“Lui la notte si sveglia, si alza e mi stringe le braccia al collo per essere sicuro che io ci sono ancora.”
Sono queste le parole che Marjan Jamali, giovane donna e madre in fuga dalla violenza del marito e da quella del regime iraniano, ha pronunciato durante un udienza del suo processo a Locri (Rc), riferendosi al piccolo figlio che, una volta giunti in Italia dopo un periglioso viaggio, le è stato strappato letteralmente dalle braccia ed allontanato per oltre sei lunghi mesi.
E dopo gli arresti in carcere, il dileggio di incredibili testi dell’accusa e le tante traversie che l’hanno portata, con il marchio di essere una scafista, in uno stato di totale disperazione, questa giovane donna sta vivendo ancora l’onta ed il condizionamento degli arresti domiciliari.
E questo nonostante si siano palesati, nelle ultime udienze, elementi decisivi e netti a sostegno della sua totale innocenza.
Il nostro è un sistema perverso che non si cura di uomini, bimbi e donne che scappano dalla violenza e dalla disperazione, ma si preoccupa solo di individuare scafisti tra quanti, dopo inumane sofferenza, giungono alle porte della Fortezza Europa.
I trecento pesantissimi e duri giorni di carcere subiti da Maysoon Majidi, prima di essere rimessa in libertà e poi assolta, rappresentano un terribile ed indegno precedente per una nazione che si definisce progredita e democratica!
Chiediamo con forza che Marjan, dopo tutti questi giorni – con oggi siamo a ben 513, cinquecentotredici! – di ingiustificate e vessatorie misure cautelari, in attesa della sentenza di primo grado non sia più oppressa ma messa subito nelle condizioni di recuperare la sua vita, la sua serenità e quella del suo bimbo.
Oggi pomeriggio saremo ancora all’udienza di Locri, insieme agli attivisti e alle attiviste del meritorio Comitato Free Marjan Jamali, per continuare a farle sentire la nostra vicinanza ed il nostro totale sostegno”.
Così in una nota il Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea, Calabria.