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Caporalato, Aic Cosenza: “Chiediamo alle istituzioni un impegno maggiore”

«Non si può accettare che il lavoro nei campi sia paragonato alle forme arcaiche di schiavitù, e non basta l’indignazione ad ogni indagine o morte che accende i riflettori su un sistema malato che stenta a guarire la sua perversione. Serve ora più che mai una coscienza civile che porti i cittadini ad essere corresponsabili di ciò che accade attorno a noi. Chi sa denunci, chi vede non rimanga indifferente, chi sa parli, e soprattutto chi è vittima non aspetti che cambi il suo carnefice ma sia protagonista del cambiamento attivando subito le procedure per segnalare ciò che subisce attraverso le forze di polizia o sindacati di categoria».

Cosi Elisabetta Santoianni, presidente provinciale Aic di Cosenza, interviene alla luce del grave incidente sul lavoro che ha portato alla morte un bracciante indiano nella periferia di Latina, e anche dopo l’indagine dei Carabinieri che a Castrovillari hanno scoperto le condizioni disumane in cui erano costretti altri dipendenti indiani che partecipavano alla produzione di un’azienda agricola dell’area di Cammarata.

«Come associazione italiana coltivatori chiediamo alle istituzioni un impegno maggiore affinché il caporalato possa essere debellato, e ringraziamo la procura e le forze dell’ordine per quanto fanno al fine di mettere in luce situazioni di degrado e soprusi nei confronti dei lavoratori, ma allo stesso tempo crediamo che tutta la società debba scegliere da che parte stare. I cittadini possono essere le prime sentinelle del territorio, scegliendo di collaborare ad un sistema più giusto che denunci lo sfruttamento sul nascere, a tutela dei lavoratori e degli imprenditori onesti che non creano il loro guadagno sullo sfruttamento».

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