“Con profondo dolore apprendiamo la notizia della morte di Salvatore Cugnetto, lavoratore impiegato in attività di idrodemolizione sul Viadotto Friddizza, lungo il tratto cosentino dell’A2. E’ questa un’altra morte sul lavoro nel nostro territorio, l’ennesima, a conferma che stiamo vivendo una vera emergenza alla quale tutti, non solo i sindacati, ma anche la politica, le istituzioni, le autorità pubbliche devono dedicare più attenzione. Siamo stanchi di piangere e contare i morti. Forse c’è chi non si è accorto della gravità di quanto sta accadendo, che questa è un’emergenza ben più grave delle tante a cui ogni giorno vengono dedicati sforzi, polemiche e risorse.
Nessun obiettivo produttivo, nessuna urgenza operativa, nessun risultato aziendale può mai giustificare il venir meno del principio supremo della tutela della salute e della sicurezza.
L’evento odierno rappresenta, per tutti noi, non solo un momento di dolore, ma anche un richiamo: un richiamo alla vigilanza, alla prevenzione, all’impegno quotidiano per un ambiente di lavoro sicuro.
Sono già state avviate tutte le verifiche interne del caso, in collaborazione con gli organi preposti, al fine di accertare con rigore e trasparenza ogni dinamica dell’accaduto.
La sicurezza non è un’opzione. La sicurezza è un dovere. È un valore che riguarda tutti!!
Non possiamo più accettare un sistema ispettivo ridotto all’osso, in cui gli stessi ispettori devono controllare una fonderia e un’azienda agricola senza le competenze necessarie. Non si può vigilare sulla sicurezza senza specialisti nei settori più a rischio. Gli organi ispettivi vanno potenziati e specializzati. Punto!
Troppi lavoratori muoiono perché non hanno ricevuto una formazione adeguata o perché le certificazioni sono falsificate. E per evitare ciò chiediamo un portale regionale digitale che renda tracciabile ogni attestato di formazione. Basta con i fogli di carta che non valgono nulla.
Le aziende devono essere obbligate a usare tecnologie di sicurezza avanzate. Non è accettabile che, nel 2025, si muoia ancora schiacciati da macchine di movimento terra o per mancanza di dispositivi di arresto automatico.
La Calabria non può più essere la terra dove il lavoro uccide. Ogni morte sul lavoro è una ferita che non si rimargina. Non vogliamo più piangere operai, madri, padri, giovani che escono di casa per guadagnarsi il pane e non tornano mai più”.
Così in una nota Mariaelena Senese, Segretaria generale Uil Calabria, e Giacomo Maccarone, Segretario generale FenealUil Calabria.