“La ricostruzione della pubblica accusa” che ha prospettato l’esistenza di un ‘sistema mafioso lombardo” sorto sulla base di un’alleanza tra Cosa Nostra, ‘ndrangheta e camorra, è “carente, non essendo emersa la prova, nemmeno indiziaria, del fatto che gli odierni indagati si siano volontariamente associati in un unico sodalizio”. Lo scrive il gip Tommaso Perna nell’ordinanza con cui ha bocciato l’ipotesi della Dda milanese in una indagine in cui su 153 richieste di misure cautelari ne sono state accolte solo 11.
Per il giudice, dagli atti esaminati, è emerso che ciascuno degli indagati, ” a tutto voler concedere, erano associati all’interno dei singoli sottogruppi, invero piuttosto disomogenei, talvolta composti da meno di 3 individui, dediti in qualche modo allo svolgimento di attività lecite e illecite”.
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“Del tutto assente, del resto, – prosegue l’ordinanza – è la prova del fatto che, all’interno del sodalizio confederativo, alcuni degli indagati svolgano il ruolo di promotori o capi, dovendosi piuttosto escludere che qualcuno di loro goda di un potere ed una autorità tali da poter impartire ordini a membri di gruppi diversi da quello proprio di appartenenza”.
Altresì non “non vi è prova che (…) sia stata costruita un’organizzazione stabile, posta in essere allo scopo di realizzare un programma criminoso comune, protratto nel tempo, con una ripartizione di compiti tra gli associati, ossia il vincolo associativo”.