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In Italia un occupato su due non è soddisfatto del lavoro che svolge: più scontento il Mezzogiorno, con situazioni critiche in Calabria, Sicilia e Basilicata

In Italia un occupato su due non e’ soddisfatto del lavoro che svolge: sono 12,2 milioni le persone che hanno dichiarato di “amare” il proprio lavoro, pari al 51,7 per cento del totale degli occupati presenti nel Paese. La paura di perdere il posto di lavoro e’ diffusa soprattutto nel Mezzogiorno.

Le situazioni piu’ critiche interessano gli occupati della Calabria (5,9 per cento), quelli della Sicilia (6,4 per cento) e, in particolare, quelli della Basilicata (8,8 per cento). I piu’ “sereni”, invece, sono i lavoratori della provincia autonoma di Bolzano: nel 2023 solo il 2,4 per cento ha manifestato una percezione di insicurezza del proprio posto di lavoro.

Le aree geografiche con il piu’ alto livello di soddisfazione lavorativa sono Aosta, Trento e Bolzano: tutti territori di alta montagna. Lo rileva l’Ufficio studi della Cgia, basandosi sull’indagine Bes-Istat condotta nel 2023.

In particolare, in questa ricerca e’ stata stimata la percentuale di lavoratori che ha manifestato un elevato grado di apprezzamento per la propria attivita’ professionale, considerando vari fattori quali le opportunita’ di carriera, l’orario di lavoro, la stabilita’ occupazionale, la distanza tra casa e luogo di lavoro e l’interesse per le mansioni svolte. A livello territoriale la Valle d’Aosta si e’ posizionata al primo posto nella classifica nazionale con il 61,7 per cento degli occupati (in valore assoluto pari a 70mila persone); sono persone che hanno dichiarato una significativa soddisfazione professionale.

Seguono la provincia autonoma di Trento con il 61,1 per cento (161mila) e quella di Bolzano con il 60,5 (170mila). Subito dopo si sono collocate l’Umbria con il 58,2 (234mila), il Piemonte con il 57,1 (poco piu’ di un milione) e le Marche con il 55,4 (370mila). A eccezione del Piemonte, nelle posizioni di vertice si osservano prevalentemente realta’ geografiche di dimensioni contenute, caratterizzate dalla presenza di piccolissime attivita’ produttive, con un impatto ambientale trascurabile.

Tali realta’ risultano fortemente integrate e in perfetto equilibrio con territori di straordinaria bellezza, ancora preservati e a misura d’uomo. Insomma, secondo la Cgia, le piccole imprese oltre a svolgere un ruolo fondamentale nella conservazione della cultura e delle tradizioni locali, promuovono l’identita’ culturale delle comunita’ coinvolte, valorizzando i lavoratori che si sentono i principali protagonisti di questo successo. Se nella parte alta della classifica dominano le piccole realta’ geografiche, la coda, invece, e’ “occupata” dalle regioni del Sud. Negli ultimi posti scorgiamo i lavoratori della Calabria con un livello di felicita’ del proprio lavoro del 43,8 per cento (pari a 245mila persone), della Basilicata con il 42,3 per cento (96mila) e, infine, della Campania con il 41,2 (681mila).

Se la felicita’ e’ uno stato d’animo che attiene alla sfera personale, in questo caso dei lavoratori, il benessere del luogo di lavoro e’ un indice piu’ esaustivo che tiene conto anche del contesto socio-economico in cui opera un operaio o un impiegato. I sottoindicatori presi in esame sono i seguenti: occupati in lavori a termine da almeno 5 anni; tasso di occupazione (20-64 anni);occupati sovraistruiti; occupati non regolari; soddisfazione per il lavoro svolto; percezione di insicurezza dell’occupazione; part time involontario; occupati che lavorano da casa; tasso di mancata partecipazione al lavoro; tasso di infortuni mortali e inabilita’ permanente.

Analizzando i risultati che emergono dall’incrocio dei sottoindicatori sulla qualita’ del lavoro, e’ la Lombardia a guidare la graduatoria nazionale. Seguono la provincia autonoma di Bolzano, il Veneto, la Provincia Autonoma di Trento, il Piemonte e il Friuli Venezia Giulia. Nelle parti basse della classifica troviamo la Sicilia, la Basilicata e, fanalino di coda, la Calabria. Per quanto riguarda i precari – vale a dire alla percentuale di occupati con lavori a termine da almeno 5 anni – le situazioni piu’ critiche registrate nel 2023 hanno interessato la Calabria e la Puglia entrambe con il 25,5 per cento, la Basilicata con il 25,7 per cento e la Sicilia con il 27,9 per cento.

La Lombardia, invece, e’ la regione che con il 10,7 per cento e’ la meno interessata da questo fenomeno. Il tasso di occupazione piu’ elevato e’ in capo alla provincia autonoma di Bolzano che e’ pari al 79,6 per cento, in Valle d’Aosta al 77,3 e in Emilia Romagna al 75,9. Le situazioni meno virtuose le scorgiamo in Sicilia con il 48,7 per cento, in Campania e in Calabria entrambe con il 48,4.

Per quanto concerne gli occupati sovraistruiti – ovvero coloro che nel 2023 ritenevano di avere un titolo di studio superiore a quello maggiormente posseduto per svolgere quella professione sul totale degli occupati – la punta piu’ elevata e’ del 33,5 per cento in Molise; seguono con il 33,2 per cento la Basilicata e il 32,7 per cento l’Umbria. Il livello piu’ contenuto si registra nella Provincia Autonoma di Bolzano con il 16,3 per cento. Il lavoro irregolare e’ presente soprattutto nel Mezzogiorno, con punte ogni 100 occupati del 16 per cento in Sicilia, del 16,5 per cento in Campania e addirittura del 19,6 per cento in Calabria. Il livello piu’ contenuto, invece, lo scorgiamo nella provincia autonoma di Bolzano con il 7,9 per cento. La paura di perdere il posto di lavoro e’ diffusa soprattutto nel Mezzogiorno. Le situazioni piu’ critiche interessano gli occupati della Calabria (5,9 per cento), quelli della Sicilia (6,4 per cento) e, in particolare, quelli della Basilicata (8,8 per cento).

I piu’ “sereni”, invece, sono i lavoratori della provincia autonoma di Bolzano: nel 2023 solo il 2,4 per cento ha manifestato una percezione di insicurezza del proprio posto di lavoro. Quanto allo smart working, sono i lavoratori del Lazio a farne maggior ricorso: nel 2023 la media ha interessato il 20,9 per cento degli occupati. Seguono la Lombardia con il 15,6 e la Liguria con il 14,9.

Chiude la graduatoria la Puglia con il 5,4 per cento. Tra coloro che hanno deciso di non lavorare e nemmeno di cercare un posto di lavoro – vale a dire il cosiddetto tasso di mancata partecipazione – spicca il dato della Calabria con il 32,1 per cento, della Campania con il 32,3 e, in particolare, della Sicilia con il 32,6. Il tasso piu’ contenuto lo registra la provincia autonoma di Bolzano con il 3,5 per cento. Infine per quanto riguarda gli infortuni mortali e che hanno provocato nel 2022 una inabilita’ permanente ogni 10mila occupati, tra le regioni piu’ investite compaiono l’Abruzzo con il 14,7 per cento, la Basilicata con il 16,1 e l’Umbria con il 16,7.

La regione meno coinvolta, invece, e’ stata la Lombardia con il 7,4 per cento.

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