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Sondaggio Libera: “‘Ndrangheta si conferma tra le mafie più pericolose, per il 28% degli intervistati”

Un paese dove il fenomeno delle mafie viene percepito sempre meno come problema. Una strategia di inabissamento e che ha portato parallelamente alla costruzione di nuove e diverse forme di violenza mafiosa: si spara di meno e quindi è meno percepita, ma non per questo meno grave. Quattro italiani intervistati su 10 ritengono la mafia “meno violenta rispetto al passato”. La stessa quota di quanti la considerano altrettanto violenta. Mentre il 16% la percepisce “più “violenta”. Ben il 54 per cento degli italiani ritengono oggi la mafia connessa o legata con i professionisti e colletti bianchi. E’ quanto emerge dai primi dati del sondaggio di Libera condotto da Demos sulla percezione del fenomeno mafioso dove si evidenzia che si è consolidata l’abitudine a guardare la mafia come un fenomeno “normale”. Un male da cui è difficile, anzi, impossibile “liberarsi”. Con il quale è, dunque, necessario “convivere”. Ma proprio per questo risulta più “inquietante” in quanto è “data per scontata”. D’altronde quasi i due terzi dei cittadini (per la precisione il 64%) pensano che se ne parli troppo poco. Anche un anno fa questa opinione era condivisa da una quota ampia, tuttavia, più ridotta: il 54%. Cioè, 10 punti di meno. La mafia fa meno notizia, e per questo motivo rischia di venire sottovalutata dai cittadini. Solo il 10% ritiene che l’informazione, al proposito, sia “corretta” e il 6% “approfondita”.

Cambia negli ultimi anni la percezione dei settori dove le mafie sono più attive: metà dei cittadini intervistati, infatti, continua a guardare al traffico di droga e agli appalti pubblici come i settori più “remunerativi” per la presenza mafiosa, mentre resta elevata (ma in calo) la preoccupazione per l’azione della mafia nell’edilizia e, ancor più, negli “eco-reati”, come la gestione e lo smaltimento dei rifiuti (complessivamente per il 20% degli intervistati). Fra gli altri settori “critici”, agli occhi dei cittadini mantengono un “rilievo rilevante”, per quanto non prioritario, gli “investimenti finanziari e immobiliari”.

La ‘ndrangheta si conferma tra le mafie più pericolose, per il 28% degli intervistati, in crescita rispetto al rilevamento del 2023. Seguita, a distanza, dalla “mafia cinese”, che nella percezione degli italiani, preoccupa più della “camorra” e di “Cosa nostra”.

“I dati presentati-commenta Francesca Rispoli, copresidente di Libera nazionale– richiamano la nostra attenzione su quanto le mafie siano riuscite a rendersi meno preoccupanti per i cittadini. Il progressivo allargamento dell’area grigia”, quello spazio di collaborazione tra legale (le professioni, i cosiddetti “colletti bianchi”) e illegale (gli immutati uomini dei clan) ha consentito alle organizzazioni criminali di differenziare i loro business, affiancando ai traffici noti (in primis, quello della droga, in costante crescita) la gestione di nuovi mercati, in cui il confine tra legale e illegale si fa più sfumato e la presenza della violenza come strumento di assoggettamento è meno necessaria. Il reciproco vantaggio genera convergenze di interessi che consentono alle mafie di rendersi meno militarmente presenti nel campo d’affari e quindi percepibili come meno violente e pericolose. Ormai da realtà “infiltrate”, operanti sotto mentite spoglie, le mafie sono diventate parti attive dell’economia di mercato. E tutto ciò nell’indifferenza di tanti, troppi, ancorati a criteri obsoleti di lettura del fenomeno mafioso, criteri che ne alterano la percezione e inducono a pensare che non esista più. Invece esiste ed è più che mai potente perché insediata nei gangli dell’economia dei monopoli e del cosiddetto libero mercatoPer questa ragione- conclude Rispoli- è ancora una volta importante ribadire che la lotta alle mafie è possibile solo attraverso un’azione composita e su piani diversi che deve vedere lavorare insieme tutte le istituzioni, coinvolgendo oltre agli apparati repressivi la scuola, l’università, il mondo della cultura e delle professioni, la società civile tutta. Soprattutto abbiamo bisogno della piena applicazione dell’impianto normativo esistente e non indebolimento delle norme e degli organismi di controllo.”

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