Alcune decine di persone, parenti delle vittime del naufragio del 26 febbraio scorso, hanno occupato pacificamente a Crotone la strada che conduce al Palamilone, dove sono state sistemate le 72 salme finora restituite dal mare.
All’origine della protesta, secondo quanto riferito da alcune delle persone presenti, la decisione di trasferire i corpi dalla Calabria a Bologna, contestata dai congiunti delle vittime. Sul posto si sono recate le forze dell’ordine.
“Oggi lo Stato italiano ha comunicato, alle famiglie in attesa da 10 giorni, che i corpi dei loro congiunti non potranno essere espatriati. Non a spese dello Stato. Dopo tante promesse e una attesa penosa, straziante per noi ma soprattutto per loro”.
Così, in un post sui canali social, la Rete 26 febbraio, nata dopo la tragedia del naufragio sulle coste di Cutro in cui hanno perso la vita decine di migranti.
I familiari delle vittime, dunque, sono scesi in strada a Crotone per chiedere che le salme, attualmente al Palamilone, vengano espatriate e che venga concessa una degna sepoltura nei paesi di origine.
“Oltretutto – si legge ancora nel post – non viene concesso loro neanche di avere qualche giorno per auto organizzazioni. Entro oggi le salme dovrebbero essere trasferite a Borgo Panigale (Bologna, ndr). I familiari non lo accettano. Non lo permettono.
Dimostriamo che l’Italia non è questo. Che siamo migliori del governo che (non) ci rappresenta.
Che crediamo in una umanità unica e unita capace di stringersi forte attorno al dolore di ogni singolo individuo. Di ogni madre, di ogni figlia.
Sono uomini, donne e bambini che hanno avuto la sola sfortuna di nascere dalla parte sbagliata del mondo, che hanno inseguito il miraggio di una vita migliore e sono morti alla porta di casa nostra. Diamo loro, da morti, la dignità che non gli fu concessa in vita. Permettiamo che riposino secondo i loro desideri nella terra dei loro avi o vicino ai loro cari”.