Lo stato di salute di Donato Bergamini e gli accordi per la serie A. Sono stati questi i principali argomenti trattati in Corte d’Assise a Cosenza, al processo per il presunto omicidio dell’allora centrocampista del Cosenza Donato “Denis” Bergamini, morto il 18 novembre 1989, a 26 anni in circostanze che in un primo tempo indussero a ritenere che si fosse trattato di un suicidio e che portarono all’archiviazione dell’inchiesta avviata dalla Procura della Repubblica di Castrovillari. In aula era presente anche Isabella Interno’ ex fidanzata di Bergamini e unica imputata.
Due i testimoni che sono stati chiamati per ricostruire il periodo che Denis Bergamini ha trascorso a Cosenza nel periodo antecedente al decesso. L’udienza si e’ aperta con la testimonianza di Bruno Carpeggiani, procuratore di Bergamini, secondo il quale “Denis sarebbe andato sicuramente in serie A se non fosse morto”. Carpeggiani ha ricostruito quanto avvenuto nel luglio del 1989, quando Bergamini doveva firmare con il Parma un contratto triennale a partire da 150 milioni a stagione fino a 190 milioni circa.
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All’atto della compilazione dei documenti, pero’, giunsero i dirigenti del Cosenza che comunicarono la fine delle trattative e la permanenza di Denis in rossoblu’. Carpeggiani sorpreso dalle dichiarazioni dello staff cosentino telefono’ nuovamente a Denis che confermo’ il passo indietro. Secondo quanto ricostruito in aula, la squadra calabrese aveva offerto al calciatore la stessa cifra del Parma e Denis accetto’ di restare al Cosenza.
Il secondo teste sentito e’ stato Enrico Costabile, medico componente dello staff sanitario del Cosenza Calcio. Secondo la testimonianza, il centrocampista si ruppe la tibia prima della gara con l’Udinese ma era “un professionista diligente – ha detto – e seguiva le nostre indicazioni. Non ha mai dato segni di abbattimento e torno’ in campo prima dei tempi di recupero previsti”. Si ritorna in aula il prossimo 8 aprile.