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Spari a Palazzo Chigi, parla il recluso Luigi Preiti: “Oggi, dieci anni fa, ecco perché partii dalla Calabria con una pistola e sparai al brigadiere Giuseppe Giangrande”

”A Giangrande penso sempre, non dico ogni giorno ma quasi. Convivo con questo rimorso e dovrò farlo probabilmente per tutta la vita. Credo sia questa la mia condanna più dura”. A parlare all’Adnkronos è Luigi Preiti, recluso nella sezione G8 ‘reparto Venere’ del carcere di Rebibbia.

Lo stesso giorno, oggi, di dieci anni fa sparò ad altezza uomo davanti a palazzo Chigi dove il governo Letta giurava nelle mani dell’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Un proiettile centrò il brigadiere Giuseppe Giangrande, rendendolo tetraplegico a 50 anni ancora da compiere.

”Quel giorno partii dalla Calabria con la pistola che avevo comprato illegalmente dopo che i ladri provarono a entrare in casa – racconta – Scelsi proprio quel giorno per andare a Roma perché c’era il giuramento del nuovo governo, ho pensato che lì avrei trovato sicuramente un politico. Ero convinto che colpendone uno avrei vendicato quelli come me. In testa avevo Berlusconi, Bersani o Monti, erano loro i miei obiettivi. Colpire almeno uno di questi significava nella mia testa prendersi una rivincita per conto di tanti italiani nella mia stessa situazione, disoccupati nel pieno di una crisi economica che allora sembrava avrebbe affossato il paese. Sbagliavo. Io, che pur non volendolo ammettere ero in balia della depressione, commisi allora quello che poi si è rivelato il più grande errore della mia vita”.

”Ricordo la prima notte in carcere come un incubo, non ho dormito per parecchio tempo – continua – piangevo in continuazione, non mi capacitavo di quello che avevo fatto perché non era quel carabiniere il mio obiettivo. Anzi, Giangrande è stato una vittima del sistema proprio come me.

Oggi mi sono fatto una cultura dietro alle sbarre, ho studiato lettere e filosofia – dice – Allora ero ignorante, mai lucido tra il lavoro che mancava e la separazione da mia moglie, rimasta in Piemonte insieme a mio figlio, che non vedevo da 8 mesi. Basti pensare – ricorda abbozzando un sorriso – che andai lì convinto di essere a Montecitorio, invece mi trovavo davanti a Palazzo Chigi e non c’era proprio nessuno”.

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