo dei Bruzi, ospite della sezione dedicata alla storia dei quartieri cosentini della Commissione cultura del Comune di Cosenza presieduta da Mimmo Frammartino. Una laurea in Scienze Politiche all’Unical, Giulio Malatacca ha respirato da sempre l’aria del teatro, cominciando a calcare le tavole del palcoscenico con l’associazione “Gruppottanta” all’inizio degli anni 70. Un incontro fortunato, segnato dal primo debutto al Premio Sila e, successivamente, come interprete in quasi tutti i lavori prodotti dallo stesso collettivo teatrale. Malatacca è stato anche direttore artistico, dal 2000 al 2015, del “Franz Teatro” di Portapiana, intitolato al compianto Franz Marcelletti. La sua passione per la documentaristica è, invece, un valore aggiunto recente. Il documentario sul quartiere del centro storico di Cosenza precede solo di qualche tempo quello, in via di ultimazione, che racconta alcune storie di migranti e che vedremo prossimamente. Giulio Malatacca è orgoglioso di questa sua “creatura”, ben orchestrata nelle immagini (di Giampiero Capecchi quelle più suggestive, con l’utilizzo spesso del drone) nel montaggio e nella scelta di musiche appropriate, opera, entrambi, di Davide Noviello. La voce fuori campo, nella quale ritornano i suoi trascorsi teatrali, è dello stesso Malatacca.
Il documentario si sviluppa su un piano narrativo coinvolgente, non solo per le belle immagini e foto d’epoca che lo compongono, ma anche per la galleria di personaggi e testimonianze cui ha affidato, senza pretese di esaustività, una narrazione autentica di storie, racconti e aneddoti, senza lasciarsi prendere la mano dall’effetto nostalgia, ma guardando in avanti e ponendo anche degli interrogativi su come potrà essere il futuro di Portapiana. A far da filo conduttore, quelle memorie di pietra e voci perdute che fungono da sottotitolo al documentario.
“Un documentario – come lo stesso Malatacca non ha mancato di rimarcare nel suo intervento prima della presentazione del lavoro – che racchiude il racconto dei residenti e del loro fortissimo legame con il borgo che non è tanto un quartiere, ma quasi uno status identitario nell’accezione più piena del termine e che fa emergere lo spirito di appartenenza molto avvertito tra i residenti. E sono le parole dell’autore che vengono ancora una volta in soccorso: “Porta Piana, con il suo fascino storico e la sua ricchezza culturale, rappresenta un luogo dove il passato e il presente si intrecciano in modo straordinario. Nel contesto attuale, la speranza per un futuro nuovo si coniuga con il desiderio di preservarne la memoria”. Nel lavoro di Malatacca emerge anche un atteggiamento resiliente dei residenti, che recano in sé le esperienze di ieri, senza rinunciare a costruire un domani luminoso, nella consapevolezza che la storia continuerà il suo corso e a scrivere sempre nuove pagine. E su queste nuove pagine potrebbe essere scritta la storia che, dando un contributo alla discussione, ha annunciato il delegato al Cis e ad Agenda Urbana del Sindaco Franz Caruso, Francesco Alimena, che ha illustrato per sommi capi alcuni degli interventi di Cis e Agenda Urbana proprio su Portapiana. Quando sarà ultimato l’intervento del parcheggio, dotato di ascensore, nelle immediate adiacenze della Chiesa di Santa Maria della Sanità e del Conservatorio “Giacomantonio” “saranno ben 4 gli accessi meccanizzati per Cosenza vecchia e per Colle Pancrazio. Interventi che potranno risolvere le complessità di accesso per chi vive nel centro storico, ma anche per chi vi si reca da semplice visitatore”. Saranno, inoltre, ripristinate le scale mobili che conducono in Piazza XV Marzo. Altri sistemi di scale mobili saranno realizzati dal parcheggio dell’Arenella a Piazza Duomo e da Piazza dei Valdesi a San Francesco d’Assisi”. C’è, insomma, grande attenzione dell’Amministrazione comunale per Portapiana. Interessante il punto di vista della sociologa Teresa Grande, docente all’Università della Calabria al corso di laurea in scienze politiche, per la quale il documentario di Giulio Malatacca “è un tesoro nascosto, ricco di tante storie sconosciute anche per chi in quei luoghi ha vissuto”. Un’esperta della materia Teresa Grande perché nel suo percorso di docente universitaria si occupa proprio dei processi sociali e culturali della memoria.
“Il documentario – sottolinea – suggerisce e suscita molteplici elementi di riflessione. Forti sono il senso di appartenenza e l’identità che caratterizzano il quartiere che si nutre di una sovrapposizione tra spazi di vita pubblica e spazi di vita domestica e quotidiana. Alla memoria comunicativa, di grande valore, si somma quella culturale di cui Portapiana è molto ricca con i suoi giacimenti culturali come il Castello Svevo o l’attuale Conservatorio, ma anche per le figure storiche che nei secoli l’hanno attraversata: da Federico II a Carlo V, fino a Garibaldi”. Per la sociologa il lavoro è in ogni caso un documento prezioso e il suo ritmo lento, con una narrazione ben cadenzata, non ammicca alla nostalgia del passato, ma diventa propositiva nella misura in cui ci si domanda: che fare?” Per Marcello D’Alessandro, fine intellettuale, uomo di scuola, per essere stato per lungo tempo dirigente scolastico, scrittore e drammaturgo, la memoria è un cruccio. D’Alessandro si sbilancia nella definizione del portapianese tipo che “ha un modo di approcciare la vita con particolare intelligenza. Dallo spirito caustico, irriverente, fustigante, quasi da incoraggiare uno studio filologico dei soprannomi ancora diffusi, così come sul patrimonio lessicale di chi ancora vive a Portapiana”. E ha citato gli esempi di Ciccio Pistola, Chiumma chiamma e via di questo passo. Significativa anche la testimonianza del prof.Luigi Gallo, ex dirigente del partito comunista che negli anni settanta faceva parte della segreteria cittadina, quando a Portapiana era attiva la sezione “Gennaro Sarcone” del partito. “Scoprii – ha detto –una povertà terribile, una situazione quasi disumana che mi lasciò molto turbato. In quegli anni ci fu l’impegno di dare una casa popolare a tutte quelle famiglie che versavano in quelle condizioni di povertà”.
Nelle testimonianze passate in rassegna da Giulio Malatacca nel documentario si fa strada quasi una domanda restitutoria. I personaggi sono accomunati da questa istanza, quella di restituire a Portapiana la dignità di un quartiere dove si è consumata una fetta importante della storia di Cosenza. Si ricorda il bar Zolfino, punto di ritrovo del quartiere, la squadra di Calcio la Castellana – lo fa il medico di famiglia Roberto D’Alessandro – il patrimonio perduto della Chiesa dell’Ecce Homo – nelle parole dello storico Fedele Sirianni – ingabbiata in una struttura certamente non bella a vedersi, in attesa, chissà, di quale intervento che ne restituisca lo splendore. Chi ha provato a invertire la rotta è Francesco Paciola che ha animato il Progetto glocal “Cass Gas”, sorta di design district, partito proprio da Portapiana e che consiste nella riqualificazione delle cassette del gas delle abitazioni via via arricchitesi di opere di designer e grafici che rimandano ad alcuni simboli identitari della città di Cosenza e del quartiere del centro storico. Al termine della presentazione del documentario, la Commissione cultura ha consegnato un meritato riconoscimento a Giulio Malatacca “che – così è scritto nella motivazione – con il suo lavoro su Porta Piana ha fatto un significativo regalo alla città di Cosenza”.