La Scintilla. Il dramma silenzioso e dimenticato dell’emigrazione

lascintilladi Antonio Pirrotta* - Ci sono immagini tra le tante che non si vorrebbero vedere più, Ma non è stato così l'altra sera, quando in TV si è visto l'ennesimo autobus che partiva, dalla Sicilia diretto in Germania, pieno di giovani e meno giovani alla ricerca di un lavoro.

Le lacrime di una ragazza che intraprendeva quel viaggio della speranza, mi hanno fatto ripercorrere nella mente, come tanti flash, quei paesaggi che si vedono quando si percorre l'Italia da Sud verso Nord. Se, poi, si aggiungono anche i colori della notte, con le luci che si infrangono sui vetri dei finestrini, "il film" riapre antiche ferite nella mente e fa soffrire, perché si vedono cose che non vorresti più vedere, e fa arrabbiare, perché non si riesce a credere che ancora oggi vi sia il bisogno di emigrare.

Purtroppo quella di oggi è diventata una emigrazione sistematica, provocata oltre che dal bisogno anche dalla frustrazione, un' emorragia di persone ed affetti che lacera e svilisce il significato pieno della famiglia e della comunità di origine. E tutti noi ci siamo talmente assuefatti che non ci scandalizziamo per il fatto che essa non sia stata mai dichiarata "emergenza nazionale". Non ho mai letto che nel programma di un partito politico essa fosse messa al centro dell'agenda politica. Ma certo andrebbe affrontata, senza troppe illusioni, almeno come progetto di risanamento del dramma sociale che un'intera nazione vive da decenni.

Non è un problema solo del Sud, dove ormai ha assunto le caratteristiche di una piaga sociale: si tratta piuttosto di una "silente deportazione" di ampie fasce di italiani di fronte alla quale non di rado sentiamo solo frasi di allucinante rassegnazione. Al massimo qualche parola, scrollatine di spalle, silenzi imbarazzati... e si continua a soprassedere.

Le analisi sono state fatte. Mancano le soluzioni al problema e soprattutto manca l'umiltà e la consapevolezza di ammettere che certe problematiche sociali si possono risolvere solo "insieme". Insieme significa: destra e sinistra, Stato e Chiesa, politica e società civile, associazioni private e istituzioni pubbliche, lavoratori e imprenditori, artigiani e intellettuali, ecc. Con poche eccezioni industriali, i settori trainanti dell'economia nel Sud Italia sono, o dovrebbero essere, quello del turismo (per la ricchezza monumentale e paesaggistica), dell'agricoltura (per la qualità dei prodotti) e del terziario, in particolare dei servizi sociali. Tenendo presente che la popolazione tende ad invecchiare, non è difficile prevedere che nel prossimo futuro si debba fare fronte ad una massiccia assistenza domiciliare agli anziani. E' indubbio che non ci sono ricette magiche, ma saranno questi (turismo, agricoltura e servizi, specie sanitari e assistenziali) i settori di una ripresa occupazionale?

Ma vorrei vedere un cambio di passo in questi campi, ora, subito, non domani.

Le esperienze, o le "scelte", lavorative fuori casa possono essere importanti, ma non possono, e non devono, diventare sbocchi obbligati e generalizzati praticamente per tutti, o quasi. Francamente, non voglio vedere più parenti ed amici che partono. E so bene, mentre scrivo, che molti si riconosceranno in queste parole, ritrovandosi a pensare ad una persona cara che è già partita o sta per partire in cerca di lavoro.

Ecco, alle persone che tra qualche mese o qualche anno si presenteranno per chiedermi di votarle, chiederò soprattutto questo: cosa hai in mente di fare per fermare questo esodo di giovani dalla Calabria, dal Sud e dall'Italia? Questo dramma ti riguarda? E' una tua priorità politica? Cosa pensi di fare con le sovvenzioni pubbliche? Molti incentivi a pochi o pochi incentivi a molti? L'impoverimento è ormai un fenomeno drammatico e diffuso, anche se per un malinteso senso di dignità si cerca di nasconderlo.

Come mi era capitato di sottolineare in passato, insisto pure sulla necessità di migliorare l'istruzione e in particolare sull'anomalia del fenomeno, grave, dell'abbandono scolastico, cui si devono poi collegare inevitabilmente le ricordate difficoltà a trovare lavoro e i connessi flussi migratori della disperazione.

"Emigrazione di massa" e "abbandoni scolastici" sono alcuni degli indicatori, purtroppo sottovalutati, per capire che sta succedendo, nella rassegnazione generale. Si tratta di "termometri" per controllare la febbre di una società in trasformazione, che è tanto più malata quanto più non cura i luoghi dove dare risposte ai giovani: centri sportivi, mediateche, biblioteche, servizi sociali, scuole e servizi pubblici efficienti.

E ormai non c'è più tempo per aspettare: ora, subito, occorre fare qualcosa.

*Insegnante - www.lascintilla.org