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Giornata mondiale della biodiversità, Legambiente: “Anche la Calabria deve investire di più e meglio nella tutela della biodiversità”

Per centrare gli obiettivi europei e frenare la perdita di biodiversità entro il 2030, l’Italia deve accelerare al più presto il passo. Servono azioni concrete non più rimandabili a partire da una strategia nazionale per la biodiversità al 2030 adeguatamente finanziata e condivisa, nuove aree protette e marine e zone di tutela integrale, interventi per migliorare la tutela, conservazione, gestione e monitoraggio della biodiversità, la convivenza tra animali selvatici e uomo, e ripensare in una chiave sostenibile alcune attività antropiche. È quanto chiede Legambiente che oggi, in occasione della giornata mondiale della biodiversità, lancia il suo nuovo report Biodiversità a rischio 2023” giunto alla sedicesima edizione, in cui fa il punto della situazione tra buone notizie, criticità e azioni da mettere in campo da qui ai prossimi anni, replicando anche quelle buone pratiche già diffuse nel Paese. Due gli osservati speciali al centro del dossier: le Alpi e il Mediterraneo dove per l’associazione ambientalistasi concentrano alcune delle sfide e delle criticità più importanti da affrontare in termini di gestione e convivenza con la fauna selvatica, ma anche di ripensamento delle attività antropiche a partire dalla pesca intensiva. Ed è da queste due aree che bisogna partire prevedendo interventi concreti che vadano nella giusta direzione per invertire i trend negativi come chiesto dall’Europa. 

“Il decennio 2020-2030 – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente– sarà cruciale per la tutela della biodiversità a rischio. In particolare, il nostro Paese, che in questi anni ha raggiunto risultati positivi nella tutela della natura, rischia di questo passo di restare indietro. Per questo è importante che inverta la tendenza e che sulla scia di quanto fatto in passato dia l’esempio a partire da una strategia nazionale per la biodiversità al 2030, che oggi non è ancora vigente, senza risorse finanziarie e non ancora condivisa con le altre istituzioni nazionali e regionali. Una strategia per la biodiversità che al tempo stesso deve essere accompagnata anche dalle altre strategie nazionali e comunitarie come per i cambiamenti climatici e farm to fork per raggiungere gli obiettivi previsti”.

“Il declino della biodiversità è un enorme problema ambientale – dichiara Anna Parretta presidente di Legambiente Calabria – che anche la Calabria si sta trovando ad affrontare senza che la gravità delle conseguenze in termini di benessere umano e salute sia ancora percepita ed affrontata. In questo quadro la gestione delle aree protette che, a livello globale, sono considerate lo strumento più adeguato a tutelare la biodiversità ed a limitare gli impatti della crisi climatica, svolge un ruolo essenziale. Gli strumenti da mettere in campo a partire dalla Strategia Nazionale per la Biodiversità al 2030 per essere efficaci devono inserirsi in un percorso di partecipazione di tutti i portatori di interesse e dalla condivisione tra tutte le istituzioni. Una grande, ineludibile sfida, che non viene portata avanti nella maniera corretta dalla nuova norma regionale, recentemente approvata, in materia di aree protette e sistema regionale della biodiversità.  Un testo normativo che non contiene innovazioni significative e non colma i limiti della mancata applicazione della legge regionale vigente in materia, n.  10/2003, in conclusione non cogliendo nel segno rispetto agli obiettivi fissati dalla U.E. per contrastare la perdita di biodiversità derivante dalla crisi climatica in corso”.

Tra le buone pratiche segnalate nel dossier c’è il progetto Wolfnet finanziato dalla Regione Calabria, la collaborazione dell’ENCI (Ente nazionale cinofilia italiana) e il Circolo Pastore Maremmano Abruzzese: Legambiente ha donato 10 coppie di cani pastore abruzzese e 10 reti elettrificate a 10 allevatori del Parco nazionale della Sila con l’obiettivo di ridurre le predazioni da lupo e proteggere il patrimonio zootecnico delle aziende locali. Oltre alla consegna dei cani e delle reti elettrificate, gli allevatori sono stati coinvolti in un’attività di formazione sulle tecniche di addestramento del cane pastore maremmano abruzzese per farlo diventare un buon guardiano degli animali domestici. È stato predisposto anche un manuale realizzato ad hoc per seguire punto per punto la crescita e l’allevamento dei cani.

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