“Le dimissioni di Roberto Occhiuto non sono una parentesi tecnica o una vicenda personale. Sono l’esito politico di un modello costruito su accentramento, relazioni opache, propaganda e fallimenti gravi, soprattutto nella sanità e nello sviluppo della Calabria. Un modello che Occhiuto ha incarnato fino in fondo, anche nel ruolo di commissario alla sanità, con risultati disastrosi.
La sua ricandidatura è un atto di arroganza e sfida, segno di un potere che si sente intoccabile e che pensa di potersi riproporre senza dover rispondere di nulla. Il centrodestra non si pone nemmeno il problema di come sia stato possibile costruire un tale sistema sulla pelle dei calabresi.
Ma la Calabria non ha bisogno di altri slogan. Ha bisogno di una visione diversa: di una Regione che torni a essere istituzione pubblica, non proprietà privata. Che abbia il coraggio di guidare una battaglia seria contro l’inconcludenza amministrativa, la corruzione sistemica, l’arroganza del potere e la rassegnazione.
Prima ancora delle inchieste che hanno scoperchiato un sistema opaco di potere e relazioni, la Giunta Occhiuto aveva già mostrato tutti i suoi limiti: tanti annunci, pochi risultati, fondi europei spesi male o con ritardi, riforme promesse mai attuate, nessuna semplificazione o svolta nella macchina regionale. Una gestione ferma, priva di visione e capacità di attuazione. Oltre alla sanità e allo sviluppo, Occhiuto ha colpevolmente trascurato l’intera agenda sociale della Calabria: ospedali in sofferenza, territori senza medicina di base; nessuna politica industriale, zero visione per il lavoro e l’occupazione; collegamenti e infrastrutture carenti, alta velocità solo nei discorsi; disinteresse verso scuola, università, diritto allo studio e fuga dei giovani; abbandono del territorio, nessuna prevenzione del dissesto, piani ambientali fermi; retorica sulla legalità senza alcuna azione concreta per rafforzare la presenza dello Stato o contrastare seriamente la criminalità organizzata. Una lunga serie di nodi irrisolti, ignorati o affrontati con superficialità.
Serve una svolta vera, politica e culturale.
Una Regione pubblica, trasparente, rispettosa del bene comune, che metta al bando le logiche clientelari e si faccia promotrice di un nuovo rapporto tra istituzioni e cittadini.
Il centrosinistra ha il dovere di offrire questa alternativa, con credibilità e coerenza. E soprattutto di stringere un patto autentico con le energie vive della Calabria: i mondi civici, l’associazionismo, le professioni, l’impresa onesta, i sindacati liberi, la scuola, l’università. Non solo per chiedere consenso, ma per costruire insieme una speranza concreta.
Anche in questi giorni d’agosto, non c’è tempo da perdere. Non possiamo permettere che la Calabria venga consegnata ancora una volta a chi la governa come fosse una proprietà privata.
Il Partito Democratico deve assumersi per intero la responsabilità di promuovere questa svolta. Insieme alle altre forze di sinistra, a quelle riformiste, civiche, progressiste e moderate anche che condividono questo bisogno radicale di cambiamento.
Lo dico anche alla luce della mia candidatura alla segreteria provinciale del PD, nata dallo stesso desiderio di cambiamento che anima tanti militanti. Ora che c’è da ricostruire, servono tutte le energie disponibili. E sono certo che in molti, se opportunamente coinvolti, sapranno e vorranno dare il proprio contributo alla battaglia per il riscatto della Calabria”.
Così in una nota Pino Le Fosse.