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Il diritto e la giustizia nascono in Calabria: il codice Hammurabi una raccolta di regole prive di natura giuridica

*di Ettore Bruno e Alessandra Capalbo – Il diritto e la giustizia nascono sulla costa ionica calabrese, il Codice di Hammurabi è solo una raccolta di regole prive di natura giuridica. Le prime norme giuridiche della storia, infatti, vedono universalmente la luce per iscritto nelle antiche metropoli magno greche di Sybaris e Lokroi, nella Calabria dei giorni nostri. Così, il diritto e l’idea di giustizia laica compaiono per la prima volta nell’Italia meridionale, mentre il Codice di Hammurabi si fa a torto coincidere con la più antica raccolta di leggi scritte del mondo.
E’, questa, la tesi illustrata nel volume La Calabria del diritto, nelle cui pagine è messo in discussione il supposto primato babilonese e dato invece risalto a quello calabrese in forza di argomentazioni sostenute da solide basi a sfondo scientifico poiché suffragate da attendibili fonti storiche e letterarie.
«Furono proprio alcune città-stato alzate dai Greci nella Calabria dei giorni nostri – afferma Ettore Bruno, l’autore del libro – ad adottare per la prima volta nella storia dell’umanità regole di comportamento e sanzioni non soltanto formulate per iscritto ma pure connotate da natura giuridica, vale a dire da un’efficacia astratta e una validità erga omnes, ovvero verso tutti».
«Con l’avvento delle prime leggi scritte – spiega l’autore di questo libro – si verrà a determinare la condizione per cui i verdetti della magistratura saranno sottratti all’arbitrio e al caso e andranno diversamente a rappresentare solo e soltanto la bocca della legge (scritta); infatti, con le norme scritte di Sibari e Locri antiche, la cultura giuridica, fino a quel momento inquinata e corrotta poiché intrisa di fattori ultraterreni e legata a fattori extragiuridici, comincerà finalmente ad assumerà una veste laica, con norme depurate da qualsivoglia elemento mitico e religioso e con una giustizia sottratta al caso e all’arbitrio umano».
Così, la grecità coloniale avvierà quel processo di laicizzazione del diritto che fino all’epoca dell’apogeo delle due città – VI secolo a.C., quando furono assunti il Codice di Zaleuco nella polis locrese e la norma sulle tutele brevettuali a Sybaris – si era manifestato carico di elementi religiosi e mitologici
«Sul piano del diritto sostanziale – continua Ettore Bruno – il Codice di Hammurabi è comunemente ritenuto il più antico modello normativo del mondo, ma erroneamente, poiché si tratta di una raccolta di precetti e sanzioni certamente privi di natura giuridica. Anzitutto, i dettami in esso contenuti non appaiono connotati da efficacia generale e astratta; la stessa fattispecie concreta è infatti sanzionata in maniera diversificata a seconda della classe sociale o della qualità personale del reo. Un altro fattore che contrassegna la non giuridicità dell’antico codice orientale risiede nella possibilità, da molti ventilata sin dal momento del suo ritrovamento, che si tratti di una raccolta meramente privata».
A favore del mancato carattere giuridico del modello babilonese militano, poi, altre argomentazioni, tutte illustrate e spiegate nelle pagine di La Calabria del diritto.
A prosito di Sibari antica, l’archeologa Alessandra Capalbo afferma: «Sybaris è la grande metropoli del passato circondata da un alone di fascino e mistero, sintetizzati benissimo nelle parole di Norman Douglas (“Chi, se potesse, non vorrebbe vivere tanto da vedere che cosa viene alla luce di Sibari”), che evocano l’antico ma ancora attuale rovello della localizzazione della Sibari arcaica e la curiosità di vedere emergere dal terreno le tracce di quel lusso testimoniato dalle fonti antiche».
Non toccando con mano la testimonianza della magnificenza descritta dagli autori antichi, per anni Sibari fu avvolta da un’aurea di mistero. Pertanto, la ricerca di Sibari costituì uno dei primi impegni, nel campo dell’attività archeologica pubblica, del nuovo Stato unitario italiano. Dopo un cinquantennio dalle prime ricerche cominciarono ad affiorare nei luoghi bonificati resti di antiche strutture sparsi sul territorio, per impulso di Umberto Zanotti Bianco.
«La grande polis di Sibarys, fondata presumibilmente nel 720 a.C. – continua la Capalbo – vide il suo sviluppo, la sua espansione e il successivo declino in una parte del territorio calabro nota topograficamente come Sibaritide: un’ampia area ubicata sulla costa Ionica, caratterizzata dal corso del fiume Crati che sfocia a poca distanza dai luoghi dove furono rinvenute le prime tracce dell’antico sito; essendo la zona costituita da apporti alluvionali, la ricerca fu sempre ostacolata da fenomeni naturali quali la subsidenza e la presenza di una falda sotterranea posta alla stessa quota dei primi livelli archeologici».
Ciò che rende, ad oggi, affascinate questo sito archeologico (uno dei più estesi ed importanti del
Mediterraneo) è il fatto che nella stessa area si sovrappongano – in parte – ai resti dell’antica polis
magno greca, successivamente alla sua distruzione nel 510 a. C., prima il centro panellenico di Thurii (444 – 443 a.C.) e poi quello romano di Copiae (193 a.C.).
Secndo la ricostruzione dell’archeologa Capalbo, inoltre, «l’indagine archeologica susseguitasi negli anni ha portato a una serie di ipotesi, riassumibili in due filoni: secondo il primo, l’antica Sibari era localizzata all’interno della Piana, in una zona collinare; secondo l’altro, Sibari andava ricercata nella zona costiera, lungo la linea di spiaggia. Per comprendere quale sia l’ipotesi più verisimile, bisogna affidarsi, ancora una volta, ai dati materiali della ricerca scientifica. Gli scavi effettuati negli anni a Sibari ci consentono, infatti, di affermare con certezza intanto la sua reale esistenza; e anche se sappiamo ancora troppo poco per quantificarne la reale estensione, alcune scoperte archeologiche durante recenti scavi a Parco del Cavallo provano in modo inequivocabile che sotto le strutture di Copiae si trovava (ipotesi avanzata già i da Umberto Zanotti Bianco) uno o forse il più importante santuario urbano di Sibari arcaica. Pertanto, come sostengono gli archeologi che hanno coordinato le ricerche, la sequenza ininterrotta di edifici arcaici suggerisce l’idea di dove si trovi realmente Sibari: “dov’è sempre stata, dove abbiamo sempre saputo che fosse: sotto il Parco
del Cavallo” ».

Ettore BRUNO
Alessandra CAPALBO

 

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